Non potevamo aspettare la data milanese del tour e siamo andati a sentirli a Torino. Ma ecco perché ci torneremmo un’altra volta
I Subsonica hanno pubblicato il mese scorso un nuovo disco, il settimo: si chiama Una Nave in una Foresta ed è finito come sempre in cima alle classifiche. Ma hanno anche un nuovo tour con cui sono in giro per l’Italia; arriverà il primo dicembre a Milano dove si concluderà la prima parte.
È uno spettacolo fatto di entusiasmo, passione e voglia di sperimentare: che rimane ancora, a diciott’anni dall’inizio dell’avventura della band. Si comincia con quattro brani tutti nuovi, poi il tuffo nel passato e arriva Il Cielo Su Torino, scritta quindici anni fa. Non è nostalgia: per due ore e mezza la band porta in scena il presente, apre al futuro e fa del passato un pretesto per lanciare altre sfide. Come una grandiosa versione di Up Patriots To Arms, rubata al repertorio di Battiato e finita di diritto in quello dei Subsonica.
Parole e suoni dall’ultimo album trovano posto accanto a quelli delle vecchie canzoni, da Istrice a Strade; è impossibile non saltare su Nuvole Rapide e Nuova Ossessione. Ma poi arriva Di Domenica. “Sono cambiamenti solo se spaventano”, cantano i Subsonica in uno dei singoli di Una Nave in una Foresta, e sì, sono cambiati: la voce di Samuel è potente e precisa, non cede nemmeno sui toni più alti, Max Casacci sfoglia con ironia il suo catalogo di pose da eroe della chitarra, Boosta ha una tastiera montata su un supporto che rimbalza, Ninja e Vicio sono una base ritmica potente e versatile.
Oggi forse in Italia nessuno come i Subsonica si mette in gioco, rischia, si reinventa così, e per questo vale la pena di vedere questo loro concerto. Il migliore, il più maturo, il più elegante della carriera dei cinque torinesi: e se un dubbio ogni tanto è lecito sulla musica (Il Terzo Paradiso, troppo ambiziosa, non convince del tutto), da vivo l’energia di Samuel e compagni vince su tutto. Aiutano anche i giochi di luce tutti a led, che incastrano i cinque in una specie di gabbia hi tech, e allora la voce di Michelangelo Pistoletto non sembra così fuori luogo. Il palco diventa un’installazione di arte contemporanea, con i Subsonica che indossano giacche realizzate in un tessuto che si illumina di immagini, lettere parole. L’idea è di una startup italiana, ma gli abiti li fanno a Londra; l’effetto è curioso e divertente (e ha il vantaggio di aver trovato senso a un’invenzione curiosa ma poi chissà quanto utile).
Sul palco va in scena l’epica del quotidiano, non c’è retorica, i testi non finiranno accanto a De Andrè e Mogol, ma ogni tanto hanno intuizioni fulminanti. Musicalmente i Subsonica discendono dall’elettronica anni Ottanta-Novanta: dietro l’angolo ci sono sempre i Depeche Mode, e però anche qui nessuna nostalgia, tanta curiosità, una cura e un’attenzione rare che emergono da ogni suono. Dal pop di Discoteca Labirinto alla dance di Veleno, da Liberi Tutti a Benzina Ogoshi. Poi arriva Tutti i miei Sbagli, a luci accese, spogliata di effetti speciali e tastiere, scarnificata, spezzata e ricomposta in un crescendo micidiale. A parte le parole, non ha quasi niente di quella presentata a Sanremo anni fa: merita ai Subsonica un posto tra i grandi della musica italiana e da sola vale l’intero concerto
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Subsonica al Mediolanum Forum l’1 dicembre