La stepchild adoption di Pinocchio

In Teatro

Abbiamo incontrato Tindaro Granata, tra i volti più interessanti del nostro teatro. Con lui abbiamo discusso di “Geppetto e Geppetto”, spettacolo da lui diretto dedicato al tema delle adozioni per le coppie omosessuali

Realtà o finzione? Vecchia storia di cui sono esperti Pirandello, Wilde e molti altri. Tindaro Granata, teatrante off tra i più lodati e apprezzati, anche per la scomodità psicologica dei temi trattati, spesso esplosivi, ha pronto il nuovo Geppetto e Geppetto di cui è autore e regista e tratta il tema delle adozioni delle coppie gay. L’ha di poco fortunatamente anticipato una signora giudice che, prima della pensione, ha concesso a Roma l’adozione a due uomini che l’avevano chiesta così come prevede la legge Cirinnà che dà possibilità ai giudici di aprire una breccia nella per ora proibita step child adoption. Poi, chi vivrà vedrà.

Speriamo di vedere tutti, alle Colline Torinesi o a Genova in giugno o la prossima stagione all’Elfo Puccini in marzo, questa nuova prova di Granata, noto per i precedenti “scandalosi” di Antropolaroid e Invidiatemi come io ho invidiato voi (sulla pedofilia) che saranno in rassegna dal 1 al 10 aprile al Teatro Ringhiera di Milano, insieme anche a una nuova Locandiera in cui Tindaro sarà attore, un cavaliere. Ma per questo testo sull’adozione lo scrittore ha cercato innanzi tutto di convincere se stesso, senza riuscirsi del tutto, ed ha fatto poi ricognizione dal vivo, come Pasolini nei suoi Comizi d’amore.

Residente tra Milano e Chiasso, è sul 5, inteso come tram, che il regista nato a Tindari (Messina) e di nome quindi Tindaro, ha raccolto al volo impressioni sul tema. “Abbiamo fatto interviste volanti in giro, anche al Family Day” racconta “italiani e stranieri, più disponibili i secondi, uomini e donne, meglio il sesso debole. La domanda era: se un gay volesse un figlio lei che farebbe? L’abbiamo chiesto anche ai ragazzi, alcuni dei quali giocavano al sentirsi estranei. Ho registrato ignoranza, pregiudizi e superficialità ma anche aperture sul fronte umano: più disinformazione che razzismo”.

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Autore di spettacoli cult da nouvelle vague, Granata insieme ai suoi attori, tutti perfettamente in sintonia, alza ora l’asticella ideologica e polemica con l’epico scontro generazionale tra il figlio di una coppia gay che, cresciuto e rimasto orfano del padre biologico, rinfaccia all’altro papà mancanza di diritti, la voglia di evadere e la difficoltà sociale del ruolo. “Dopo l’approvazione monca della Cirinnà, siamo d’attualità tanto che il testo ci viene da modificarlo in atto, anche seguendo le emozioni e le impressioni nostre” dice l’autore regista in scena tra l’altro con Paolo Li Volsi e Angelo Di Genio. Quest’ultimo è uno degli attori 30enne di punta, rivelato dal Commesso Miller, dove è il figlio Biff, e dagli indimenticabili History boys di Bennet: qui è di nuovo un figlio e riesce a dimostrare 10, 20,30 anni senza trucchi, solo col talento e una facoltà mimetica interiore, un po’ come faceva la Melato quando doveva diventar bambina per Ronconi in Quel che sapeva Masie.

Afferma Granata, soddisfatto anche dei suoi dubbi: “La nostra storia si svolge all’incirca dal 2006 al 2036, con due uomini che prima discutono l’idea dell’utero in affitto confrontandosi con amici, parenti e la mamma in dissenso; poi decidono la prova in America; ed ecco che arriva il figlio, cresce, carino, tutto bene, ma quando il papà bio muore scoppia il dramma tenuto in caldo per alcuni anni”. In scena, nel miracolo teatrale, passano 30 anni, ottimisticamente la legge allora sarà passata compresa la step child, pensa l’autore. Ma oggi possiamo capire come il ragazzo rimproveri l’assenza di tutele, un forte gap interiore, la scomodità di una posizione ancora socialmente e psicologicamente non codificata. Granata: “Un pretesto per porre domande fondamentali: cosa succede nella testa di un ragazzino cui non viene concessa l’adozione? Si vedrà. Intanto io non sono certo che sia la cosa giusta, l’utero in affitto se lo può permettere chi ha soldi, questa è la verità, ma soprattutto mi sta a cuore il diritto all’infanzia serena, perciò offro faticosamente fiducia a un happy end che arriva dopo le tappe di un super melò.

Granata cinefilo accanito fin da quando andava a scuola e passava le giornate a studiare neo realismo e commedia, si è ispirato a due titoli adorati: C’eravamo tanto amati di Scola e Lo specchio della vita, di Douglas Sirk, storia di perdono e accettazione del problema razziale in un turgido technicolor anni 50 con una grande Lana Turner.

 

 

“Il mio copione è in divenire, si modifica col contributo degli attori e del tempo”. Ben detto, bisogna vedere ma anche accettare intanto i risultati raggiunti. E Tindaro crede al teatro ma tenendo presente il cinema: “All’istituto per geometri decisi di far l’attore studiando su “Matrimonio all’italiana”, visto 50 volte. Ottimista? Diciamo conciliante con rabbia: voglio far parlare un figlio che non si accetta. Pur favorevole alle famiglie arcobaleno, mi pongo dubbi etico-sociali, non religiosi, sull’utero in affitto: credo che la vera soluzione sarebbe permettere l’adozione alle coppie gay come per gli etero, pur sapendo tutte le difficoltà che ci sono”. Ma non vuol essere partigiano: “Mostro il disagio di capire, spostare il pensiero della platea contraria, cercando le ragioni. Le reazioni che mi aspetto? Uno spavento. Artisticamente ho gli occhi puntati addosso ma il teatro deve essere occasione per un confronto sul divenire della società. C’è tensione ma c’è pure dolore”.

Anteprima alla Primavera di Castrovillari, debutto al Festival delle colline torinesi poi dall’8 al 18 giugno allo Stabile di Genova, tutti coproduttori con Proxima Res; in marzo 2017 al Puccini Elfo di Milano. Il titolo da dove viene fuori? “Un video di YouTube racconta di due uomini che vogliono un figlio ma si trovano come Geppetto che aveva solo un pezzo di legno, Pinocchio: li aiuterà la fata Turchina”.

Ci saranno altri spettacoli sul tema, uno atteso al Ringhiera nel nuovo festival Queer in primavera e un film che Pasquale Marrazzo ha finito di girare a Milano; a parte il fatto che ci sono pagine già illuminanti sulla relazione tra due persone dello stesso sesso nella autobiografia di Stephen Spender Un mondo nel mondo. Di una cosa il regista scrittore è certo: “Non bisogna far soffrire qualcuno che non ha i diritti, specie se non toglie proprio nulla a chi li ha”.

Immagine di copertina di tindarogranata.it

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