Per Valerie Donzelli l’amore è spesso una forma di scontro, di guerra. Nel suo ultimo film “Il coraggio di Blanche”, di cui è regista e co-sceneggiatrice, la sua protagonista percorre l’orribile tragitto dall’innamoramento al rischio di femminicidio. Che eviterà prendendo con dolore e con fatica coscienza del carattere violento e ambiguo di quel marito che prima, con gioia, ha ritenuto l’uomo giusto della sua vita. Con cui ha fatto due figli, e che ora la perseguita, geloso e possessivo. Ottima la prova dei due protagonisti, Melvil Puopaud e Valerie Efira, che vediamo addirittura in un doppio ruolo
Valérie Donzelli non è solo un’ottima regista, efficace con i suoi piani sequenza e l’uso quasi plastico della luce (anche grazie alla fotografia di Laurent Tangy); è una direttrice di attori precisa, misurata, efficace senza strafare; ma soprattutto una brava sceneggiatrice, che con Audrey Diwan (già Leone d’Oro tre anni fa a Venezia fa grazie a La scelta di Anne) e Éric Reinhardt racconta in Il coraggio di Blanche, con ritmo coinvolgente e profondità psicologica, la parabola di un rapporto sentimentale che nasce luminoso e condiviso ma via via diventa sempre più malato per sfociare in un (quasi) tentativo di uxoricidio.
O forse il dramma è incombente fin dall’inizio, da quando Blanche (siamo a Caen, nord della Francia, vicino a un mare plumbeo) incontra una vecchia conoscenza, Grégoire (Melvil Poupaud), che di cognome fa Lamoureaux, e mai patronimico fu più funestamente appropriato. Lei è certa di aver trovato finalmente (è bella ma non più giovanissima) l’uomo giusto. Quasi subito lo sposa e va felicemente a vivere con lui, che ben presto però con l’inganno l’allontana dalla sua città, dalla famiglia e soprattutto dalla sorella gemella (interpretata dalla stessa Valerie Efira che fa anche Blanche), la quale fin dal principio ha intuito in lui una doppiezza e un violenza, psicologica e non solo, neanche molto nascoste.
Lei riprende a insegnare, e già questo già irrita il possessivo consorte. Nascono due figli, tutto sommato voluti e amati, ma è sempre più chiaro che il bel marito la vuole isolare da tutti e tutte (amici, colleghe): la spia, la perseguita al telefono, consumato dalla gelosia e da un delirio di esclusività. Fino al drammatico finale. Il tutto raccontato, in forma di flash-back, a un’ispettrice di polizia alla quale si rivolge Blanche, persa ormai qualsiasi speranza di redenzione o civile convivenza. E acquisita al contrario, ormai sempre più chiaramente, la coscienza di una situazione di grave pericolo per lei e sui suoi figli.
Donzelli e le altre due autrici hanno portato sullo schermo, rielaborandolo con liberta nella forma ma fedeltà nella sostanza, il libro dello stesso Reinhardt L’amore e le foreste (Salani Editore, 2015), vincitore di numerosi premi in Francia: e la forza della loro denuncia sta soprattutto nella desolante quotidianità degli atti di lui, come purtroppo dimostra la cronaca nera in Francia e nel resto del mondo, Italia in primissimo piano, e nel carattere mostruoso ma niente affatto eccezionale, fuori dal comune, di questa relazione. Così il film resta sempre lontano da proclami politico-ideologici, mostrando anche i momenti di debolezza di lei (un tentativo di suicidio), e il suo tentativo di risolvere un tragitto di vita ormai insopportabile cercando una consolazione tra le braccia di un altro uomo. Tradimento che, scoperto dopo una serie di lunghi e violenti interrogatori inflitti alla moglie, fa precipitare la vicenda.
Blanche, ed è forse l’aspetto più originale del film, che racconta purtroppo caratteri e orrori coniugali decisamente diffusi (in Italia, come è noto, c’è quasi un femminicidio ogni tre giorni) non è affatto un’eroina senza macchia né paura, astratta o idealizzata, ma una donna vittima di un uomo che ha amato, quasi fino alla fine, spesso male interpretando il suo atteggiamento e cercando a lungo di negare a se stessa la sua psicologia prevaricatoria, per salvarsi e salvare i bambini che generato con lui.
Nel cinema di Valerie Donzelli (Marguerite & Julien, La guerra è dichiarata, Main dans la main) l’amore somiglia spesso (o almeno a fatica nasconde, dissimula) l’idea della guerra, dello scontro: qui, anche grazie alla recitazione mimetica, mai eccessiva nelle quasi opposte attitudini dei due protagonisti Virginie Efira e Melvil Poupaud, l’atmosfera scivola quasi inesorabilmente verso una possibile, si potrebbe dire fin troppo filmicamente annunciata, tragedia. In ruoli minori ma importanti apprezziamo Romane Bohringer e Virginie Ledoyen, e non sfugge la partecipazione di Marie Rivière (attrice icona di Eric Rohmer) nei panni della insensibile e borghese madre di Blanche.
Il coraggio di Blanche di Valérie Donzelli, con Virginie Efira, Melvil Poupaud, Dominique Reymond, Romane Bohringer, Virginie Ledoyen, Marie Rivière