Il meglio e il peggio del teatro nel 2016: ecco le scelte della redazione, tra passioni forti e qualche delusione…
Quest’anno, ahinoi (o per fortuna, verrebbe spontaneo ammettere) la redazione di Cultweek saluta il 2016 nella maniera più frastagliata immaginabile – attenzione, frastagliata, non scissa!
Eppure non c’è stato lo spettacolo molotov, in grado di intrecciare le istanze di tutti e di accendere la famosa miccia collettiva. O meglio: ci sono state – come sempre, del resto – una serie di suggestioni e di titoli che siamo felici di avere apprezzato e di continuare a sostenere. E siccome il teatro è fatto anche di sussulti infastiditi, di occhi tirati al cielo e di benedetta insofferenza, abbiamo individuato una serie di titoli che alcuni membri della nostra redazione non hanno troppo amato.
Tra le segnalazioni “positive”, un riscontro felice va a Drammatica Elementare (Fratelli dalla Via, passato in Triennale lo scorso ottobre, immagine in evidenza), lo zibaldone sull’ignoranza di cui non si è parlato a sufficienza ma che emerge come uno dei titoli più interessanti della passata stagione, in grado di passare al setaccio tutte quelle insufficienze morali e culturali del nostro tempo che pretendono di assurgere ai livelli della ragione. E sulla stessa scia, seppur con forme diverse, si snodano i pensieri di un altro dei titoli che la nostra redazione ha molto apprezzato: il fluviale capolavoro di Georg Büchner, Morte di Danton, che nel 1835 ha posto le basi per una riflessione generativa sul concetto di rivoluzione, di trasformazione e cambiamento, declinata al Piccolo con intelligente ambizione da un Mario Martone in forma scintillante (su traduzione di Anita Raja e con un super cast, da Battiston a Mahieux, da Graziosi a Pierobon). Altri grandi nomi, tuttavia, non sono sopravvissuti all’hype generato dalle loro produzioni: un po’ sottotono sia la Casa di Bambola ibseniana riletta da Andrée Ruth Shammah (nonostante poco ci sia da dire sulla vibrante interpretazione di Marina Rocco) che l’Otello dell’Elfo ingelosito da De Capitani e da Lisa Ferlazzo Natoli. Tante le motivazioni per accostarsi a questi spettacoli, peraltro tra i titoli di punta di due teatri, il Parenti e l’Elfo, che amiamo e seguiamo da sempre con amore, ma forse gli stimoli effettivi sono stati inferiori alla purezza delle intenzioni. Un pizzico di delusioni anche per un debutto di lusso: Go.Go.Go, esordio alla regia teatrale di Aleksandr Sokurov, liberamente tratto da Marmi (l’unico testo pensato per la scena da Iosif Brodskij) ad alcuni di noi è sembrato debole e confuso, zeppo di cliché e fiaccato da un ritmo poco esaltante.
E se non abbiamo fatto i salti mortali nemmeno per il Macbeth di Branciaroli, né per il Pride di Alexi Kaye Campbell diretto e interpretato da Luca Zingaretti, siamo rimasti incantati dalla crescente autorevolezza e dal rigore assoluto con cui Antonio Latella orchestra il suo modo di fare teatro: in Santa Estasi (foto) si alternano sedici attori, tanti drammaturghi, sullo sfondo la tragedia degli Atridi. Uno spettacolo rigoroso, come si diceva sopra, capace di contenere un bacino di tensioni di impressionante solidità. E, seppur per ragioni diverse, ci è piaciuto molto anche il Casanova malinconico e crepuscolare disegnato da Arthur Schnitzler e diretto da Federico Tiezzi con un grande Sandro Lombardi, e abbiamo avuto qualche riserva sui corsi e ricorsi storici dell’Editore di Loris all’Out Off – nonostante l’impegno nel rileggere l’intensa esperienza biografica di Feltrinelli. Abbiamo sognato davanti alle coreografie di Aterballetto e al teatro di Lev Dodin con Gaudeaumus del Maly Teatr di San Pietroburgo (entrambi al piccolo), siamo rimasti piacevolmente sorpresi dai caleidoscopio, rutilanti reietti di Berlin Berlin di Teatro della Contraddizione.
E siamo sicuri che tanti altri sono gli spettacoli che abbiamo amato, detestato, immaginato: un brindisi – anche simbolico – a questo anno. E a quello a venire: mister Latella, al Piccolo, ci tornerà con Pinocchio (da gennaio 2017), un compendio sulla menzogna come strumento insindacabile per affrontare il presente, un ragionamento trasversale a grandi e piccini che elegge il suo medium nel… naso. E, per parlare di nuovi arrivi, madame Emma Dante – sempre al Piccolo – in Bestie di scena racconterà dal 28 febbraio la fugacità, la furia primordiale e la “vergogna” (generativa, terrorizzante, unica) in seno al mestiere dell’attore: un meccanismo segreto che svela il processo con cui nasce e si forma un individuo. Al centro c’è lui con i suoi movimenti scoordinati e selvaggi, lui che traccia percorsi più importanti della meta, che cerca strade non ancora battute. È lui il cuore pulsante dell’esercizio (E. Dante, fonte: www.piccoloteatro.org). In arrivo nel 2017, inoltre, alcuni grandi classici (non solo teatrali, ma soprattutto in arrivo dall’universo romanzesco) re-interpretati da visioni odierne di lancinante attualità.
In via Rovello Sonia Bergamasco sarà invece alle prese con una regia ambiziosa: quella di Louise e Renée, ispirato al capolavoro di Balzac (1841) Memorie di due giovani spose e adattato per la scena dal golden boy Stefano Massini. E se all’Elfo c’è grande attesa per l’incisivo Scandalo, feroce apologia di colpe, rabbia e dolori di Schnitzler con l’accoppiata Rocca-Castellano, al Parenti scaldano i motori in vista della Madame Bovary per la regia di Andrea Baracco, riscritta da Letizia Russo e interpretato da Lucia Lavia. Quello stesso Parenti dove, quest’anno, è passato uno degli spettacoli più riusciti: il dissacrante, crudele, memorabile Variazioni Goldberg del geniale George Tabori, diretto e interpretato Luca Micheletto. All’anno prossimo…