Il cantautore svedese torna in Italia per un tour che anticipa il nuovo disco in uscita ad aprile. Siamo andati a sentirlo al teatro Dal Verme
Kristian Matsson non è davvero l’uomo più alto della Terra. È giusto mettere subito le cose in chiaro, nel caso in cui siate arrivati a questo articolo in cerca di strani record. The Tallest Man on Earth è semplicemente il suo nome d’arte: 35 anni, svedese, Matsson è tornato in Italia per quattro concerti esclusivi a Torino, Roma, Bologna e Milano. Noi siamo stati proprio a quest’ultimo concerto, al teatro Dal Verme, per goderci due ore di ottima musica.
Kristian Matsson non è l’uomo più alto della Terra. Non lo sono nemmeno io, eppure fatico a incastrare le ginocchia nel poco spazio che mi separa dallo schienale di fronte a me. Fortunatamente, fin dalle prime canzoni, l’entusiasmo di Kristian fa sì che anche sugli spalti stare fermi è praticamente impossibile.
Kristian Matsson non è l’uomo più alto della Terra. Anzi, a guardarlo bene è pure un po’ basso e gracilino. Eppure, riempire il palco del teatro da solo richiede una presenza scenica mica da ridere. Il Dal Verme è un teatro molto bello, “verticale”, che consente di apprezzare il palco dovunque tu sia seduto. Palco che questa sera è particolarmente scarno: sulla sinistra un amplificatore e una pedaliera per chitarra, sulla destra un pianoforte digitale, circondati da qualche stringa di luce, a formare una decina di parallelepipedi luminosi. L’atmosfera è intima, le luci non invadenti e anche quando aumentano di intensità non creano mai fastidio. Anzi, delineano la sagoma bianca di Kristian dandogli profondità e valorizzando il vuoto di scenografia in cui si trova.
Kristian Matsson non è l’uomo più alto della Terra. Per fortuna, altrimenti certi movimenti avrebbero generato tragedie e infortuni. Mentre canta, Kristian salta, balla, tiene il ritmo pestando i piedi sul legno del palco. Il tutto con grazia e agilità da ballerino. È chiaro subito che il pubblico non è solo lì per sentire The Gardener o The King of Spain: siamo tutti lì per una performance a 360°. Che sia chitarra acustica, elettrica, banjo o piano, Kristian sembra sempre sull’orlo di un baratro splendido, leggero come un étoile nel mezzo di un’opera. Ed è in grado di reggere praticamente due ore ininterrotte di musica senza battere ciglio: qualche inchino, qualche respiro più lungo del normale prima di qualche pezzo, qualche parola sussurrata al microfono prima di ripartire tra strum e delay; e poi tanta, tanta musica. Alla fine della serata saranno oltre venti i brani eseguiti.
Molto carino l’intermezzo al piano con Little Nowhere Towns, meno forte ma comunque utile nell’economia del concerto il passaggio al banjo su Time of the Blue. Matsson ride, scherza, regala qualche “Grazie mille” in un italiano studiato a tavolino: si diverte e fa divertire. All’intero teatro scappa una prima risata quando accenna I Say A Little Prayer di Burt Bacharach; risata che scoppia quando Kris si risiede al piano per un ultimo bis, e a sorpresa attacca The Winner Takes It All degli Abba. Eppure anche questa goliardata risulta perfettamente inserita in uno spettacolo che nonostante la durata e la scarsa varietà di mezzi (del resto Kris è solo, sul palco) non è mai noioso o banale.
Kristian Matsson non è l’uomo più alto della Terra. E nemmeno il più altezzoso. Anzi, è proprio il contrario. Tra un pezzo e l’altro trova il modo di tessere le lodi di Anna Morsette, la sua guitar tech di fiducia che gli consegna di canzone in canzone lo strumento adatto, perfettamente accordato. Da quel momento, ogni suo ingresso in scena è accolto da un’ovazione. Ringrazia il pubblico, e lo fa in un modo particolare: la formula “thank you for listening” sottolinea l’intimità di un cantautore che prima di tutto suona per necessità, e che semplicemente vuole condividere le sue storie con chi ha di fronte. E poco prima di lasciare il palco di fronte a una standing ovation, dice una cosa che racconta tutto di lui: «Non darò mai per scontato tutto questo: senza di voi sarei solo un folle che urla contro le montagne».
Kristian Matsson non è l’uomo più alto della Terra. Ma a volte non serve esserlo, per far alzare in piedi tutti gli altri.