Dopo i due oscar vinti grazie a “La separazione” e “Il cliente” il regista iraniano torna sul grande schermo prendendo le distanze dai suoi ultimi lavori: cambia la lingua originale, il genere e, con un gruppo di attori d’eccellenza, da Penélope Cruz a Javier Bardem a Ricardo Darìn, mette in scena una storia drammatica, ispirata a un fatto vero, che gioca sul colore noir e ruota su un anomalo triangolo sentimentale. Spostando l’azione da Madrid a un paese dove tutti si conoscono. Nel bene e nel male
Asghar Farhadi torna sul grande schermo prendendo le distanze dai suoi ultimi lavori: cambia la lingua originale, il genere, e con un cast d’eccellenza mette in scena una storia drammatica che aspira alla categorizzazione del thriller. Il tutto in salsa spagnola. L’acclamato regista iraniano si era aggiudicato il premio Oscar per il miglior film straniero nel 2012 per Una separazione, e successivamente con Il cliente nel 2017. Il suo ultimo lungometraggio Tutti lo sanno, trae ispirazione da un fatto di cronaca avvenuto a Madrid che ha particolarmente colpito Farhadi, il quale però ha preferito ambientare la pellicola in un paesino dell’entroterra spagnolo, ricreando l’atmosfera del piccolo borgo dove tutti si conoscono e dove le notizie girano in fretta.
Numerosi parenti si ritrovano sotto lo stesso tetto, nella provincia della Rioja, per festeggiare il matrimonio dell’ultima figlia nubile di quello che un tempo era stato il “signorotto” del paese, un ricco e potente possedente dei terreni circostanti. Ormai decaduto a causa del gioco, il vecchio patriarca, ammaccato e alcolizzato, ritrova vigore negli affetti riuniti per il lieto evento, in particolare nella presenza di Laura (Penélope Cruz), figlia di mezzo che ha lasciato la Spagna anni prima per l’Argentina, dove vive insieme all’abbiente marito e ai figli.
Nella prima parte del film regna un’atmosfera di festa, con cibo e musiche tipicamente spagnole, il tutto incorniciato dai colori scolpiti nel nostro immaginario di quelle terre. Il clima sereno della festa viene però distrutto quando, durante il banchetto di nozze, si scopre che Irene (Carla Campra), figlia maggiore di Laura, è stata rapita. Devastata dal dolore e incapace di gestire la situazione da sola, essendo il marito rimasto in Argentina per motivi di lavoro, la donna trova la sua ancora di salvezza in Paco (Javier Bardem), amico d’infanzia e amore giovanile. Le dinamiche e le emozioni del passato riemergono inesorabili, così come i segreti e i non detti. L’evento traumatico lacera dall’interno l’intera famiglia, provocando sospetti e accuse tra parenti e amici storici, sotto gli occhi degli abitanti dell’intero paese, ignari spettatori di una tragedia in corso.
Laura cerca di essere forte, ma la disperazione prende il sopravvento nonostante l’arrivo del marito Alejandro (Ricardo Darìn), atteso deus ex machina che, facendosi carico delle scelte da intraprendere per patteggiare coi rapitori, potrebbe cambiare il corso degli eventi. A questo punto lo spettatore assiste alla nascita di un triangolo in cui i due uomini, con modalità assolutamente diverse, annaspano tra il dolore e la frustrazione di sottostare alle richieste dei rapitori, cercando allo stesso tempo di sostenere Laura: Barden è la roccia, il baluardo che ha atteso la donna amata per tanti anni, mentre Darìn interpreta un uomo fragile che si affida a Dio e non alle proprie risorse.
Farhadi racconta una storia, prendendosi tutto il tempo di presentarci il contesto, i personaggi e le loro relazioni, ma semina indizi che non sembra interessato poi ad approfondire, come i fantasmi mai affrontati che tornano senza preavviso nelle vite dei protagonisti. Rimane imparziale nell’analisi dei suoi personaggi, mostrandoceli per come sono, nella loro umanità più vera. Essi si spostano tra le vigne e le stanze di questa enorme casa che si estende in verticale come il campanile della chiesa di fronte, nella piazza principale del paese. Nonostante la bravura dell’intero cast, dall’amatissima coppia Cruz-Bardem a Darìn, i personaggi restano incastrati nei loro ruoli senza esplorarne totalmente la potenzialità.
E la lunghezza della pellicola non gioca neanche a favore della trama, laddove ci si aspetta di assistere da un momento all’altro ad un colpo di scena da vero thriller che però arriva forse troppo tardi, verso il finale. Certo lo scopo del regista non è per forza quello di tramandare un messaggio, ma piuttosto di far si che lo spettatore empatizzi con almeno uno dei suoi personaggi, e sicuramente con l’interpretazione della Cruz, che veste i panni di una madre straziata dal dolore, sembra riuscirci. Sicuramente un film sperimentale rispetto alle precedenti scelte registiche di Farhadi, che ha così colpito positivamente il pubblico mondiale con due premi Oscar, da poter rischiare di non riuscire ad eguagliarsi in bravura una terza volta.
Tutti lo sanno di Asghar Farhadi, con Penélope Cruz, Javier Bardem, Ricardo Darìn, Carla Campra, Eduard Fernàndez, Barbara Lennie.