“Sorry we Missed You” è un duro ritratto del mondo del lavoro contemporaneo, sempre più frenetico e senza diritti, sottopagato e precario. E il regista inglese di tanti film di denuncia sulle condizioni di vita dei più deboli ci costringe a riflettere su come tutto questo finisca per rendere sempre più difficile avere una vita privata e familiare felice
Ci sono storie che cambiano il nostro punto di vista sulle cose del mondo. Sorry We Missed You è una di quelle. Non potremo più seccarci allo stesso modo quando vedremo un furgone parcheggiato malamente, magari in doppia fila, creando disagio a tutti. Non potremo più approfittare degli ordini on line con la stessa disinvoltura di prima, tantomeno entusiasmarci per la sollecita consegna della nostra nuova richiesta. La colpa, o il merito, di tutto questo è di Ken Loach, ultraottantenne regista inglese che da decenni racconta la vita grama dei subalterni, quelli che devono campare di un lavoro sempre più sottopagato, sempre più precario, sempre più evanescente.
Questa volta, con la abituale complicità di Paul Laverty per la sceneggiatura, che significa anche ricerca e documentazione, Loach racconta di Ricky e Abby, una coppia sposata di Newcastle con due figli, il maggiore adolescente, la minore più piccina. Non hanno risorse e neppure grandi prospettive, ma sono una famiglia unita e solidale. Mamma saltabecca da un quartiere all’altro per dare assistenza domestica agli anziani, e lo fa con affetto e sensibilità. Lui ha fatto diverse cose e ora vorrebbe svoltare, almeno per poter comprare una casa alla famiglia.
Nulla di esagerato, un sogno modesto, in fondo. Così si lascia convincere e diventare imprenditore di se stesso come autotrasportatore. Facile a dirsi. Anche perché la società che appalta il lavoro è sempre in cerca di nuove reclute. La realtà però è diversa. Tanto per cominciare, devi comprarti un furgone, che, anche usato, costa. Quindi bisogna vendere l’auto, che però consente ad Abby di muoversi per raggiungere le case dei vari assistiti, questo la costringerà a usare i mezzi pubblici. Per quanto condivisa, la faccenda ha i suoi risvolti problematici. Poi c’è bisogno dell’aggeggio elettronico che sovrintende le consegne. Poi ci si scontra con il sovrintendente che assegna le aree, con il traffico, il parcheggio e le multe, con quelli che non sono in casa, con quelli che sono in casa ma non vogliono più la consegna.
Insomma, un ginepraio con l’incubo del tempo che non basta mai, perché la tua agenzia è stritolata da chi sta sopra e pretende, e quindi si rivale su di te che se non rispetti tempi folli rischi non solo di non guadagnare, ma di inabissarti, mentre le rate del furgone continuano ad arrivare. E allora tocca inventarsi di fare pipì in una bottiglietta per risparmiare tempo, tocca litigare con chi ti multa, tocca confrontarsi con un mondo in cui ogni diritto del lavoratore è andato a remengo perché la grande menzogna è che tu ora sei un imprenditore, non più un dipendente.
Qualcuno potrà accusare Ken Loach, come sempre, di fare comizi e non cinema, ma sono solo coloro che mai si fermano a riflettere, non solo sulla deriva complessiva del nostro vecchio mondo, sempre più vecchio e sempre più alla deriva, ma anche sul grande talento di Ken, capace di fare recitare e rendere credibili dei fantastici non attori, di rappresentare una realtà che ci circonda e che non conosciamo, e, perché no, di scuoterci emotivamente dal torpore in cui siamo precipitati ebbri di internet e di ordini on line con consegna ultrarapida.
Sorry we Missed You, di Ken Loach, con Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor, Ross Brewster, Charlie Richmond