CUBO, il Museo d’impresa del Gruppo Unipol, presenta a Bologna fino all’11 maggio 2024, “Tempi nuovi”, progetto site specific di Stefano Non a cura di Claudio Musso. L’artista bergamasco presenta un nucleo di 17 lavori incentrati su tematiche di grande attualità quali la gamification, il postumano, la transcodifica. Il progetto è accompagnato da a un ciclo di incontri dedicati al rapporto tra creazione artistica ed estetica tecnologica, il prossimo dei quali si terrà questa sera, 12 marzo, alle ore 18 a CUBO in Torre Unipol, con il geografo Franco Farinelli in dialogo con Stefano Non e con il curatore Claudio Musso.
Lo scorso 2 febbraio presso il museo d’impresa CUBO a Bologna, ha inaugurato Tempi nuovi, mostra personale di Stefano Non a cura di Claudio Musso. La mostra è dislocata in due sedi, CUBO in Porta Europa e CUBO in Torre Unipol. Il tema principale da cui scaturisce il progetto è una riflessione sulla percezione delle immagini e sull’impiego dell’intelligenza artificiale all’interno del vasto universo mediale nel quale siamo immersi. Partendo dalla mostra in Porta Europa intitolata “Giraffe con giraffine cosmiche al Museo terrestre”, lo spazio accoglie un video proiettato sulla parete centrale della sala, circondato da una serie di sculture realizzate con lamine metalliche: uno sguardo più attento riconoscerà in loro una famiglia di giraffe. Stefano Non ha ricavato il video da Channel 4, in un secondo momento tagliandolo e poi rallentandolo. Le immagini ripercorrono scientificamente la vita delle giraffe, animale che ricopre un ruolo molto importante nelle teorie evoluzionistiche promulgate da Charles Darwin. Vediamo quindi lo stesso animale sotto due punti di vista completamente diversi; da un lato osserviamo un documentario scientifico dove possiamo studiare la reale anatomia della giraffa, dall’altro ci troviamo di fronte a sculture stilizzate che con uno sforzo immaginifico ci rimandano al referente.
Riflettendo sui limiti della percezione umana e sul concetto di concretezza, ci rendiamo conto che il video è in realtà una pura messa in scena. Le immagini sono state girate, trasmesse e nuovamente manipolate, siamo spettatori terziari di quella che dovrebbe essere la realtà, arrivata a noi gravemente storpiata, proiettata su uno schermo offuscata da molteplici filtri. Abbiamo poi una serie di lastre metalliche di fronte agli occhi che vogliono simulare l’animale ‘giraffa’, e nonostante siano tutt’altro rispetto all’essere vivente dal collo allungato che forse abbiamo visto allo zoo da bambini, sono le uniche che si possono forse definire ‘reali’ in quanto presenti concretamente davanti a noi. Nella visione dell’artista, la famiglia di giraffe metalliche si reca in quello che potrebbe essere un museo del futuro postumano, dove gli esseri tecnologici che un giorno popoleranno il nostro pianeta o un altro, potranno osservare le forme di vita biologiche ormai estinte. Qual è il confine tra realtà e finzione, tra natura e manipolazione? “Se si dice ‘andare oltre’ vuol dire che c’è un limite. L’intero lavoro è sul limite” dice l’artista parlando della mostra.
Nella seconda location, in cima alla Torre Unipol, questo concetto prende forma. Siamo all’ultimo piano di un grattacielo nella zona industriale di Bologna, un vasto open space con enormi finestre vetrate che sostituiscono le pareti. La giornata non è bellissima, entra nello spazio un’intensa luce bianca filtrata dalle nuvole che ci trasporta in una dimensione altra. “Menopermenougualepiù (Costruire sull’assenza del referente)” è il titolo della mostra, composta da due video e una serie di installazioni. Costellano lo spazio aziendale, chiaramente concepito come sala riunioni e non come luogo espositivo, pile di brick colorati che ci catapultano all’interno di videogiochi sullo stile di Minecraft e SimCity. Sopra alcuni di loro svettano blocchi di alluminio accartocciato, sculture metalliche sbrilluccicanti smaltate con lo spray con cui si personalizzano le auto. Come nella soluzione installativa di Porta Europa, le sculture sembrano uscire dal video per prendere forma nella realtà. Il video, realizzato in CGI (Computer-Generated Imagery), narra un mondo virtuale fantastico dove personaggi-lego come Marie Curie e Nam June Paik si incontrano. Le due figure di spicco, come nel caso delle giraffe, impersonano il connubio tra biologia e tecnologia, tra colei che ha contribuito all’allungamento della vita umana e colui che ha dato vita a degli schermi immergendoli nella natura: due visionari che hanno compreso le potenzialità di questo legame.
In greco il termine ‘vita’ si traduce in tre termini: zoé (la vita nel suo stato biologico, estesa a tutti gli esseri viventi), bíos (l’essere umano che vive secondo uno scopo) e psyché (il soffio vitale, l’anima). Ridurre la vita alla sola zoé priverebbe l’essere umano di quegli attributi fondamentali che lo rendono tale, il bíos e la psyché. Pensare che ciò che si perderebbe in un futuro senza vita è soltanto ciò che di biologico vi è in noi, è riduttivo e annichilente. La tecnologia e l’intelligenza artificiale sono varchi per nuovi mondi ancora inesplorati, grandi risorse che non possono però prescindere da dove sono partite: l’immaginazione umana di un mondo diverso.
Con qualche perplessità non possiamo che domandarci in che direzione andrà la tendenza verso l’artificiale, se gli esseri umani verranno sostituiti da macchine più intelligenti o se la vita biologica potrà mai diventare un ricordo di un lontano passato, come quello che abbiamo ora dei dinosauri. L’importante è non perdere di vista l’origine. Con qualche perplessità non possiamo che domandarci in che direzione andrà la tendenza verso l’artificiale, se gli esseri umani verranno sostituiti da macchine più intelligenti o se la vita biologica potrà mai diventare un ricordo di un lontano passato, come quello che abbiamo ora dei dinosauri. L’importante è non perdere di vista l’origine.
Stefano Non, Tempi nuovi, CUBO, Bologna, fino all’11 maggio 2024
In copertina: Stefano Non, DADA 3000 I.E., 2023, montaggio 3D da frame base video