Il ritorno di una delle più grandi serie tv di sempre, reso indimenticabile dall’utilizzo non convenzionale della musica
«Is it future or is it past?»
È la domanda che Mike (Al Strobel) fa all’agente Dale Cooper (Kyle MacLachlan) in una delle prime scene del revival di Twin Peaks, ed è la domanda che ci siamo fatti in molti di fronte al ritorno dell’agente Cooper.
Twin Peaks sarà lo stesso di vent’anni fa, oppure sarà qualcosa di diverso? La risposta è nel mezzo: Twin Peaks è al tempo stesso passato e futuro, e continua la storia bruscamente interrotta nel 1991 sfruttando allo stesso tempo strumenti vecchi e nuovi. Il tutto magistralmente ideato da David Lynch, che non solo è autore e regista, ma anche sound designer della sua creatura.
A partire dalla colonna sonora, ancora una volta composta da Angelo Badalamenti. La sigla, con il tema originale, ci riporta in un ambiente ormai familiare, anche se le immagini che accompagnano la sigla sono diverse, e ci portano nella Red Room, con il pavimento bianco e nero che ondeggia davanti ai nostri occhi, quasi a disorientarci.
Rispetto alla serie originale, però, la coppia Badalamenti/Lynch ricorrono pochissimo ai themes, ai temi musicali dedicati ai singoli personaggi che pervadono le puntate delle prime due stagioni. Non significa che questi siano del tutto assenti: vengono utilizzati nei momenti in cui i personaggi, a distanza di 25 anni, riscoprono se stessi. Esempio lampante è il ritorno nel terzo episodio del tema di Laura Palmer (Sheryl Lee), quando Bobby Briggs (Dana Ashbrook) scoppia in lacrime di fronte ad una foto della giovane ragazza al centro del mistero del Twin Peaks originale, esclamando:
«Man, brings back some memories!».
La mano di Badalamenti si vede, e soprattutto si sente, lungo tutta la serie, con nuove composizioni forse meno riconoscibili, ma non per questo meno significative. Si tratta di motivi unici, che sottolineano alla perfezione alcune situazioni e poi svaniscono. Come nell’episodio 6, in una delle scene più forti della nuova stagione: Richard Horne (Eamon Farren) investe un ragazzino con un pick-up, mentre in sottofondo Accident / Farewell Theme di Badalamenti scandisce i tempi della scena. E, come accadde per il tema di Laura Palmer, questo pezzo è stato composto prima ancora che la sceneggiatura venisse scritta. In collegamento via skype, rispettivamente dalla studio di Los Angeles del regista e dallo studio nel New Jersey del compositore, invece che seduti uno accanto all’altro al pianoforte, Lynch raccontava la scena ad Angelo, mentre questi seguiva le indicazioni del regista suonando il motivo sul synth. E così, in tempo reale, come un quadro il brano ha preso vita.
La caratteristica forse più innovativa del nuovo Twin Peaks è però la presenza straripante di musica dal vivo. In tutte le puntate, spesso durante l’ultima scena e per tutti i titoli di coda, sul palco del Roadhouse bar della cittadina dello stato di Washington si esibisce una band. Non si tratta semplicemente di un sottofondo musicale mentre i personaggi dialogano tra loro: la telecamera si ferma sul palco per tutta la durata della performance. E tra gli artisti annunciati da un fantastico MC ( JR Starr), abbiamo selezionato le performance più degne di nota.
In una delle scene memorabili di Twin Peaks, James Hurley (James Marshall) imbraccia la chitarra e canta in un falsetto inverosimile Just You, mentre Donna Hayward (Lara Flynn Boyle) e Maddie Ferguson (Sheryl Lee) si cimentano in seconde voci angeliche. Al termine di questo improbabile duetto, Killer BOB (Frank Silva) attraversa il salotto ed “entra” nella telecamera, in una delle sequenze più inquietanti della storia della televisione. 25 anni dopo, sul palco del Roadhouse lo stesso James torna a cantare quello stesso pezzo, scritto a sei mani dall’attore, Lynch e Badalamenti durante le riprese.
Rebekah Del Rio, cantante americana di origine messicana, è una delle voci più amate da David Lynch: molti la ricorderanno per la performance a cappella di Llorando in Mulholland Drive. In Twin Peaks, episodio 10, torna davanti alla telecamera per il regista, accompagnata da alla chitarra da Moby – grandissimo fan della serie –, alle tastiere da Nick Launay, produttore tra gli altri di Nick Cave e Lou Reed, e alla batteria da Mick Flowers, attrezzista di set di TP. In un vestito dal motivo chevron che ricorda il pavimento della Loggia Nera, Rebekah Del Rio esegue la sua No Stars, scritta nel 2011 con John Neff e, guarda un po’, David Lynch.
La performance più potente è senza dubbio quella al centro dell’episodio 8, un vero e proprio capolavoro di sperimentazione. Poco prima di una sequenza visionaria, che in maniera assolutamente lynchiana cerca di raccontare l’origine della mitologia di Twin Peaks, sul palco del Roadhouse vengono annunciati i Nine Inch Nails. O meglio, “The” Nine Inch Nails, inside joke che i fan della band non hanno mancato di notare. She’s gone away, tratta dall’EP Not the actual event del 2016, contribuisce prepotentemente a delineare il mood dell’episodio. L’incedere di basso e batteria, la voce spettrale di Mariqueen Mandig, i suoni spaziali dell’italianissimo Alessandro Cortini, la risata demoniaca di Trent Reznor: la musica della Loggia Nera non può essere molto lontana da questa.
L’episodio 16, una delle puntate più dense dal punto di vista narrativo, si chiude con tre momenti musicali di altissimo livello. Prima viene annunciato Edward Louis Severson, nome di battesimo di Eddie Vedder, che nella penombra del palco, chitarra acustica in mano e panama in testa, suona l’inedita Out of sand. Poi l’mc torna sul palco per annunciare Audrey’s Dance, e la folla lascia spazio a Audrey Horne (Sherylin Fenn), che si lascia andare nella stessa danza jazz di quando, nella serie originale, per la prima volta comparve il tema di Badalamenti. Ci si aspetta di vedere scorrere i titoli di coda, e invece ecco che scoppia una rissa, e di colpo Audrey non è più al Roadhouse, ma in una stanza bianca, di fronte a uno specchio. Ora, sì, arrivano i titoli di coda, mentre in sottofondo Audrey’s Dance è suonata al contrario.