“Tutti pazzi a Tel Aviv” di Sameh Zoabi, passato nella sezione “Orizzonti” all’ultima Mostra di Venezia, è un divertente racconto a doppio binario. Con giovane palestinese che abita a Gerusalemme ma lavora a Ramallah, sul set di una serie tv, e deve destreggiarsi tra un dispotico comandante israeliano, un’ex fidanzata che ama, lo zio produttore e una diva francese che lo vorrebbe con lei a Parigi
Sameh Zoabi, regista palestinese classe ’75, ha esordito nel lungometraggio con Men without a cellphone, nel 2011: il suo terzo film, Tutti pazzi a Tel Aviv, presentato alla Mostra di Venezia lo scorso anno nella sezione Orizzonti, esce ora in Italia. Il regista porta sullo schermo una commedia che, con un senso di grande ironia, non vuole banalizzare un argomento drammatico e forte come la situazione del suo paese, ma cerca di creare un luogo di discussione e riflessione. Salam (Kais Nashie) è un giovane palestinese che vive a Gerusalemme. Apparentemente indeciso sui propri obiettivi di vita, si ritrova a fare l’assistente ai dialoghi per una famosa soap opera chiamata Tel Aviv on Fire, introdotto sul set dallo zio che ne è il produttore. La fiction è ambientata a Tel Aviv nel 1967 e i personaggi rivelano il loro punto di vista sulla guerra arabo-israeliana con le paure dell’occupazione, le speranze e i dolori, usando una banale trama romantica come escamotage.
Essendo la serie prodotta oggi a Ramallah, Salam deve recarsi ogni giorno agli studi televisivi passando per un posto di blocco israeliano, e lì conosce Assi (Yaniv Biton), comandante incaricato dei controlli, la cui moglie è una fan della serie. Assi è deciso a farsi coinvolgere nella scrittura della soap, in modo da sapere in anticipo cosa accadrà e per cercare di manipolare gli eventi della fiction: il tutto allo scopo di impressionare la consorte e rivitalizzare il matrimonio, un po’ fiacco. Inizia così una collaborazione, e una pseudo-amicizia, tra il giovane palestinese “occupato” e il militare “occupante”, in cui però ognuno cerca di piegare i dialoghi al suo fine, entrare nel cuore dell’amata. Salam infatti, vuole a sua volta riconquistare il cuore di una vecchia fiamma, Mariam (Maisa Abd Elhadi) e lo fa richiamando la sua attenzione con le battute dei protagonisti della soap opera.
Il film, nonostante tratti di tematiche politiche e sociali delicate, sposa a tutti gli effetti l’anima della commedia, e con non poche risate consente al pubblico di immedesimarsi nel povero Salam, che dovrà destreggiarsi tra le richieste del comandante, fermo comunque anche sui propri ideali politici, le richieste degli attori protagonisti, la paura di perdere il lavoro e il desiderio di scrivere in libertà ciò che vuole. Oltre al tentativo di fare breccia nel cuore della bella e dolce Mariam.
La pellicola dunque, corre su due binari, quello della soap opera, dell’immaginario e della finzione, e la realtà della vita vera, dove i due protagonisti, così diversi tra loro per carattere, estrazione culturale e ideali, cercano di controllare a loro favore la storia della fiction. La narrazione allora, su entrambi i fronti, diventa un espediente per innescare dibattiti e riflessioni sull’attualità e sulla situazione israelo-palestinese. E quando la protagonista della soap opera Tala (Lubna Azabal), famosa attrice francese, cerca di convincere Salam a lasciare Gerusalemme, non gli parla della movida parigina, dell’ideale europeo o dello sfarzo, ma gli dice solo: “non c’è l’occupazione”, dunque la libertà.
Salam dovrà risolvere questo conflitto interiore, ma nel frattempo cercare una propria dimensione politica e valoriale, cosa che inizialmente nel film non sembra ben definita: lungo la trama, infatti, il suo personaggio farà un percorso di crescita e cambiamento radicale, mentre nella quotidianità lui si confronta ogni giorno con la realtà del checkpoint e dell’occupazione, e nella vita privata con uno zio che ha vissuto la guerra del ’67 e vede nella soap opera uno strumento per lasciare alle nuove generazioni valori e speranze che possano prerservarle dagli errori commessi da chi, come lui, si è sentito sconfitto. Una commedia tenera e vivace, che lascia uno spazio leggero a chi poi volesse passare a riflessioni più profonde e interiori. Il tutto contornato da piatti di hummus davvero invitanti.
Tutti pazzi a Tel Aviv, di Sameh Zoabi con Kais Nashie, Lubna Azabal, Yaniv Biton, Nadim Sawalha, Maisa Abd Elhadi