Christiane Jatahy, artista associata del Piccolo, vincitrice del Leone d’Oro alla Carriera per il Teatro della Cinquantesima edizione della Biennale di Venezia, presenta il terzo atto della sua Trilogia degli Orrori. Tra storia, magia, cultura e sogni dei diritti delle donne afro-brasiliane
Storia, sogni, la violenza del patriarcato, atti magici di liberazione, forse. Dalla schiavitù, da ciò che si trasmette e si è trasmesso di generazione in generazione, da ciò che tortura. Dal passato colonialista che ha lasciato tracce e segni indelebili in un tempo contemporaneo post-colonialista con cui fare i conti. Dalla politica, dal patriarcato o meglio da essere umani di potere che arrivano a distruggere vite e diritti umani. Come il diritto allo studio – spesso negato o reso difficoltoso – alle donne. Accadeva e accade in diverse parti del mondo.
È accaduto in Brasile – spiega Christiane Jatahy mentre presenta Depois do silêncio, lo spettacolo che chiude la Trilogia degli orrori in scena al Piccolo dal 16 al 18 maggio – la storia del Brasile è una storia con cui dover fare i conti, il colore della pelle può portare a morte. Razzismo e schiavitù. E allora la parola può portare a trasformare.
Parola come testimonianza, come narrazione che amplifica, come qualcosa di potente che è stato mozzato. Parola come racconto delle persone che popolano una comunità mischiato all’elemento di finzione. Parola come condivisione per una trasformazione, si spera, migliore della realtà.
Lo spettacolo Depois do silêncio, co-produzione internazionale del Piccolo di cui la regista Jatahy è artista associata,si apre come una conferenza stampa per poi lasciare spazio – introduce la regista – ai riti magici, ai sogni, alla magia. Alla cultura del popolo afro-brasiliano, delle donne nere – precisa la Jatahy -, attrici e drammaturghe con le loro storie di vita.
Realtà, finzione, documentario cinematografico e teatro si intrecciano. Viene in mente il paradosso dell’attore tra verità e finzione. La stagione del Piccolo è dedicata al rapporto tra teatro e realtà e in questa dialettica si inserisce l’opera di Christiane Jatahy.
Se Entre chien et loup si interroga sul fascismo a partire dal film Dogville di Lars von Trier e Before the sky falls muove critiche al patriarcato a partire dal testo Macbeth di William Shakespeare, Depois do silêncio ha come filtro letterario il romanzo Torto Arado (Aratro ritorto) dello scrittore brasiliano Itamar Vieira Junior oltre al documentario di Eduardo Coutinho Cabra marcado para morrer (Un uomo segnato dalla morte).
Storie di donne e uomini che hanno dovuto fare i conti con la censura e la violenza umana e politica di chi ha governato il Brasile. Le vicende politiche toccano le vicende quotidiane. Io stessa – racconta Christiane Jatahy – per quanto bianca di pelle, sono mista. Avevo una bisnonna nera e so quello che ha vissuto in quanto nera. Ho ascoltato.
Ascoltare le storie, attraverso le parole, significa restituirle alla collettività. Per prenderne consapevolezza.
Itamar Viera Junior racconta tra realtà e fiction le vicissitudini di donne del nord-est del Brasile e di due sorelle – una a cui è stata mozzata la lingua e l’altra che le restituisce la voce – mentre ha vissuto per almeno un decennio in quei luoghi.
Christiane Jatahy ha contattato chi è stato testimone delle vicende legate a Cabra marcado para morrer.
E allora vivere a stretto contattato con le persone e le comunità significa non solo conoscerle da vicino, ma continuare a narrare la storia dal punto di vista dei cittadini/”gente comune” che hanno subito scelte politiche nel loro vivere quotidiano.
Viene in mente il significato attribuito al greco antico di logos. Parola, ma anche dio, verbum, ciò che genera la realtà.
Quali parole vengono scelte per creare la realtà? Quali per tacere le realtà?
Le storie che porta in scena la regista sono quelle di donne e uomini che hanno subito il potere. Vite di esseri umani che sono (stati) schiavizzati, giustiziati, censurati; come è accaduto all’artista Coutinho. Un regista che ha dovuto interrompere il suo lavoro a causa del golpe militare del 1964 mentre voleva ricostruire le vicende legate a Joao Pedro Teixeira, leader dei contadini, cittadino di Paraiba, giustiziato.
Solo vent’anni dopo Eduardo Coutinho ha potuto riprendere quel progetto integrandolo con interviste alla vedova di Teixeira e alle persone legate alla comunità rurale del nord-est del Brasile.
Le narrazioni così sono diventate non solo prodotto artistico, ma la testimonianza di chi ha vissuto la storia del Brasile sotto dittatura.
Quel logos che Christiane Jatahy riprende, interroga, indaga insieme all’invisibilità del fascismo, delle strutture sociali che lo hanno reso possibile e del suo ritorno – come dichiara – e alle ingiustizie che si perpetuano per essere indigeni o uomini/donne nere. Donne che tra realtà, finzione, cultura e sogno possono testimoniare, narrare, trasformare e spezzare le catene del patriarcato. Forse insieme ad altri uomini. Lula ha permesso – precisa la Jatahy – che le donne potessero studiare e formarsi. E del dramma inerente al fatto che per quanto l’atmosfera cambi, la storia no – conclude la Jatahy – Le diseguaglianze sono tante in Brasile e il post-colonialismo resta.
E allora Depois do silêncio è il viaggio di chi osserva, scrive, documenta e narra in forma di spettacolo ciò che resta da tramandare.
Foto © Thomas Walgrave