Tolkien torna in versione animata. Disegni retrò, ma è un bel mito d’altri tempi

In Cinema

“Il signore degli anelli – La guerra dei Rohirrim” di Kenji Kamiyama ricorda più “Game of Thrones” che l’universo fantasy dei film precedenti della serie. E il formato cartoon rimanda agli anni ’80, non certo alla tecnologia d’oggi. In compenso però la storia è semplice e ben raccontata. Merito del pacchetto degli sceneggiatori, che forse riusciranno a soddisfare anche gli esigenti spettatori dell’epopea di Peter Jackson, che più delle altre ha messo d’accordo fans di ogni categoria, esordienti e intenditori.

Poche saghe cinematografiche sono state in grado di accontentare e mettere d’accordo fans di ogni categoria, esordienti e intenditori, quanto la monumentale trasposizione sul grande schermo de Il Signore degli anelli. Una scommessa vinta innanzitutto da Peter Jackson e da chi lo scelse, visto che all’epoca il regista neozelandese aveva appena quarant’anni e all’attivo soltanto qualche commedia horror-fantascientifica di serie B. il risultato è ancora più sorprendente se si pensa che, prima di allora, il tentativo più celebre di portare su pellicola l’immortale classico tolkeniano era stato il travagliatissimo flop a disegni animati del 1978, originariamente pensato in due puntate e mai portato a conclusione.

D’altro canto, l’appassionato di grandi epopee fantasy, da Tolkien a Star Wars, è uno spettatore esigente, per non dire dogmatico: ne sanno qualcosa gli autori de Gli anelli del potere, serie tv prequel e spin-off dei film di Jackson, stroncata a più riprese per il suo stile televisivo nonostante un budget stratosferico, oltre che per qualche presunto eccesso “woke”, ormai tra gli argomenti di polemica preferiti delle community in rete. Davanti a simili premesse, appare decisamente coraggiosa la scelta di distribuire nelle sale Il signore degli anelli – La guerra dei Rohirrim, nuovo lungometraggio ambientato nell’universo della Terra di Mezzo, capace di mettere insieme tutto ciò che non aveva funzionato per i suoi predecessori e farne qualcosa di buono, o quasi. Un film d’animazione ma destinato a un pubblico più o meno adulto (valutato come PG-13 negli Stati Uniti, cosa rara per la categoria), ispirato al Signore degli Anelli ma inventato di sana pianta, con una protagonista femminile e una morale all’insegna dell’empowerment di genere dal primo all’ultimo fotogramma. Battaglia persa in partenza? Tutt’altro: paradossalmente, stavolta, il risultato sorprende o delude dove meno ce lo si aspetterebbe, sovvertendo nel bene e nel male i canoni del classico cartoon da cinepanettone.

La parte più debole, infatti riguarda proprio il comparto grafico: a sfondi dal realismo fotografico o dalla bellezza di un acquerello fa spesso e volentieri da contraltare un’animazione dei personaggi che ricorda quelle dei cartoni animati anni ’80 su Odeon Tv, tra cavalli che anziché galoppare fluttuano su piani immaginari (e in un racconto ambientato nella “Terra dei cavalli” non è cosa da poco) e protagonisti che si muovono come action figures e conversano aprendo a malapena la bocca. Così, smaltiti i primi entusiasmi da rimpatriata, fomentati furbescamente da un tema musicale che riprende quello de Il Signore degli anelli – Le due torri e dalla voce narrante di Éowyn/Miranda Otto, chi si aspettava una produzione kolossal si ritrova invece catapultato in una dimensione a metà tra Lady Oscar e L’Uomo tigre, delineata con un tratto grossolano e approssimativo, movimenti a scatti e volti tutti uguali.

A venire in soccorso di La Guerra dei Rohirrim è invece, fortunatamente, una storia semplice ma lineare e ben raccontata, come i miti di altri tempi. Non è un caso: a dirigere le operazioni di scrittura sono due nomi d’eccezione per i seguaci di anime o di fantasy dalla carta allo schermo. Il regista Kenji Kamiyama vanta nel proprio curriculum esperienze di successo con franchise sacri della cinematografia sia nipponica che occidentale, come Ultraman, Ghost in the Shell, Blade Runner e Star Wars. La sceneggiatrice Philippa Boyens è, insieme a Jackson e alla moglie Fran Walsh, la penna dietro agli script delle trilogie de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, oltre che degli adattamenti dei romanzi Amabili resti e Macchine mortali. Sono loro a salvare il salvabile, come la più classica delle cavallerie, evitando che a un’animazione tutt’altro che all’altezza si accompagni anche una trama confusionaria o pretestuosa.

Anzi, a posteriori forse, vista la scelta di narrare una vicenda in cui l’elemento fantastico lascia quasi completamente il posto ad assedi all’arma bianca e intrighi di palazzo in stile Game of Thrones, il tutto si sarebbe prestato più a una versione “in carne e ossa”, piuttosto che al disegno animato. Certo, sarebbe servito forse qualcosa in più dei 30 milioni di budget spesi per la realizzazione (finora il film ne ha recuperati in incasso circa la metà), e forse non si sarebbe riuscito a far fronte alla necessità di concludere i lavori in fretta e furia, per non far perdere alle case di produzione Warner Bros e New Line Cinema i diritti di sfruttamento sulle opere di Tolkien. Opere che, vista anche la loro infinita potenzialità e il loro fascino senza tempo, meritano sicuramente un trattamento più dignitoso.

Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim di Kenji Kamiyama, con Brian Cox, Gaia Wise, Luke Pasqualino, Miranda Otto, Laurence Ubong Williams, Shaun Dooley

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