“Baci rubati”, è un interessante documentario di Fabrizio Laurenti e Gabriella Romano che racconta, con molte testimonianze, le persecuzioni gay e lesbiche durante il ventennio di Mussolini: all’ombra del codice Rocco e a difesa dell’etica di regime che parlava di maschio virile e donna moglie sottomessa. Peter Marcias, nel centenario della nascita, ricostruisce la biografia della grande dirigente comunista, prima donna a presiedere in Italia la Camera dei Deputati, tra battaglie politiche e scandali privati: parlano Napolitano e Mattarella, le amiche orgogliose e qualche voce fuori dal coro
«Chiunque compie atti di libidine su persona dello stesso sesso, ovvero si presta a tali atti, è punito, se dal fatto derivi pubblico scandalo, con la reclusione da sei mesi a tre anni» recita nel 1930 il neonato codice Rocco, riconoscendo l’esistenza dell’omosessualità come un “turpe vizio” da sanzionare e sradicare, perché totalmente contrario all’ideologia fascista, all’immagine virile del maschio italiano e all’immagine perfettamente speculare della donna, moglie e madre di famiglia.
Proprio dalle immagini di “propaganda virile” dei cinegiornali di epoca fascista parte Baci rubati, l’interessante documentario realizzato da Fabrizio Laurenti e Gabriella Romano, interamente dedicato all’esplorazione della condizione degli omosessuali durante gli anni della dittatura, evidenziando persecuzioni e difficoltà ma anche mostrando un mosaico di esperienze sfaccettato e complesso, dove c’è spazio per le storie d’amore vissute quasi alla luce del sole, oltre che per i rapporti consumati nel più totale e vergognoso silenzio. Naturalmente, spesso le differenze si spiegano con l’appartenenza o meno a un determinato ceto sociale, e merito di questo documentario è anche quello di sottolineare come gli interstizi di libertà, all’interno di un sistema totalitario, siano inevitabilmente legati ancora e sempre ai privilegi di classe.
Le voci degli storici che si sono occupati dell’argomento si intrecciano con quelle dei protagonisti che raccontano semplicemente le loro vicende, a volte con un pizzico di ironia, più spesso con vibrante passione. Lettere, poesie, diari di donne e uomini sconosciuti si alternano a pagine di scrittori, artisti e poeti come Aldo Palazzeschi, Sandro Penna, Filippo De Pisis, Ottone Rosai e Radclyffe Hall. E c’è posto anche per brani tratti da manuali di medicina e psichiatria dell’epoca (letti con affilata bravura da Luca Ward), giusto per non dimenticare qual era allora la posizione ufficiale di molti scienziati sull’argomento omosessualità, sulle “vergini ermafrodite e i pederasti”, come allora venivano definiti gay e lesbiche, per esempio nelle vignette dell’allora fascistissimo Leo Longanesi.
Baci Rubati utilizza preziosi materiali di repertorio che vengono da collezioni private, interviste radiofoniche risalenti all’inizio degli Anni 80 e tanti testi inediti, provenienti da corrispondenze private e diari rimasti a lungo sepolti in fondo alle memorie famigliari. E il contrasto è spesso stridente con le immagini ufficiali del regime, quelle dei cinegiornali Luce, dove il culto della virilità è a tratti talmente esasperato da strappare la risata. Prodotto e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, Baci rubati è arrivato sulle piattaforme on line (CG Digital, iTunes, Google Play, Chili) il giorno di San Valentino, giustamente dedicato a tutti coloro che anche durante gli anni della dittatura fascista non hanno rinunciato a rivendicare il loro diritto alla libertà di amare e soprattutto di essere semplicemente se stessi. Marina Visentin
Baci rubati – Amori omosessuali nell’Italia fascista Un documentario di Fabrizio Laurenti e Gabriella Romano, con le voci di Luca Ward, Neri Marcoré, Valentina Cervi, Sabrina Impacciatore.
