Vengono dal mondo degli stand-up comedian sia il regista (Michael Showalter) che il protagonista (il 40enne pakistano-americano Kumail Nanjiani) di “The Big Sick”, piccolo campione d’incassi indie premiato dal pubblico dell’ultimo festival di Locarno. Che raccontando la complicata storia vera dell’attore (autista di Uber per sopravvivenza) e il suo difficile legame sentimentale con Miss Gordon, poi diventata co-sceneggiatrice del film (la interpreta Zoe Kazan, nipote del grande Elia) sorprende, diverte e un po’ commuove, facendosi apprezzare per le qualità narrative e di messa in scena
Kumail (Kumail Nanjiani, nato a Karachi, quasi 40enne) è di origini pakistane ma vive a Chicago, dove lavora come autista per Uber e intanto cerca di sfondare come comico. Emily (Zoe Kazan, nipote del grande Elia, già vista in Revolutionary Road e Nella valle di Elah) studia all’università ed è un’aspirante psicologa di buona famiglia americana liberal. Quando si incontrano non sono alla ricerca del grande amore, non ci pensano proprio… Però il bello dell’amore è che a volte succede e basta, e proprio mentre sei distratto e pensi ad altro. Perché “la vita”, come cantava John Lennon, “è ciò che ti accade mentre sei impegnato a fare altri progetti”.
La famiglia di Kumail è tradizionale e fermamente decisa a combinare per il figlio un bel matrimonio con una seria ragazza di origini pakistane; i genitori di Emily (Holly Hunter e Ray Romano) sono decisamente più aperti e possibilisti, ma non per questo così felici davanti alla prospettiva di un genero musulmano. E così i due protagonisti di si troveranno ad affrontare, sulla strada della loro complicata storia, una lunga serie di prove, compresa una malattia improvvisa e potenzialmente fatale.
Raccontata così sembra banale, già vista mille volte e anche un po’ inutile, questa commedia in bilico fra il rosa dell’amore e il grigio della vita quotidiana, fra passione, dolore e ottimismo. E invece The Big Sick funziona: fa ridere e commuove, diverte e fa tenerezza, procede a scatti, con scarti improvvisi e movimenti sorprendenti, giocando spesso la carta della malinconia ma senza rinunciare alle gag. E a un ritmo agile che procede spedito verso un finale forse non inaspettato ma di certo piacevole.
Niente di geniale in questo script, ma la non banale capacità di guardare il mondo con occhi intelligenti e curiosi, interrogandosi sulla complessità degli incroci razziali e culturali senza per questo rinunciare alla ricerca della felicità. Non un capolavoro, ma un film che il favore del pubblico (50 milioni di dollari incassati solo negli Usa, senza star o effetti speciali, e il premio degli spettatori all’ultimo Festival di Locarno) ha saputo meritarselo, con il suo bel mix di grazia, allegria e sentimento.
Certo, c’è anche lo zampino di Judd Apatow, autore di una lunga serie di successi che nell’ultimo decennio hanno sdoganato goffaggini e normalità di uomini e donne comuni per trasformarle in materia preziosa di film e risate (da 40 anni vergine a Un disastro di ragazza): qui s’è riservato soltanto il ruolo di produttore, ma questa storia così vera e al tempo stesso perfettamente cinematografica avrebbe potuto benissimo dirigerla.
Invece ha ceduto il posto, dietro la cinepresa, a Michael Showalter, uno che si è fatto le ossa con tanta tv e cimentandosi per anni con successo nella stand-up comedy, quella comicità da palco (anche piccolo magari) che è da sempre grande fucina di talenti. La stessa da cui viene il protagonista, il bravo Kumail Nanjiani, nominato agli Emmy Award per la serie tv Silicon Valley. E il soggetto del film è infatti proprio la sua storia, compreso l’imprevisto e inizialmente tanto faticoso amore per Emily V. Gordon, che ha scritto la sceneggiatura insieme a lui ma si è rifiutata di trasformarsi in attrice, lasciando il posto a Zoe Kazan (buffa, fragile e brillante).
Possiamo facilmente immaginare che le vicende siano state raccontate con qualche licenza artistica, ma pare che in gran parte la materia sia perfettamente rispondente a verità, fra un bacio e una risata, una promessa e uno spavento. Insomma, in mezzo alla vita e dentro il cinema, in compagnia di gag intelligenti e attori magnifici. In prima fila Holly Hunter, semplicemente perfetta!