In “Alla meta”, in scena con Micaela Esdra e la costanza della ragione registica di Walter Pagliaro, espone un teorema affettivo di famiglia tra madre e figlia
Uno spettacolo surreale. Eppure uno spettacolo di estrema razionalità. Quella della protagonista, interpretata ineccepibilmente da Micaela Esdra, madre dispotica, logorroica, che sembra vaneggiare sempre e di tutto, ma che delinea una esatta ed esaustiva analisi della realtà che la circonda.
Thomas Bernhard parla di un mondo paradossale, in cui il pensiero incontenibile di questa madre si riversa quasi senza conseguenze sull’impassibilità di una figlia succube (Rita Abela), che pare essere solo il pretesto del brillante monologo della protagonista.
La meta che ha in mente Micaela Esdra per l’intero corso della propria vita è esclusivamente quella casa al mare che si fa ossessione nell’opera di Bernhard e che è l’alternativa materiale a una meta ideale come possono essere il successo e la realizzazione di uno scrittore di teatro (interpretato nel secondo tempo da Diego Florio).
La protagonista si trova infatti a formulare continue contraddizioni che la fanno oscillare tra l’essere amante di teatro e letteratura e l’ambire unicamente prima a possedere e poi a passare le proprie estati nella casa al mare, ereditata da un marito sposato per sola convenienza.
Il flusso di coscienza, che la Esdra porta in scena con una perfezione e una bravura da maestra, riflette su quanto effimero possa essere l’appagamento prodotto dalla ricerca artistica e letteraria, concentrandosi proprio sul teatro e sulla figura del drammaturgo, che spera di riuscire a capire, a spiegare e a cambiare il mondo, ma che infine non può che arrendersi all’immutabile realtà e accontentarsi dei battimani di un pubblico, a sua volta incapace di comprendere il testo dello stesso spettacolo che applaude come per inerzia.
Ma chi pronuncia questa sentenza è una vecchia donna che ha vissuto prima per il teatro, amata fonte di distrazione e sapere, poi per la concretezza di una sicura e bella casa al mare.
La continua apparente incoerenza della protagonista con se stessa è perciò il carattere più evidente del testo nella messa in scena, da cui risulta però una chiarezza di pensiero che dimostra intelligenza e calcolo razionale nel carattere del personaggio di Micaela Esdra.
Il testo di Bernhard è un’opera virtuosa, brillante e sagace. E anche la direzione di Walter Pagliaro contribuisce alla resa e alla comprensione. Unico neo la durata del tutto: tre fitte ore di un Bernhard intenso, che piacciono ma talvolta eccedono nella parola mai interrotta.