Una madre coraggio testimone d’accusa del regime iraniano

In Cinema

Nader Sayevar, con l’aiuto del maestro Jafar Panahi, qui sceneggiatore e montatore, racconta un femminicidio che rimane impunito e insieme il clima di oppressione e violenza verso le donne del regime degli ayatollah. Solo Tarlan (la bravissima Maryam Bobani) chiede giustizia per la morte della figlia adottata Zara, vittima del marito, uomo d’affari legato al governo. Ma polizia e giudici fanno muro per difendere un potente da una donna che si rifiutava di indossare il velo. La speranza in un futuro diverso è ora nelle mani della nipote, emblema delle giovani generazioni ribelli al potere

La centralità dell’Iran nel panorama internazionale, tra la guerra con Israele, l’appoggio a vari movimenti armati e la condizione dittatoriale imposta internamente soprattutto alle donne, ha portato i festival e i distributori internazionali a distribuire molti film da quel paese, un numero decisamente maggiore rispetto a tutte le altre cinematografie della zona. E parecchi di questi titoli sono comunque decisamente interessanti non solo per i temi che trattano e il quadro che ci danno “sul campo”. Tra questi ha certamente un posto significativo La testimone, frutto della collaborazione tra uno dei maestri del cinema iraniano, Jafar Panahi, qui co-sceneggiatore e montatore e il regista Nader Sayevar, che per lui aveva sceneggiato il recente Tre volti (2018) vincendo un premio al Festival di Cannes. Panahi, a più riprese vittima dei governi degli ayatollah fin dal 2010, è stato arrestato nell’estate 2022 per la sua adesione ai movimenti popolari di protesta e alcuni mesi dopo è stato rilasciato, a inizio 2023, su cauzione. In qualche modo questo è anche il suo primo lavoro con le immagini dopo il carcere.

Al centro del film c’è Tarlan, un’insegnante in pensione, con un passato a sua volta di prigioniera politica e un presente da attivista sindacale e per i diritti delle donne, che sostiene la figlia adottiva Zara nel suo impegno di direttrice di una scuola di danza – visibile nella sequenza coreografica d’apertura, molto delicata – ma anche nella scelta di non indossare più l’hijab, il velo nero, in pubblico. In questo è osteggiata non solo dal regime in generale, ma soprattutto dal marito Solat, uomo d’affari legato agli ambienti del governo che tutto vuole tranne che un’oppositrice tra le mura di casa.

I litigi coniugali, che in più di un caso sono finiti in aggressioni reciproche, hanno però un esito tragico. Viene trovato il corpo senza vita di Zara. Ma l’assenza di indizi probanti a carico del marito, che probabilmente l’ha uccisa, e la scarsa disponibilità della polizia a inimicarsi un potente, portano alla chiusura dell’inchiesta. Tarlan, che in qualche modo è stata testimone dell’uxoricidio, sia pure a posteriori, tenta a più riprese di sostenere la colpevolezza di Solat, ma il regime fa muro, anche giudiziario. Anzi, dopo varie minacce dirette e velate, alla fine la molto combattiva signora viene costretta a deporre le armi per non rovinare il futuro di Ghezal, figlia di Zara, che nell’epilogo, a modo suo positivo, del film, pare intenzionata a raccogliere l’eredità artistica (e forse non solo) della madre.

I titoli di coda di La testimone, termine che qui che va inteso nel doppio senso di conoscitrice di elementi chiave in un delitto ma anche di osservatrice dell’attuale tormentato momento del suo paese, mostrano immagini delle manifestazioni seguite all’assassinio (nella realtà) di Mahsa Amini e allo svilupparsi del movimento “donna vita libertà”, che ne ha raccolto l’eredità politica e umana. E ai volti e ai gesti di molte donne uccise dalla forze di polizia o dai pasdaran nelle strade di Teheran e altrove, gran parte della quali giovani, il film è dedicato.

Come pure al coraggio di una signora in età (e soprattutto alla sua impeccabile interprete Maryam Bobani, i cui sguardi e silenzi “parlano” moltissimo) che mette a rischio se stessa per difendere una gioventù femminile a cui viene imposto di obbedire o rischiare di perdere la vita o almeno la libertà di esprimersi. Così questo racconto, che per lunghi tratti mette in parallelo strutture e atmosfere noir ai significati politici e civili degli eventi, vira decisamente con passione verso questi ultimi. Suggerendo, nell’attuale clima di oppressione nel paese, il ricorso alla solidarietà per difendere la propria dignità e le proprie idee.

La testimone, di Nader Saeivar, con Maryam Boobani, Nader Naderpour, Abbas Imani, Ghazal Shojaei, Hana Kamkar, Farid Eshaghi  

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