“Creature di Dio” delle newyorchesi Saela Davis e Anna Rose Holmer racconta un intreccio di vite e sentimenti, paure e desideri in un minuscolo villaggio di pescatori della costa irlandese. La faticosa esistenza di Aileen, fresca nonna, in quella comunità coesa e chiusa, sembra rifiorire per l’arrivo di Brian, a sorpresa, dall’Australia. Ma la gioia di una madre che ama troppo sarà pagata assai cara
Un minuscolo villaggio di pescatori sulla costa irlandese, una comunità coesa e chiusa, che vive di creature del mare e della coltivazione di ostriche. Creature di Dio delle newyorchesi Saela Davis e Anna Rose Holmer racconta un intreccio di vite e sentimenti, paure e desideri, con al centro Aileen (Emily Watson), nonna affettuosa che si diverte a coccolare il nipotino di pochi mesi ma non si tira indietro quando si tratta di occuparsi dell’anziano suocero non più autosufficiente, e nel frattempo lavora come una bestia da soma. Perché in questo idilliaco paesaggio verde e azzurro la vita è durissima e non concede né scampo né riposo. E tra un lutto e una fatica resta giusto il tempo di prendersi una sbronza al pub più vicino, unico luogo di aggregazione, se non di felicità.
Aileen sembra però d’improvviso rifiorire quando dal nulla rispunta Brian (Paul Mescal), il figliol prodigo a sorpresa tornato dall’Australia. Non avendo un vitello grasso da uccidere in suo onore, Aileen si limita (si fa per dire) a rubare per lui e a giurare il falso, mettendo in pericolo tutto il suo mondo. Ma questo e altro, per quel figlio che finalmente è tornato da lei! E pazienza se il prezzo da pagare, per difenderlo e proteggerlo, può rivelarsi altissimo, all’interno di una comunità impregnata di maschilismo e incapace di vedere la violenza sulle donne, anche quando viene esercitata in piena luce, con ostentata e quasi indifferente crudeltà.
Il nocciolo sanguinante e prezioso di questo film è tutto qui, nel rapporto tra una madre che ama troppo e un figlio che di quell’amore si approfitta, nella ragnatela di rapporti stanchi, eppure fortissimi, che tengono insieme (nonostante tutto) le famiglie, nel continuo riflettersi di aspettative e rimpianti, nello specchio opaco degli affetti, dei dolori e dei risentimenti.
Un film che parte molto bene, giocando le carte di un’ambientazione suggestiva e di una squadra di magnifici interpreti, con in prima fila una commovente Emily Watson, ma che poi non riesce a chiudere in modo convincente, consegnandoci una storia intensa ma raccontata in modo incerto, slabbrato, privo di autentico vigore. E anche di una vera visione morale. Peccato! Perché lo scontro continuo tra istinto e dovere, fra verità, rabbia e silenzio, spesso arriva a sbocciare come un fiore amaro ma necessario, ma non riesce a conquistare lo spazio di un’espressione compiuta e davvero potente.
Creature di Dio di Saela Davis e Anna Rose Holmer, con Emily Watson, Paul Mescal, Aisling Franciosi, Declan Conlon, Toni O’Rourke