Fotografare fotografi: gli Autori ritratti di Stefano Ferrante

In Arte

Ritrarre con la macchina fotografica alcuni dei più grandi fotografi italiani viventi, fotografare i maestri per indagare le proprie ragioni espressive: è il progetto di Stefano Ferrante, in mostra a Palazzo Bovara nell’ambito di Photofestival. Il segreto: prepararsi per ogni riitratto come per un incontro di pugilato.

Franco Fontana, Gianni Berengo Gardin, Giovanni Gastel, Marirosa Toscani, Silvia Camporesi… Solo alcuni dei grandi fotografi italiani di cui conosciamo, quasi a memoria, le immagini ormai iconiche e lo stile.

Stefano Ferrante, giovane visual designer con una grande passione per la fotografia, ha deciso di ritrarre loro e altri colleghi, celebri ed emergenti, per raccogliere e rivelare attraverso la propria visione gli autori della fotografia Italiana che hanno saputo tramite il loro lavoro comunicare e lasciare un segno. «Per il momento ne ho raccolti venti, ma il mio progetto, nato nel 2014, continua».

© Stefano Ferrante, Francesco Radino
© Stefano Ferrante, Francesco Radino

Il primo progetto fotografico di Stefano, nato a Badia Polesine (Rovigo) nel 1988, è ora esposto per il Photofestival a Palazzo Bovara, fino al 18 maggio. Stefano parte dall’assunto di Gianni Berengo Gardin, secondo cui “a gran parte dei fotografi non interessa la fotografia, ma solo la loro fotografia”, e lo ribalta, ritraendo quei fotografi in bianco e nero proprio attraverso il loro mezzo. Alla ricerca della loro identità, ma anche della propria: «Ho deciso di utilizzare i ritratti per conoscere, capire e crescere».

Stefano associa il fare ritrattistica alla letteratura. In particolare a quella di Luigi Pirandello, «tra i miei autori preferiti e che sento a me molto vicino. Come lui parto da una domanda sull’identità, quella di Uno, nessuno e centomila, e uso la fotografia come mezzo per capire». In un ritratto, in fin dei conti, «c’è più del fotografo che lo ha realizzato, che del soggetto, forse». «Ho cercato di rappresentarli dopo averli “sentiti”, per poterli raffigurare con una mia visione», in una reinterpretazione degli autori attraverso uno stile e un linguaggio che deriva da uno studio della loro fotografia «fino a trovare la mia».

© Stefano Ferrante, Gianni Berengo Gardin
© Stefano Ferrante, Gianni Berengo Gardin

Con qualcuno, per trovare quella vicinanza, è stato necessario un secondo incontro. E qualcuno ha preferito invece dire di no al suo progetto: del resto, la scelta di concedersi all’obiettivo da parte delle persone implica una volontà di esporsi al prossimo. L’importante è arrivare preparati a quel momento, per cavarne fuori una buona fotografia. «Come nel pugilato, uno sport che mi ha dato e insegnato tantissimo: la vittoria non la si porta a casa solo sul ring, ma è frutto di tutta la preparazione che dura giorni e settimane e precede l’incontro vero e proprio».

© Stefano Ferrante, Franco Donaggio
© Stefano Ferrante, Franco Donaggio

La fotografia, per Stefano, è tante cose. Impossibile darne una definizione. «Per me è un modo di colmare le necessità: trovo in essa appagamento, mi fa star bene e mi aiuta insieme a capire i miei limiti», come una terapia. «Per adesso non vivo di fotografia, ma di altro. E non faccio fotografia commerciale, o almeno, non ancora. In parte per il valore che do alla fotografia: quella che vedo sulle riviste mi sembra una fotografia soprattutto di esecuzione. Preferisco quelle immagini che esprimono qualcosa e sono in grado di avere un senso, al di là della mercificazione commerciale».

 

Stefano Ferrante, Autori ritratti, Palazzo Bovara, fino al 18 maggio.

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