Storie d’Italia 2/ Nilde Iotti, prima donna sul ponte di comando
Tra gli illustri centenari di quest’anno c’è anche quello della nascita di Nilde Iotti, giustamente ricordata e celebrata dal documentario di Peter Marcias Il tempo delle donne, di solida vocazione didattica. Prima donna eletta presidente della Camera dei Deputati italiana, che ha guidato per undici anni con fermezza e competenza eternamente rimpiante, Iotti viene raccontata seguendo le norme classiche del documentario biografico: testimonianze di chi la conosceva bene, contributi di studiosi e osservatori, materiali di repertorio, ricostruzione. Quest’ultima è affidata a Paola Cortellesi, chiamata a dare voce alle parole di Iotti senza investimenti mimetici, portando in dote carisma e sicura passione nel rievocare una figura tanto decisiva per la storia italiana. Il tono cristallino delle interviste accompagna la visione di panoramiche cittadine di Reggio Emilia e Roma, coniugando efficacia, calma e brevità.
La vicenda politica della Iotti si definisce soprattutto nella sua assenza: come un fantasma, sono gli altri a richiamarla in vita con le loro parole. In questo senso, quindi, si può definire un cinema dell’ascolto, un cinema rituale che rianima il conflitto sociale di cui parla senza mai andare in deroga a quella eleganza che contraddistinse sempre il personaggio. Nilde Iotti (visibile ora su #IORESTOINSALA e dal 25/2 su Iwonderfull), segue il percorso esistenziale e politico dell’icona comunista collocandone la figura all’interno di un discorso più ampio sulla battaglia per il riconoscimento delle donne in una società che relegava l’universo femminile al focolare domestico e alla subordinazione rispetto al maschile.
La sua vita ha scandito tutte le tappe del percorso di affermazione femminile nel nostro Paese, sempre nel rispetto delle istituzioni, e il suo lascito sia politico che umano è rintracciabile nelle pieghe della nostra società ancora oggi, resa più moderna, giusta e democratica dalle sue battaglie e dai suoi esempi. Staffetta partigiana, studentessa alla Cattolica, professoressa di Lettere, consigliera comunale, membro dell’Assemblea Costituente, Presidentessa della Camera. Più di ogni altra cosa donna e cittadina: è stata moderna in ogni aspetto della vita, sia stato esso elogiato, come le sue numerose campagne per l’emancipazione femminile, a dire il vero spesso anche contro i membri del suo stesso partito, o soggetto alle critiche più aspre, ricordate ora con commozione e rimorso, come la “scandalosa” storia d’amore con Togliatti, all’epoca segretario del PCI e 27 anni più anziano di lei.
Peter Marcias costruisce un viaggio alla scoperta della vicenda umana e politica di una figura che nella sua testa aveva una società più evoluta di quella della sua epoca, senza patria potestà e concetto di dote, dove era prevista la regolamentazione dell’aborto e del divorzio, o il riconoscimento dei figli illegittimi. Tutti risultati epocali che ottenne “da sola”, come lei stessa ha sempre sottolineato, prima ancora delle lotte per gli orari del lavoro femminile e la riforma elettorale del 1993. Da sola, regale e gentile, in un contesto in cui le donne, nel migliore dei casi, per esprimere un’opinione dovevano indossare i pantaloni.
Pioniera e punto di riferimento per più di una generazione, Iotti non viene solo celebrata, per ciò che ha fatto nella sua attività politica. Elemento di indubbio interesse è infatti il coinvolgimento di “voci fuori dal coro”, come la radicale Edda Billi, che pur dimostrando stima verso di lei ne mette in evidenza limiti e problematiche. Testimonianze del genere tolgono al film una patina agiografica, tuttavia garantita comunque dagli interventi più “alti”, quelli del presidente emerito Giorgio Napolitano e di quello in carica Sergio Mattarella, di una sincerità emotiva pari al dovere istituzionale di onorare la memoria di una donna che in tanti avrebbero voluto al Quirinale. Restano però più autentiche le interviste alle amiche d’infanzia, fiere di lei e commosse. Anna Bertoli
Nilde Iotti, Il tempo delle donne, documentario di Peter Marcias, voce Paola Cortellesi