“Un mostro dalle mille teste” dell’ottimo regista uruguagio-messicano Rodrigo Plà (“La zona”, “La dimora”) racconta l’impossibile, grottesca, erculea battaglia di Sonia per ottenere dal sistema sanitario le medicine indispensabili a curare la grave malattia del marito. Se il film ha un efficace andamento da thriller, l’evidenza degli interessi economici e delle ottusità burocratiche disegnano però una denuncia politica esplicita e ben condotta, anche grazie all’ottimo cast di interpreti
Kafka accompagna Ercole nella seconda delle sue fatiche, quella contro l’Idra di Lerna, il celebre mostro dalle mille teste. Questo potrebbe essere un ologramma di Un mostro dalle mille teste, reduce lo scorso anno dalla Mostra di Venezia, ultima – ma non dodicesima fatica – del 48enne Rodrigo Plà, autore del più celebre e “politico” La Zona (2007), uscito e apprezzato anche in Italia, premiato ai festival di Roma, Toronto e Venezia e del più recente, angoscioso La dimora, passato con successo e premi alla Berlinale 2012.
Il regista uruguayano, che vive in Messico da tanti anni, veste di erculea determinazione la sua protagonista Sonia Bonet (Jana Raluy, attrice televisiva quasi esordiente al cinema), che dovrà sconfiggere il mostruoso sistema burocratico delle assicurazioni sanitarie messicane. La vicenda si svolge in poco più di ventiquattro ore e narra il vano tentativo di Sonia di ottenere dalla compagnia il farmaco salvavita che solo può porre fine alle sofferenze del marito gravemente malato, figura dirompente della vicenda, che non comparirà se non per qualche brevissima sequenza iniziale. E se non proprio mille, sono davvero molti i volti della bestia che la donna dovrà vincere prima di poter ottenere cioè che desidera, dalla segretaria che ostracizza l’incontro col primario che ha in cura il marito alle molte altre figure necessarie per ottenere il placet all’acquisto e all’uso delle medicine. Perché, sotto la vicenda individuale, c’è la connivenza tra medici compiacenti, se non direttamente corrotti, e avide assicurazioni decise a non aiutare i loro clienti-pazienti meno redditizi.
Un mostro dalle mille teste è una denuncia politica ben vestita da thriller, dove l’elemento di suspance e brivido è reso ancora più evidente da una sorprendente somiglianza tra Sonia e la Wendy dell’Overlook Hotel di Shining di Stanley Kubrick. Ma, spogliando la pellicola da quel retrogusto misterioso in cui è immersa, quel che ne resta è la lotta di un(a) novella Mr K (o John Q, per citare un ultimo excursus cinematografico in tal senso) contro una selva velenosa di corruzione e potere. Il sapore è quello dell’uno contro tutti, in cui la disperata e disperante ricerca di giustizia termina nella follia: nessun personaggio ne uscirà sano e incolume, tutti scenderanno ammaccati e doloranti da questo palcoscenico di vita in cui ciascuno ha torto e ragione.
Sostenuta dalla linearità della vicenda, a convincere è la messa in scena di Plà, impreziosita da un uso magistrale della macchina da presa che, rendendo lo spettatore voyeurista, gli mostra la vicenda da punti di vista del tutto inaspettati. Macabro e grottesco il finale, in parte anticipato da una struttura a due piani che a metà dell’opera annuncia in voice-over l’esito di una parabola delirante.
Un mostro dalle mille teste di Rodrigo Plà con Jana Raluy, Sebastián Aguirre, Hugo Albores, Nora Huerta, Daniel Giménez Cacho