Torna in Santeria Social Club l’ambizioso progetto di Johnny Mox e ABOVEtheTREE, che porta sul palco i migranti in un laboratorio-live di “stregoneria” unico nel suo genere
Viaggi lunghi, interminabili e spesso in condizioni estreme. Migliaia di chilometri per lasciarsi alle spalle guerre, miseria, discriminazione, o semplicemente un passato difficile, alla ricerca di un futuro diverso, carico di sogni speranza. In mano il cellulare, indispensabile per orientarsi con il gps, per spedire soldi a casa, ma ancor di più per conservare fotografie, ricordi e affetti preziosi. E poi musica, tanta musica.
Proprio da questa musica prende il via ogni concerto di Stregoni, l’ambizioso progetto di Johnny Mox e ABOVEtheTREE – al secolo Gianluca Taraborelli e Marco Bernacchia – che domenica 22 ottobre, ore 18, animerà il palco di Santeria Social Club, dove i due musicisti avevano presentato il progetto per la prima volta nel 2016 durante il Better Days Festival. «Uno dei primi live al di fuori di Trento – ci racconta ABOVEtheTREE – quando le idee e i progetti erano tutti in divenire. Adesso ci torniamo dopo numerosissime date e dopo aver suonato con più di 2000 ragazzi».
Già, perché negli scorsi mesi gli Stregoni hanno intrapreso un lunghissimo viaggio, che da Lampedusa li ha portati in tutta Europa. Non tanto alla ricerca di risposte politiche, ma piuttosto alla scoperta di storie e culture diverse. «Per scelta prima di ogni concerto non lanciamo alcun tipo di messaggio, il messaggio è il progetto in sé. Improvvisare con gli esseri umani. A me piace spiegare nell’introduzione che le persone del pubblico stanno per assistere a qualcosa di unico e irripetibile, nel bene e nel male», ci racconta Gianluca.
Improvvisare non è semplice, soprattutto per musicisti non professionisti, di diversa estrazione, che spesso parlano lingue diverse. Eppure, anche quando il risultato non è melodicamente perfetto, tutto sembra tornare: «Come nella vita c’è bisogno di tempo per studiarsi, annusarsi. Alcune volte, semplicemente, le cose all’inizio non funzionano. In un’epoca di editing e photoshop esasperato noi rappresentiamo l’errore e questo ha un che di rivoluzionario». E proprio qui sta la “stregoneria” che dà il nome al progetto. Non è magia: non è nitida e non è necessariamente armonica. È istintiva, a tratti confusa, ma proprio per questo più libera e, nel senso migliore del termine, sregolata
. Definire Stregoni una band è riduttivo, a meno che non si specifichi che è la band più grande del mondo: il laboratorio-live coinvolge ogni volta decine di nuovi musicisti ospitati dai centri accoglienza di tutta Italia, uniti da esperienze simili e da un linguaggio universale, la musica, che è prima di tutto strumento per conoscere l’altro. «Grazie alla musica non è difficile aprirsi e sedersi tutti sullo stesso livello – racconta Marco – Scoprire le loro influenze ci ha fatto capire quanto questi ragazzi che arrivano sono tutti individui unici, con background molto vari e provenienti da realtà sociali molto diverse e che arrivano in Italia per ragioni completamente diverse l’uno dall’altro».
Ora il ritorno a Milano, che «negli ultimi anni è diventata una sorta di avamposto: anche se di questi tempi molti non lo considerano un vanto, è la città italiana che accoglie più migranti, circa 6000», ricorda ancora Johnny Mox. Troppo spesso, quando si parla di immigrazione, si parla di mari, di confini, di conflitti e soluzioni lontane da noi, e ci si dimentica di queste migliaia di persone che vivono nelle nostre città e fanno parte della nostra società. Una società nuova, che deve lavorare con impegno e fatica per armonizzare le voci di tutti. Il risultato forse all’inizio non sarà piacevole, ma ciò che conta di più, qui, è che lo sforzo sia comune, e che tutti abbiano diritto a far sentire le proprie note. Proprio come durante un live di Stregoni: se c’è una rappresentazione fedele del suono dell’Europa contemporanea, è certamente questo.
Santeria Social Club Stregoni (22 ottobre, ore 18)