The Young Pope

In Cinema, Weekend

Ha debuttato ieri sera la serie del regista napoletano. Grazie a un cast sontuoso e affiatato (Jude Law, Diane Keaton, Silvio Orlando, Cecile De France, Ludivine Sagnier) si raccontano intrighi vaticani e religiosi laicizzati, intorno a un pontefice singolare, assai poco felice di esporsi. Un’operazione di spudorata intelligenza cine-televisiva, ben scritta e magnificamente fotografata da Luca Bigazzi

Paolo Sorrentino è magnificamente spudorato, al punto da inventarsi un papa giovane, The Young Pope –  titolo della serie tv che ha debuttato ieri sera anche in Italia – statunitense e totalmente imprevedibile nella sua laica vocazione. Purtroppo per lui, qualche anno fa Nanni Moretti aveva genialmente già fatto incursione nella Città del Vaticano per restituirci un papa dimissionario. Una fantasia subito dopo divenuta realtà. Così Sorrentino è costretto subito a fare i conti con il suo predecessore perché ci sono situazioni inevitabili, come il mitico balcone di San Pietro, e altre invece che sembrano citazioni, come i giochi da cortile. Ma nell’insieme il regista napoletano sembra volersi scrollare di dosso tutto ciò che può ostacolarlo nel suo racconto lungo, una decina di ore per dieci puntate, coprodotte a livello internazionale, in onda il venerdì su Sky Atlantic.

In Sorrentino la ricerca dell’effetto estetico è come sempre esasperata e molto spesso colpisce nel segno (il lavoro alla fotografia di Luca Bigazzi è fantastico), così come la scelta dei dialoghi. Uno per esempio è magistrale (e potrebbe appartenere a Umberto Contarello, cosceneggiatore e già creatore in This Must Be the Place del frammento su Robert Plath, l’inventore della ruota per le valigie): si tratta della volontà espressa da Pio XIII di mantenere un basso profilo, nonostante le insistenze di Sofia Dubois (Cécile de France), che si occupa del gigantesco marketing vaticano. Di fronte alle insistenze della donna perché appaia, il giovane papa replica citando Salinger per la letteratura, Kubrick per il cinema, Banksy per l’arte, Daft Punk e Mina per la musica, tutta gente grandissima e famosa nonostante si sia tenuta ben lontana dai riflettori.

Ma l’abilità di Sorrentino sta nello spiazzamento continuo: ecco allora un papa che beve Coca Cola Zero, che fuma e si fa raccontare i segreti dei suoi collaboratori dal confessore vaticano, poi fa arrivare Sister Mary, la monaca mamma che lo ha accudito da bimbo, forse perché il padre nell’alto dei cieli non dà grandi segnali di presenza.

Purtroppo, nonostante i rapporti con le alte gerarchie vicine a dio, anche Sorrentino ha toppato parlando di Higuain, il centravanti del Napoli finito alla Juventus per una montagna di milioni. Il segretario di stato Vaticano, il cardinal Voiello, inequivocabilmente partenopeo e tifoso, si rivolge al Pipita e ostenta figurine. Sorrentino se l’è cavata magnificamente per giustificare l’errore, parlando di “fede e tradimento” a proposito del centravanti argentino fedifrago nel suo passaggio alla prepotente rivale.

Un cenno agli interpreti. Jude Law è un Lenny Belardo, ora Pio XIII, piuttosto suggestivo, anche se i suoi comportamenti apocrifi indirettamente giustificano il fatto che il Conclave in genere si orienti verso candidati più in là con gli anni. Perfettamente ambiguo nel suo essere vestito come un papa e nel suo comportarsi in modo non proprio trascendente. Curioso è poi Silvio Orlando che interpreta il cardinale Voiello, col suo mix di inglese-latino e napoletano, con porro incorporato e abito porporato, mentre Diane Keaton arriva dagli Usa come sister Mary suscitando invidie e risentimenti che sa gestire dall’alto della sua esperienza. Estremamente funzionali gli altri comprimari, che danno un tono felicemente internazionale alla storia.

Lungi dal voler dare lezioni di teologia, o dal volersi addentrare in questioni strettamente dogmatiche, Sorrentino consegna diversi motivi di riflessione e di divertimento. Alla fine, è quello che conta, per la tv, e anche per il cinema.

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