Continuano le nostre interviste alle band emergenti italiane: questa volta abbiamo incontrato i “Tutte le cose inutili”, un duo originario di Prato composto da Leonardo Sanzò alla voce/chitarra e Francesco Meo Meucci alla batteria
I Tutte le cose inutili sono un duo originario di Prato composto da Leonardo Sanzò alla voce/chitarra e Francesco Meo Meucci alla batteria. Il loro è un cantautorato punk malinconico che si distingue per la presenza costante di immagini molto evocative e sa muoversi agilmente tra rabbia e delicatezza, urla e sussurri. Tutte queste peculiarità sono presenti in Non ti preoccupare, l’ultimo lavoro uscito il 26 gennaio per Black Candy Records e anticipato dal singolo Vammi a fondo. Il brano, caratterizzato da un giro di chitarra ipnotico che si ripete in continuazione durante le strofe fino alla chiusura, è puro cantautorato e ci svela il lato più intimista del duo toscano. L’album si apre invece con la chitarra rabbiosa di Millenovecentonovantotto, un brano che si sviluppa su due piani sovrapposti e spesso inscindibili: il rancore che si porta dietro una storia andata male e la sensazione di essere comunque riuscito a imparare qualcosa nonostante l’esito finale. Già qui troviamo parole e frasi che si fanno visualizzare come quadri davanti agli occhi e che raggiungono la loro massima espressione in Questa città è bella.
Poi pennellate col sole
Date con la forza del mare
Sbattere sulla tela
E farsi quasi male
Il brano è il più intenso e coinvolgente del disco, con una cavalcata finale che segna uno sfogo e un rifiuto verso la rassegnazione (“questa città è bella e non deve chiudere”).
Va tutto bene è una canzone parlata, una conversazione di Leonardo con se stesso, un flusso di coscienza di parole, musica e vorrei, che potrebbe arrestarsi con tre semplice parole uscite dalla bocca dell’amata, le stesse tre semplici parole che compongono il titolo.
L’ultimo minuto di Come un faro è invece la parte strumentale che mi sento di rimarcare. Nel semplice incrocio tra chitarra acustica e pianoforte riesce a creare un’armonia malinconica, ma allo stesso tempo speranzosa e sognante che richiama influenze jazz completamente nuove nel sound della band.
Per non dimenticare è, in sintesi, un grande viaggio da percorrere in un unico ascolto dall’inizio alla fine, e non è un caso che abbia usato proprio questa parola per descriverlo, in quanto il viaggio è un altro dei temi fondamentali trattati dal duo in canzoni come Le opere sinfoniche e Partono i treni. Ma ce ne parla meglio Leonardo, svelandoci anche alcuni interessanti dettagli sulle esperienze che sono alla base di questo loro ultimo lavoro.
Il titolo dell’album a chi è dedicato?
“Non ti preoccupare” è una frase ricorrente che ci siamo ripetuti in questi anni su e giù per l’Italia, per affrontare ogni tipo di disagio. Possiamo considerarlo il nostro mantra, le parole che ci danno la forza di continuare a sognare. Lo diciamo sempre: anche se dovessimo smettere oggi, grazie alle cose inutili avremmo un bagaglio di esperienze di vita enorme. Gli dobbiamo tanto, e con questa idea forte in mente anche il pensiero più negativo vola via…non ti preoccupare.
Murakami dice: “Se tutte le cose inutili sparissero, sarebbe la fine anche di questa nostra imperfetta esistenza”. Vi ritrovate in questa citazione?
Tutte le cose inutili sono proprio quei piccoli dettagli, superflui per qualcuno ma necessari e capaci di colmare una vita per altri. Quindi direi di sì. I piccoli gesti, uno sguardo, un sorriso, sommati insieme abbelliscono una vita.
“Quello che più conta è il viaggio” è una di quelle frasi sentite e risentite, ma voi la completate con: “E il nascondersi dal niente” e poi ancora “Quando nessuno ti cerca”. Che valore aggiunto danno queste due frasi al concetto di viaggio?
Il viaggio per noi è tutto. Tante volte abbiamo caricato la macchina e siamo partiti senza sapere cosa ci avrebbe aspettato. Il bello sta nello scoprirlo, con la felicità di un bambino che vede le cose per la prima volta. La doppia negazione del “nascondersi dal niente” descrive la nostra voglia di arrivare alle persone, per raccontargli la nostra vita nelle nostre canzoni, significa che bisogna spalancarsi tutto senza il bisogno di nascondersi mai. Anche quando nessuno ti cerca, anche senza l’aiuto esterno: noi lo facciamo perché è questo che siamo, perché ci smuove e ci muove il nostro cuore.
La utilizzate spesso come sfondo nelle vostre canzone, ma cos’è per voi la città?
La città delle nostre canzoni è la nostra, è Prato (a volte Firenze) e i posti che davvero hanno fatto da sfondo alle nostre vite. Nelle canzoni ci riconosco le vie, gli incroci, le case dei miei amici. In Opere sinfoniche è la città vista dalla collina che sembra un anziano senza più capelli. In Questa città è bella è il posto in cui non succede nulla, dove le cose devi iniziare a farle succedere perché da sole non accadrebbero mai: “Il terremoto dovrà essere merito tuo”.
Il video di Vammi a fondo ha la particolarità di essere girato da voi con un IPhone e montato in casa, da dove viene queste scelta?
Il video di Vammi a fondo è stato girato in una notte a casa del Meo con mezzi di fortuna. In realtà è stata una nostra scelta. Siamo sempre stati quelli del “do it yourself”, abbiamo messo sottovuoto i dischi, li abbiamo ritagliati, ci siamo sempre autogestiti tra date, grafiche etc. Anche se in questa avventura abbiamo accanto la spalla bellissima di Black Candy Records volevamo sentire forte un collegamento con ciò che siamo sempre stati. È semplice ma non anonimo, non freddo, è pieno di nostre cose (inutili).
Tra le vostre influenze dichiarate spiccano i Diaframma e i Massimo Volume. Tre canzoni su tutte che hanno influenzato il vostro sviluppo artistico?
Le canzoni entrano, escono, a volte qualche pezzetto e qualche idea rimangono. Se dovessi scegliere tre canzoni importanti per me direi Fiore non sentirti sola dei Diaframma (Un nostro pezzo scartato che si chiama Balla aveva proprio alla fine un rimando a quella canzone e la citava in “Fiore che sia breve il cammino che ti separa da quello che vuoi”). Poi Le nostre ore contate dei Massimo Volume per aver stravolto, al primo ascolto, ogni concezione di musica che avevo in precedenza. E infine Incontro di Guccini, il mio primo approccio alla musica, ascoltando a sette anni i vinili del babbo.
Cosa c’è nel vostro futuro? Tornerete a suonare in giro per l’Italia?
Abbiamo appena annunciato la prima tranche di tour (in aggiornamento) che curerà Locusta Booking, e noi ne siamo felicissimi. Partiremo il 2 marzo da Firenze e toccheremo Genova, Milano, Bologna, Campania, Puglia etc. Andate a cercare le date sulla nostra pagina. Non vediamo l’ora!