Atipografia di Arzignano, in provincia di Vicenza, presenta fino al 25 gennaio 2025 “Olhares”, la prima mostra in Europa dell’artista brasiliano Tarcisio Veloso (Correntina, Bahia, 1991). L’esposizione, a cura di Elena Dal Molin e Alessandra Maria Venditti, riunisce una selezione di dieci dipinti realizzati appositamente per l’antica tipografia arzignanese trasformata in spazio per l’arte contemporanea. Agostino Rocco, a sua volta pittore di grande perizia e intensità, inizia la sua collaborazione con Cultweek raccontandoci l’opera del suo collega d’oltre oceano.
Un’operazione riuscita, quella di Atipografia, dove fino a sabato 25 gennaio è visitabile la mostra “Olhares” (“sguardi” in portoghese) del pittore brasiliano Tarcisio Veloso, classe 1991, che espone per la prima volta le proprie opere in territorio europeo. Un allestimento potente, intelligente e adatto a far dialogare dipinti e spazio.
Non credo che esista una definizione corretta e comprensiva per definire “la bella pittura”. Personalmente credo che una pittura sia tanto piu riuscita quanto più efficace, quindi funzionale al proprio contenuto. Quella di Veloso, tecnicamente ineccepibile, levigata e dalla pennellata invisibile, è perfettamente in sintonia con i soggetti ritratti: creature in bilico tra mondi, testimoni di dualismi eterni: maschile/femminine, luce/ombra, bene/male, innocenza/colpa.
Quella della duplicitá della natura dei propri personaggi è la chiave di lettura di questi dipinti e in questo senso sono disseminati indizi ovunque: figure raddoppiate e speculari come tarocchi, sagome cornute diaboliche su soggetti dallo sguardo innocente e spiazzante, infanti messaggeri di segreti che segreti restano, accompagnati da streghe dalla pelle d’ebano o spumosi barbagianni.
Gli eroi della mostra sono messaggeri (quale sarà il contenuto del biglietto stretto nella mano in quello che ritengo il dipinto più riuscito, “O bilhete”?), sono creature dolenti come il centauro in “Viadinho”, dove l’ambiguità di genere è corazza colorata infrangibile pur nell’apparente evanescenza.
I dipinti per buona parte sono presentati al pubblico appesi su sagome rivestite di un drappo che ricade fluido, paiono sagome antropomorfe che hanno come vertice/testa prorio i volti che ci fissano dalle tele, quegli “sguardi” del titolo della mostra che tanta parte hanno nella riuscita dei lavori. La tecnica che ricorda l’allucinata levigatezza e i cromatismi acidi del primo manierismo fiorentino è funzionale a condurci direttamente lì dove Veloso vuole portarci. Figure di una mitologia personale, sospesa, che fluttuano in spazi vuoti, paesaggi di brume dai toni pastello. Che vivono in una dimensione di infanzia incantata, sotto un sortilegio in cui, come in ogni malía, dietro l’incanto resta in agguato l’incubo.
Tarcisio Veloso, Olhares, Atipografia, Arzignano, Vicenza, fino al 25 gennaio 2025
In copertina: Tarcisio Veloso, Olhares, installation view da Atipografia. Photo Courtesy Alberto Sinigaglia