Ristampato l’album del 1971 che fece scalpore fin dalla copertina ideata da Andy Warhol, con quella cerniera lampo vera in primo piano
Correva la primavera del 1971. Keith Richards scopre l’eroina e pare che le forze dell’ordine abbiano scoperto lui. Perseguitati da aliquote fiscali sempre più alte e letteralmente tartassati dai contenziosi legali con l’ex manager Allen Klein, le “pietre rotolanti” decidono di cambiare aria, come racconta il chitarrista nella sua autobiografia: «Non avevamo alcun desiderio di chiudere bottega. Così balzammo in piedi e ce ne andammo in Francia».
Il gruppo se ne va in Costa Azzurra e si mette all’opera, tra “Exile on Main St.” e quel tanto che basta di belle vie. Nel frattempo esce Sticky Fingers, un album storico, con un sound influenzato da tutta l’atmosfera respirata negli States dal ’69 al ’70 e con la messa a punto impeccabile del produttore Jimmy Miller, che fa capolino qua e là alle percussioni di alcuni brani.
Gran parte del materiale dell’album è stato registrato ai Muscle Shoals Studios, nella polverosa Alabama. In effetti, respirare un’aria tra il blues e il southern rock ben si sposa con lo stile della new entry Mick Taylor, ex chitarrista dei John Mayall’s Bluesbreakers, dotato di grande versatilità nel calarsi in generi differenti e di una tecnica solistica che conquista subito i “glimmer twins” Jagger/Richards.
Questo è lo scenario legato alla messa a punto di Sticky Fingers. Condisce il tutto una copertina irriverente, ideata da Andy Warhol, un paio di jeans con un rigonfiamento che suscita non poco scandalo (al punto da essere censurata dalla Spagna franchista e dalla Russia) e con tanto di cerniera apribile nella versione LP.
All’interno, i brani lasciano senza fiato ancora oggi a distanza di 44 anni. Colpisce l’esordio con la perla Brown Sugar, dal testo volutamente ambiguo, tra la voce maliziosa di Jagger (autore principale del singolo di successo) e il potente solo di sax di Bobby Keys. Segue la delicata Sway, con l’arrangiamento orchestrale sul finale che rende il pezzo sensuale e sognante; un’altra chicca dell’album è la struggente ballad Wild horses, che Richards aveva immaginato come una sorta di ninna nanna. Di sapore soul e fusion il solo di Can’t you hear me knocking, seguito dal blues crudo della cover You gotta move, in cui la chitarra si intreccia alla voce grazie ai glissati malinconici del bending. Bellissimo lo spazio concesso all’organo in I got the blues, seguito dalle atmosfere tetre di Sister Morphine. Chiudono l’album l’intenzione chiaramente country di Dead flowers e il tappeto di suoni che segue l’armonia di Moonlight mile.
La ristampa di Sticky Fingers soddisfa gli appassionati anche per l’aggiunta di due live immediatamente precedenti al suddetto “esilio francese”, Live at the Roundhouse e il Live at Leeds University, e le ricche e interessanti versioni alternative.
Fa da apripista la bonus track di Brown sugar, arricchita dalla chitarra superba di Eric Clapton: si tratta di una registrazione live del 1970 in cui le chitarre fanno da padrone, con lo slide della chitarra solista che pare dialogare con la voce e che arricchisce il già celebre riff. Altrettanto interessanti sono la versione acustica di Wild horses in cui la voce di Jagger si fa appassionata e coinvolgente.
Merita più di un ascolto la versione estesa di Bitch, in cui gli staccati e le risposte dei fiati ben più presenti rispetto all’originale danno una saporita impronta Rithm’n’Blues e fanno da contraltare alla versione alternativa in chiave rock di Can’t you hear me knocking.
I live fanno trasparire tutta l’immancabile energia del gruppo, condito dal sound pieno e forte e da due cover di Chuck Berry (Little queenie e Let it rock), dove il ritmo è rallentato e sfocia nel tocco personale e sornione della band inglese. Una serie di fortunati eventi ha condotto all’insieme che aleggia non solo nell’album ma anche nei live di quello stesso periodo. Che dire, i “prodigi da tre accordi” – secondo l’appellativo che Ian Steward ha attribuito con affetto agli Stones – tornano a soddisfare le orecchie del pubblico.
Rolling Stones, Sticky Fingers, ristampa (Universal)