Teatro, santa contemporaneità

In Teatro

Sotto l’ombrellone, scopriamo quali autori della drammaturgia contemporanea saranno i protagonisti della stagione in arrivo…

Non di soli classici vive il teatro. Le stagioni dei colossi della scena milanese, e anche delle realtà più contenute, lasciano sì grandi spazi ad autori di assoluto riferimento – da Shakespeare all’immancabile Goldoni, senza dimenticare Čechov – ma intuiscono come la diversificazione e la vivacità di un cartellone dipendano soprattutto dalle indagini effettuate sulla drammaturgia contemporanea.

Quella dei teatri occupati, dei teatri europei, dei teatri italiani e di tutto il mondo: quella che guarda la realtà attraverso un filtro inevitabilmente immersivo, contagioso poiché di endemica correlazione alla routine esistenziale di ogni santo e dannatissimo giorno.

Con buona pace dei classici, questa ragionevolezza dell’oggi ha permesso al pubblico milanese di scoprire una volta per tutte Simon Stephens (Manchester, classe 1971), la cui Harper Regan riletta da De Capitani ha catalizzato l’attenzione sull’Elfo e sulla bravissima Elena Russo Arman. E tanti altri, anche in casa nostra: Stefano Massini o Fausto Paravidino, negli ultimi anni, si sono impegnato molto affinché si potesse pensare a una drammaturgia italiana tradizionale, di solidissima prosa o ricercata sperimentazione, che non scontasse a tutti i costi il debito dei retaggi verso i vari Pirandello, Goldoni, e titani vari et esemplari.

Quest’anno la drammaturgia contemporanea si difende: seppur non sembri apparire in maniera quanto meno invasiva, ci si augura possa emergere con dignità, allestimenti più che dignitosi e buone interpretazioni.

Proprio Massini, in apertura di stagione al Piccolo e ancora sotto lo spotlight lehmaniano di ritorno a inizio 2017, porta sulla scena la sua interprete feticcio Ottavia Piccolo con Enigma (foto in copertina): a vent’anni dalla caduta del muro, due personaggi (la grandiosa Piccolo e Stefano Piccardi) si incontrano, al netto di fratture, mistificazioni del reale, paure e parole. L’enigma è esistenziale e soprattutto storicistico: come entreranno in relazione l’una con l’altro?

Il Piccolo indaga la contemporaneità grazie a nomi come Pippo Delbono (autore di un Vangelo insieme al Coro del Teatro Nazionale Croato di Zagabria) Mario Perrotta (che fa respirare il sudore, la polvere e il sangue delle trincee nel suo Milite Ignoto), alle birre rivelatorie di Tony Laudadio alle Bestie di scena e ai peccatori di Emma Dante fino alle storie di immigrazione raccontate da Laura Pasetti in A bench on the road, ispirato alla italiane emigrate in Scozia tra il 1850 e il 1950.

Degno d’attenzione anche il nome di Alexi Keye Campbell: il suo The Pride, realizzato nel 2008 e in debutto lo stesso anno alla Royal Court Theatre di Londra, arriva in Italia sotto direzione e interpretazione di Luca Zingaretti (foto sotto). Pride parla di amore, di infedeltà e di cinismo su due fasce temporali delimitate: il 1958 e il 2015. Le dinamiche, in apparenza diverse, spesso restano immutate…

 

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Neanche l’Elfo smentisce la sua fame di autori contemporanei: tra le fila della programmazione spuntano i nomi di Joyce Carol Oates (autrice dell’Eclisse) e del pluripremiato Orphans di Dennis Kelly, canto del cigno di una borghesia familiare britannica che non cerca più senso d’esistere. E ancora, l’inferno a coppie (sempre borghese, ça va sans dire) dei Demoni dello svedese Noren e diretto da Marcial Di Fonzo Bo, o l’emozionante – e ambiziosissima – epopea post 9/11 di Afghanistan: il grande gioco, diretta in tandem da Bruni e De Capitani su testi di Stephen Jeffreys, Ron Hutchinson, Amit Gupta e David Grieg. Non si scherza nemmeno ai Filodrammatici, con Il principio di Archimede  del catalano Josep Maria Mirò Coromina (classe 1977), dramma del dubbio e dell’equivoco ambientato in una piscina spagnola. O con la Donna che legge di Jacopo Gabrielli, omaggio ai sessi e alla loro distruzione, attraverso le fattezze di tre interpreti.

E se al Parenti Giovanna Mezzogiorno diretta da Valerio Binasco porta in scena le parole non dette, l’amarezza trattenuta del Sogno d’autunno del norvegese Jon Fosse, al Menotti lo scandaloso Saved di Edward Bond racconta l’ascesa alla violenza di un gruppo di giovani londinesi.

Affrontare e rileggere la contemporaneità attraverso il teatro. Non è solo un esercizio di stile, ma una consapevolezza importante. I classici riempiono la pancia, è vero: ma bisogna pur sempre impegnarsi per trovarne degli altri. No?

(Immagine di copertina di Luigi De Frenza) 

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