Nessuno come Henri de Toulouse-Lautrec ha saputo raccontare la Parigi fin de siècle, la Parigi del Moulin Rouge e degli Impressionisti, con gli strumenti e i linguaggi della contemporaneità. Queste le nostre impressioni sulla mostra in corso a Palazzo Reale.
Toulouse-Lautrec era un dritto. Anche se era terribilmente storto, basso, storpio.
Toulouse era poliedrico, ma aveva ben chiaro chi e cosa non volesse essere, forse per questo ebbe più fascino e donne lui rispetto a uomini alti due metri. Forse per questo ancora oggi ci sfugge il quadro complessivo di chi fosse veramente e, forse per questo, è difficile, ancora oggi fare una mostra sulla sua personalità. Così, ci si ripara dietro termini come “fuggevolezza”. Perché “Il Mondo fuggevole” di Toulouse Lautrec in realtà è tutt’altro che così.
Di origini nobili, lasciò il cuscino morbido offertogli dalla famiglia, per seguire il desiderio di diventare pittore e se ne andò a vivere da solo, giovane. E storpio. Ebbe da giovanissimo un arresto di crescita degli arti inferiori che lo condannarono al nanismo. Eppure il suo carisma fu così grande, le sue idee così inarrestabili, visionarie!
La sua sensibilità, ostentatamente celata dietro a pose irriverenti e grottesche e che accolgono il visitatore all’ingresso della mostra, gli permise di entrare nel cuore vivo di una Parigi fremente e licenziosa, in cui l’arrivo del cinema e del progresso offrivano terreno per fervidi e frenetici cambiamenti, come le pennellate degli impressionisti, ai quali si avvicinò attivamente o la fotografia . L’arte inizia a rappresentare la quotidianità, la realtà, lo sfarzo, la vita mondana. In parole più semplici, la città.
Toulouse non ha paura dello scherno, probabilmente un nano come lui ne era bersaglio facile. éer questo ne trasse proprio vantaggio e si rese “cronista” di un sottobosco parigino brulicante di benpensanti e sognatori, fatto di gonne svolazzanti, mutande e cosce alte, fatto di sudore, schiamazzi e urla liberatorie: il Moulin Rouge.
Non ebbe paura di farsi vedere “fra quelli”. Non ebbe paura di farsi amico delle persone più emarginate, come le ballerine, le frivole ballerine che ubriacavano gli animi a suon di Can Can.
La mostra di Palazzo Reale punta sull’aspetto sensibile, fatuo eppur profondo del mondo frequentato dall’artista bohémien, che con ironica verve ne coglie l’aspetto ludico e drammatico al contempo. Ci racconta Montmartre, attraverso brevi note biografiche su May Belfort, Jane Avril, Aristide Bruant, ci mette a conoscenza di vite piene di problemi personali, talvolta iniziate dalla famiglia alla prostituzione, vite sull’orlo di suicidi, che vengono “salvate”, riparate da un palcoscenico e un pubblico, dall’amicizia e dalla solidarietà di chi conosce cosa significa nascere diversi, ma anche riscegliere fieramente di esserlo.
Il mondo fuggevole di Toulouse-Lautrec ci restituisce fotografie, disegni, schizzi, la serie completa dei poster, che conducono il visitatore dentro a un mondo evanescente, come le bollicine dei calici tintinnanti, che si consumano alle feste.
La mostra, aperta fino al 18 febbraio a Palazzo Reale, si articola per tematiche, che però rischiano di risultare più aneddoti: si va dalla prima fase artistica di Toulouse, legata alla nobiltà familiare, all’importanza primaria del soggetto rispetto al paesaggio.
Si sfiorano aspetti fondamentali per l’estetica degli Affiches, come il boom del giapponismo, le campiture monocrome, ma non lo si approfondisce debitamente, come pure non vi sono molti richiami al momento storico e alle tecniche industriali di stampa e tipografia, che prendono sempre più respiro anche in ambito artistico.
Il cuore dell’esposizione è legato alla passione per le donne, alla sensualità, alla carica erotica, ma la sensazione è che i curatori Devynck e Zevi, nonostante le 250 opere, i 35 dipinti, litografie, acqueforti e la serie completa dei 22 manifesti, abbiano scelto di raccontare l’artista più su un concetto retorico e sequenziale di ricerche stilistiche eterogenee, di fuggevolezza appunto, piuttosto che fare luce sulla lucida consapevolezza di un ragazzo curioso che sceglieva la contemporaneità e i suoi stessi mezzi per raccontarla, come ad esempio l’importanza dell’immediatezza ottenuta tramite la grafica.
Apertamente controcorrente e instancabile, Toulouse-Lautrec di fuggevole, forse, ebbe solo la vita, come se qualcuno glielo avesse detto: “Fai tutto ciò che puoi fare e fallo al massimo, Toulouse, perché la vita è una vertigine, una balza spumosa di gonna”.
Immagine di copertina: Henri de Toulouse-Lautrec, Le photographe Sescau, 1894, litografia, manifesto, collezione privata