Fino al 25 maggio 2025 Nuova Galleria Morone di Milano presenta Interno/Esterno, la prima mostra personale in galleria di Ugo La Pietra, a cura di Elisabetta Longari, che pone al centro della riflessione, maturata fin dagli anni sessanta, il rapporto tra le persone e l’ambiente che le circonda, sia negli spazi privati che in quelli pubblici. Un lavoro che mira principalmente a portare lo spettatore alla piena consapevolezza delle dinamiche che regolano il nostro modo di abitare e interagire con lo spazio che influenza inevitabilmente i nostri comportamenti e plasma la nostra quotidianità.
Ugo La Pietra è un architetto che non ha mai costruito niente. Ma l’Architettura, elevata alla sua struttura più sociologica, politica e psicologica, è il tema centralissimo e portante del suo lavoro artistico e di tutta la sua riflessione, da borderline tra le arti quale è, architetto per gli artisti, artista per gli architetti, prima di tutto intellettuale e libero pensatore.

Ed è proprio quel suo porsi sulla linea di confine a rappresentare in realtà il territorio infinito e inesplorabile da esplorare, la stessa dimensione parallela di quella spaccatura, quel buco aperto da Franco Basaglia nel muro del manicomio. Antipsichiatria, quella di Basaglia, dove la cura diventa prima di tutto l’inclusione e la condivisione che simbolicamente si realizza proprio in quella soglia feconda del passaggio, in quel varco dimensionale dove il linguaggio non è né quello del dentro né quello del fuori e una lingua comune va inventata e ridefinita di continuo attraverso il dialogo alla pari. Antiarchitettura, quella di Ugo La Pietra, dalle caratteristiche assai affini a quelle basagliane. Rompere, sfondare il muro; mischiare le carte, ripensare la “normalità”. Spostare i mobili in terrazza, il soggiorno in strada, confondere l’interno con l’esterno, interagire rompendo le barriere tra spazio privato e spazio pubblico, perché abitare è essere ovunque a casa propria.

Abitare, dunque. Come Abito. Come Abitudine. Parole concettualmente distinte ma accomunate da un etimo comune che risale ad Habere, Avere: una casa, un’attitudine, un identità. Elementi strutturali dell’umana esistenza che, rimessi in gioco, aprono a nuove possibilità combinatorie, a una visione e una fruizione dell’esistenza collettiva su abitudini e abiti diversi, abitando, tutti assieme, il mondo. È così, in Basaglia come in La Pietra, che il confine, la barriera, la chiusura diventano aperture tra un interno e un esterno che, a questo punto, perdono il loro valore semantico e si fondono nel caotico rimescolamento di carte messo in atto, luoghi nuovi in cui anelare a una nuova consapevolezza esistenziale. E come dal manicomio di Trieste uscì, ormai più di cinquant’anni fa, lo sbilenco e rivoluzionario Marco Cavallo, equino di cartapesta blu che sfondò i muri e scombinò le abitudini dei triestini ricongiungendo in modo del tutto inedito i “matti” e i “sani” nelle vie della città, così dal lavoro di Ugo La Pietra escono “oggetti disequilibranti” che hanno il medesimo scopo di rompere malsane abitudini per ripensare assieme il mondo e la vita. “Un pezzo di strada nella stanza, un pezzo di stanza nella strada”, ripete come un mantra l’artista attraverso opere, interventi, libri, articoli che lo hanno sempre impegnato per cercare di incoraggiare politici, intellettuali e progettisti a una visione che portasse verso il superamento di questa barriera tra spazio privato e spazio pubblico, con un’attitudine, un habitus da artista rinascimentale. Un attitudine che è ora allestita in Interno/Esterno, la sua prima personale in galleria alla Nuova Galleria Morone di Milano, a cura di Elisabetta Longari, che raccoglie opere dagli anni Sessanta a oggi, dal set fotografico dove appunto interno ed esterno si fondono offrendosi all’interazione del pubblico, ai fotomontaggi e disegni articolati come progetti anti-architettonici di sovvertimento dell’idea stessa di progetto.

Opere che si offrono con titoli politicamente suggestivi come Abitare è essere ovunque a casa propria. L’interno verso l’esterno – al balcone del 1980, che ben sintetizza la poetica e l’etica di La Pietra. Qui, in uno scatto fotografico, delle signore di paese stanno sedute come da tradizione con le sedie sul marciapiede in un giorno d’estate, circondate dai disegni di due case cubo tipiche della produzione dell’artista. Ma i balconi di quelle case non sono più circondati da ringhiere bensì da una sedia l’uno e da una poltrona l’altro. L’abitudine di abitare il mondo esterno portata all’interno dell’abitazione come oggetto di passaggio simbolico di nuovo verso l’esterno. Mentre sotto la foto delle matrone campeggia un disegno su carta millimetrata – a conferire una precisione talmente estrema dell’irreale da risultare patafisica – in cui una donna corpulenta, sensuale e accaldata si sporge ignuda dal balcone, che ancora non è una ringhiera ma una morbida poltrona aggettante nel vuoto, a cui la figura mollemente si appoggia.

È un serissimo gioco di realissima surrealtà, quello di Ugo La Pietra, che cerca l’abbraccio e la condivisione, la partecipazione attiva del pubblico chiamato all’azione sinergica verso un’utopico ripensamento della realtà sociale. Un gioco tanto provocatorio, ironico e poetico quanto disatteso dalla storia. Una visione, come fu per quella di Basaglia, oggi più che mai drammaticamente urgente e improrogabile.
Ugo La Pietra, Interno/Esterno, Nuova Galleria Morone, Milano, fino al 23 maggio 2023
In copertina: Ugo La Pietra, Abitare è essere ovunque a casa propria – Interno Esterno, 1977, fotomontaggio con disegni originali, cm 70×50, particolare