I dinamici componenti dell’ensemble vocale britannico, ospiti al Conservatorio della Società del Quartetto, hanno presentato un programma che spaziava dalla musica del ‘500 ad autori modernissimi come Arvo Pärt e Matthew Martin. La loro abilità nel costruire complesse polifonie ha entusiasmato il pubblico. Come a un concerto rock
Per il New York Times sono “le rockstar della musica vocale rinascimentale”, definizione che i Tallis Scholars stessi hanno apprezzato e condiviso bene in vista sulle pagine social. Sì perché un tratto distintivo dell’ensemble britannico è proprio quello di essere vicini ai loro ascoltatori cercando il contatto anche attraverso i mezzi e le piattaforme più attuali, attirando allo stesso tempo verso un repertorio di tutt’altra epoca. Il loro nome è una dedica a Thomas Tallis (1505 circa – 1585), compositore inglese considerato fra i più importanti del periodo rinascimentale, ed è proprio a quel tipo di produzione musicale che si rivolge la ricca attività dell’ensemble, di cui ieri sera hanno dato un pregevole assaggio al pubblico in Sala Verdi al Conservatorio di Milano per la Società del Quartetto.
Il programma, intitolato Inni alla Vergine Maria, presentava al suo interno brani dei più importanti autori della musica cinquecentesca, esponenti di una ricercata perfezione contrappuntistica operata specialmente dalla scuola fiamminga. La loro capacità nell’intrecciare le voci e nel costruire complicate polifonie era una vera e propria arte, studiata fino ai giorni nostri e applicata anche dai compositori più moderni che ne hanno acquisito la tecnica. Orlando di Lasso (1532 – 1594), lo spagnolo Francisco Guerrero (1528 – 1599), Heinrich Isaac (1450 circa – 1517) e specialmente Josquin Desprez (1450 circa – 1521, ieri ricordato attraverso la sua splendida Missa Ave maris stella) sono tutti massimi esponenti della musica rinascimentale e della polifonia sacra.
Ai loro sono stati affiancati brani di autori più recenti, che hanno messo ancora più in evidenza la qualità del lavoro di intonazione dell’ensemble come nel Sanctissima di Matthew Martin (1976) ardito nella costruzione delle dissonanze tra le voci e nel suggestivo Virgencita di Arvo Pärt (1935), scritto dieci anni fa per il Festival internazionale di Cervantino in Messico (uno dei festival multidisciplinari più importanti dell’America Latina), per il quale l’Autore fece una selezione di versi di preghiere in spagnolo rivolti a “Nostra Signora di Guadalupe”, simbolo del Messico cattolico. Al compositore estone i Tallis Scholars hanno dedicato un disco nel 2014, realizzando un lavoro interamente dedicato allo stile tintinnabuli di Pärt.
L’aver portato questo repertorio in una sala dall’ottima acustica ma dall’assente riverbero porta ad ulteriore plauso, ma d’altronde il lavoro sull’intonazione e sulla fusione timbrica delle voci sono tratti distintivi dell’ensemble britannico, considerato un’eccellenza. Con il caratteristico humor inglese, la biografia sul loro sito ufficiale informa che hanno cercato di portare le opere del Rinascimento ad un pubblico più ampio “in chiese, cattedrali e luoghi di tutti i continenti del pianeta, tranne l’Antartide!”. E il mondo l’hanno girato davvero tutto, calcando i palchi più prestigiosi in più di 2.300 concerti, durante ben 50 anni di intensa attività, cominciata nel 1973. È doveroso sottolineare che il percorso longevo e il successo dell’ensemble si devono in gran parte al lavoro del suo fondatore (nonché direttore) Peter Phillips, che dopo aver insegnato all’Università di Oxford, al Trinity College of Music e al Royal College of Music di Londra decise di dimettersi da tutti questi incarichi per intraprendere una carriera a tempo pieno nella direzione.
Nel 1980, insieme al produttore Steve Smith, fondò l’etichetta discografica Gimell Records, creata esclusivamente per realizzare e pubblicare registrazioni dei Tallis Scholars. Più di cinquanta dischi che hanno portato alla vincita di prestigiosi premi, tra i quali “Record of the Year” della rivista Gramophone (per la prima volta il premio venne attribuito ad un complesso di musica antica) e due “Diapason d’or de l’année” (nel 1989 e nel 2012); tre nomination ai Grammy (nel 2002, 2009 e 2010) e “Record of the Year” dalla BBC Music Magazine nel 2021. Per capire la portata del loro lavoro basti dire che nel 2009 i Tallis Scholars sono stati votati da Early Music Today come il quarto gruppo più influente nella storia del genere, dopo gli ensemble strumentali di David Munrow, John Eliot Gardiner e Christopher Hogwood.
Nell’ensemble, che conta dieci membri, hanno transitato negli anni alcuni cantanti che hanno poi sviluppato la loro carriera solistica di successo, tra cui il controtenore Michael Chance, il tenore Mark Padmore, John Mark Ainsley e Jeremy White, che divenne primo basso alla Royal Opera House, uno dei più importanti teatri d’opera al mondo che si trova nel cuore di Londra. Altro aspetto importante: hanno aperto la strada a molti ensemble più giovani (come The Cardinall’s Musick, Trinity Baroque e Gabrieli Consort), inoltre dal 2000 il gruppo ha istituito le Tallis Scholars Summer Schools, un programma che offre ai cantanti l’opportunità di essere istruiti da Phillips e altri membri dell’ensemble nel loro repertorio specialistico. Tanto lavoro per questo ensemble che era fortemente ammirato anche da Claudio Abbado, meritevole di contribuire a diffondere e perpetrare nel tempo la bellezza di una musica immortale.
Foto di copertina: Nick Rutter