Appuntamento con il canto e la voce al Conservatorio, dalle composizioni canore al recitativo con musica del compositore tedesco
I passi rimbombano nella sala semivuota del Conservatorio. Siamo meno di settanta ad assistere, venerdì 27 marzo, al concerto Omaggio a Richard Strauss. Al pianoforte si alternano Alexandra Ducariu, Han Gie e Muriel Grifò; cantano il soprano Hsiao Pei Ku e il soprano Veronica Miyoung Joo, mentre Quirino Principe è voce recitante.
Un programma ricercato, forse insolito negli accostamenti. Un programma che, nella sua prima parte, celebra la notte e i fiori: dal Madchenblumen, le fanciulle-fiore che sembrano anticipare le fanciulle in fiore di Proust, dove si avvicendano fiordalisi, papaveri, edera e ninfee, alle poesie notturne di Clemens Brentano, passando per i tre lieder di Ofelia, che di fiori non parlano, ma che sottintendono quelli offerti dalle mani della fanciulla, nella sua follia.
Il legame tacito, non svelato fra la notte, il sogno e lo sbocciare dei fiori si rivela nella musica rigogliosa e piena d’amore dei lieder, che del sentimento sa narrare tutti gli aspetti: la venerazione ritrosa per le fanciulle-fiore, la sensualità quasi sacrale di An die nacht (Alla notte), la speranza e il dubbio di Ich wollt ein Sträusslein binden (Avrei voluto mettere insieme un mazzolino di fiori), l’idillio voluttuoso di Säusle, liebe Myrte! (Sussurra, caro mirto!), l’incanto della passione di Als mir dein Leid erklang (Quando mi risuonò il tuo canto), le schermaglie amorose di Amor (Cupido), il vaneggiare disperato di Ofelia, la frenesia dei suoi gesti, il suo dolore.
Purtroppo l’esecuzione dei due soprani, freddina e con qualche sbavatura, non rende pienamente giustizia alla musica, lasciando lo spettatore indifferente: e quello che dovrebbe essere un crescendo di intensità verso la seconda parte del concerto, si rivela niente più che un gradevole intermezzo.
Di grande effetto invece l’Enoch Arden, tragica Odissea ambientata nel mare del Nord. Melologo per pianoforte e voce recitante, ispirato all’omonimo poema di Alfred Tennyson, tradotto e recitato da Quirino Principe: più che un’unione tra parole e musica, un accostamento di due elementi di natura diversa che si accompagnano, si corteggiano, a volte si toccano, ma non si fondono. La musica introduce e segue la voce di Quirino Principe, e solo nei momenti di massima tensione emotiva si sovrappone al testo, senza mai prevaricarlo.
Per chi si fosse chiesto, come me, quale fosse il criterio, cosa avessero in comune la prima e la seconda parte, mi sentirei di rispondere: l’amore. Non solo tra gli uomini, ma anche tra parole e musica, declinato in due forme diverse: la fusione perfetta, estatica del lied, e l’unione libera e senza vincoli apparenti del melologo.