Dal 1973 al 1985 il futuro presidente dell’Uruguay fu imprigionato e torturato dai militari, assieme ad altri suoi amici e militanti del movimento Tupamaros: “Una notte di 12 anni” di Alvaro Brechner ricorda con pathos e rigore stilistico anni davvero terribili, ma anche le idee, il coraggio che hanno consentito a quegli uomini di sopravvivere. Per diventare poi la classe dirigente del loro paese
Qualunque film parta da un passo di Franz Kafka sulla tortura non può che scuotere la mente degli spettatori. Ma il film del regista uruguaiano Álvaro Brechner Una notte di 12 anni, sulla degradante incarcerazione di tre prigionieri politici durante la dittatura militare reazionaria che restò al potere dal 1973 al 1985, non è un superficiale crogiolarsi sull’arte della crudeltà. E innanzitutto perché è una storia vera, ricavata dalle esperienze di vita dei protagonisti, catturati come membri del movimento radicale Tupamaros, legato al sindacato uruguaiano, che venne represso durante il colpo di stato militare.
Il film inizia in una notte nel 1973, con un colpo di scena che vede le truppe in uniforme invadere una prigione per portare via nove rivoluzionari. Noi però ci concentriamo sulle esperienze di tre: Pepe Mujica (Antonio de la Torre) che è poi diventato il 40mo presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, Eleuterio El Ñato Fernández Huidobro (Alfonso Tort), futuro Ministro della Difesa, e Mauricio “Ruso” Rosencof (Chino Darín), che in seguito divenne assessore alla cultura della città di Montevideo. Furono tutti e tre portati via dalle loro celle, sottoposti a un isolamento mirato e prolungato che somigliava più a una drammatica situazione di presa di ostaggi più che a una sentenza dettata dalla legge.
Alvaro Brechner ricostruisce questo oscuro capitolo nella storia uruguaiana senza ricorrere a una pacchiana propaganda politica. La sua attenzione è rivolta alle persone, la narrazione consente al pubblico di connettersi con i protagonisti, i loro dilemmi e le intense sofferenze: e l’empatia è immediata. I suoni e le immagini sono molto efficaci, in particolare le allucinazioni e i momenti di comunicazione tra le cellule per mezzo del bussare alle pareti della prigione. Il regime militare intende annientare questi uomini senza eliminarli: «poiché non possiamo ucciderli, facciamoli impazzire».
Anche se qua e là emergono occasionali esempi di dignità – l’accordo “benefico” di Ruso con un sergente per cui scrive lettere d’amore come ghostwriter, in cambio di piccole concessioni; l’intervento di un medico compassionevole (Soledad Villamil) per aiutare Mujica, ormai al limite della pazzia – non è un film di prigionia che comunque garantisca una riserva di speranza, per addolcire l’incubo. La storia (e il titolo) ci dicono che c’è stata una fine, ma sappiamo che questi uomini si sono dovuti riprendere dalla loro esperienza. Questa vicenda ha forse più probabilità di avere un forte impatto per coloro che hanno vissuto gli orrori di questo periodo, e che hanno visto l’emergere Mujica come leader politico, ma Una notte di 12 anni ha certo anche il merito di evitare le facili trappole delle narrazioni in cui si vede il trionfo dello spirito umano nonostante pesanti soprusi: a volte non si può andar oltre la resistenza a ciò a cui si è sottoposti, e questo è già sufficiente.
Il film è davvero ben costruito e accattivante, l’argomento è trattato con cura e rispetto, giocando sul lato umano di questa terribile prova, grazie anche una solida recitazione. E non indaga genericamente il panorama politico dell’Uruguay, ma al contrario si concentra sui metodi usati allora dai militari per conquistare e rimanere al potere. Ed è anche un potente promemoria sull’importanza delle leggi internazionali sui diritti umani, e su come la loro non curanza, e il disprezzo, possano portare a perversi, inumani, persino diabolici esperimenti. Ma, sopra ogni altra cosa, è questo un campanello d’allarme per la minaccia alla democrazia che molti paesi sudamericani stanno vivendo, anche ora.
Una notte di 12 anni, di Álvaro Brechner, Con Antonio de la Torre, Chino Darín, Alfonso Tort, Soledad Villamil, Sílvia Pérez Cruz, César Troncoso, Nidia Telles, Mirella Pascual, César Bordón, Luis Mottola