Una piccola serie di racconti dai nostri lockdown: quando si fa buio , in casa, soli, in compagnia, guardare, leggere, ascoltare, cucinare, immaginare. La vita degli altri per esempio…
Quando scende la sera io guardo le finestre di fronte. Quella della ragazzina, in particolare. Non la vedo direttamente, ma riflessa nel grande specchio di camera sua. E lei si specchia spesso, come fanno le ragazze alla sua età. Avrà quattordici anni: esile, lunghi capelli scuri, una passione per il ballo. Mi capita di vederla volteggiare al suono di una musica che non posso ascoltare. Chissà se è rap, o trap o magari qualche gruppo che ascoltavano i suoi genitori, forse i Beatles o i Rolling Stones (capita che la musica, quella buona, passi da una generazione all’altra). Mi pare felice, quando balla. Ignoro, invece, se le piace studiare. Nello specchio, quando non si muove a passi di danza, vedo riflessa una libreria, e so che passa tante ore al computer (la intravedo alla sua postazione, sulla destra). Ma quando è sera accende quella lampada speciale (un grande cerchio di luce) concepita per illuminare al meglio il viso durante le video conferenze. Quindi immagino che, all’imbrunire, smetta di studiare e si faccia bella per chiacchierare con gli amici, o con il suo ragazzo, o con quell’altro che le piace. Non riesco a vedere i suoi lineamenti, non so se è una ragazza come tante o particolarmente bella. Ma è sicuramente speciale, come lo si è tutte, a quell’età, e comunque è sicuramente molto più carina di quanto si immagina di essere (lo so per esperienza: solo ora che sono vecchia riconosco nelle foto ingiallite dal tempo la bellezza dei miei quindici anni).
Una volta mi ha salutato dalla sua finestra aperta, tutta allegra. Però era giorno.