Quell’energia che fa durare l’arte nel tempo e che nella musica fa la differenza, ancora oggi dopo quasi quaranta anni dall’esordio. Imperdibili i Cure al MediolanumForum
La prima volta che li incontrai fu attraverso le mie compagne di classe al liceo. Tutte nere, truccate pesanti, ma con un tono decadente e depresso. Bianche cadavere. Ma belle e affascinanti come qualcosa che si capisce, ma non si riesce a tradurre. Non era solo la solita, maledetta distanza fra ragazzi e ragazze dell’adolescenza. Loro “avevano addosso” i Cure (stasera per la seconda sera al Mediolanum Forum). E io non li conoscevo.
Lontano dal mio mondo rock pop fatto di eroi buoni e privi di ambiguità (gli adorati Clash, per intenderci), i Cure erano qualcosa di unico e lontano, ma molto, molto vicino alle mie voci più profonde, quelle che a diciotto anni non vuoi sentire perché fanno più male di una sberla.
Ma c’era invece chi le ascoltava, quelle voci fatte di una dolcezza disperata e unica, quei suoni perfetti per un pomeriggio fatto di freddo, maglioni lunghi e cose che non arrivano. Le mie compagne lo avevano capito, io non ancora.
Robert Smith è stato ed è semplicemente unico. Faccia bianca, sguardo spaventato o ambiguo, trucco pesante, ma non kitsch, né messo in mostra per fare spettacolo. Era con la sua amica Siouxie Sioux la vera, unica faccia del dark, con lei ha anche suonato in un tour. Belli e punk, ma con il coraggio di andare oltre l’incazzatura.
Nichilista, si certo. E anche innamorato del suo mondo di ombre. Però capace di svelare un mondo, di dare voce e anima a milioni di ragazzi che non avevano poeti moderni a cantarli e a raccontarli. Smith era dolce e triste, inquietante e tenero nel suo canto fatto di nostalgia, dolore senza fine e senso della perdita per…tutto.
Ma in tutto questo c’era energia, quella straordinaria energia che fa durare l’arte nel tempo e che nella musica fa sempre la differenza: ancora oggi, dopo quasi quaranta anni dall’esordio, i Cure attraggono e fanno ancora paura, in quel crinale che sta fra l’allegria e la follia.
Il loro ritorno live è stato battezzato da centinaia di amici che hanno comprato un anno fa – ripeto un anno fa – i biglietti per le due date al Forum di ieri sera e stasera. Sicuro che sarà un grande concerto anche solo per rivedere vecchie meravigliose maschere tornare fuori da cassetti dimenticati per onorare Robert Smith e il suo ineguagliabile look, fonte di ispirazione di tanti in tutti questi anni (compreso ovviamente Paolo Sorrentino per la faccia senza tempo di Sean Penn in This must be the place).
La musica sarà quella di sempre: cavalcate negli incubi passati e presenti, melodie capaci di raccontare in tre minuti il dolore del mondo, il cantato di Robert che sembra sempre uguale alla voce che vorresti avere quando stai male e vorresti dirlo al mondo. Pezzi come Close to me, Love Song, Lullaby portano il pop nel teatro del dark più giocoso e ambiguo, brani come A forest ti fanno entrare in un mondo segreto fatto di ombre senza fine che assomiglia tanto alle strade senza uscita che solo la lucidità dei vent’anni ti fanno vedere e vivere.
Ma paradossalmente un live dei Cure non è solo male di vivere: le canzoni scritte da Smith sono anche capaci di diventare punti di ripartenza, tanta è la loro forza emotiva. Sono catartiche, quasi che avere qualcuno che ti sa raccontare con un suono, un grido, una rappresentazione del dolore possa diventare qualcosa che poi aiuta a stare meglio. Se conosci cosa ti fa male e lo esorcizzi con la musica, poi forse riesci ad uscirne.
E lui? Chi è veramente Robert Smith? Difficile da dire: l’ho incontrato tanti anni fa, era il 1987, poco prima di un live qui a Milano. Mi parlò dei suoi incubi, dei suoi desideri con un filo di voce e una fatica timida che ancora adesso ricordo con affetto. Poi si alzò dalla sua sedia muovendosi lento e impacciato. Non gli davo una sola possibilità di cavarsela su un palco. Poi lo vidi dominare come uno sciamano del buio migliaia di anime. Forse fu il primo giorno in cui cominciai ad amarlo. E ancora oggi, lo amo per quello che ha scritto e per quello che canterà. Andate al Forum e ballate il suo sabba ironico e disperato: è ancora oggi una metafora fantastica della nostra vita.
MediolanumForum, The Cure, 1, 2 novembre