Paula Beer, premiata alla Berlinale, è la fin troppo perfetta protagonista del nuovo film di Christian Petzold, una trama complicata che mescola civile rassegnazione e voglia sanguinosa di vendetta. La sua è una passione sempre in bilico tra realismo e sogno, giocata su immagini stratificate, complesse da interpretare, ricche di senso. Vicino a lei la faccia sghemba, picassiana dell’ottimo Franz Rogowski
Undine (Paula Beer) lavora al Märkisches Museum di Berlino. Il suo compito è raccontare a gruppi di silenziosi visitatori lo sviluppo urbanistico della capitale tedesca, con l’ausilio di una serie di immensi plastici. Un lavoro che svolge con scrupolo, studiando e preparandosi, anche se fin da subito la vediamo arrivare in ritardo, con la testa altrove e gli occhi arrossati di lacrime. Il fidanzato, un bellimbusto di nome Johannes (Jacob Matschenz), l’ha appena lasciata perché innamorato di un’altra, e lei è incerta tra l’idea di accettare l’accaduto con civile rassegnazione e la tentazione di mettere in atto una sanguinosa vendetta. Per la verità ci sarebbe anche una terza via, di gran lunga la migliore: trovare consolazione e felicità accogliendo nella sua vita un nuovo amore, Christophe (il magnifico Franz Rogowski), che per caso si affaccia a distanza di pochi minuti proprio nel bar a due passi dal museo dove Undine e il fidanzato erano soliti incontrarsi. Ma le vie dell’amore e del dolore, si sa, sono spesso accidentate e labirintiche, e scegliere una strada invece che un’altra può rivelarsi più arduo del previsto.
Più complicato del previsto potrebbe rivelarsi anche il compito dello spettatore davanti a Undine – Un amore per sempre di Christian Petzold, un film che si presenta, a partire dal titolo e dall’immagine della locandina, come una storia romantica, magari anche un po’ banale, e si rivela ben presto un oggetto narrativo non così facile da decifrare, ricolmo di svolte e tranelli, di dialoghi che sembrano realistici, e non lo sono, e immagini che si presentano come oniriche ma in realtà risultano soprattutto stratificate, impossibili da interpretare senza tener conto di tutti i livelli di significato e le sovrapposizioni di senso. Proprio come la città di Berlino, così ben rappresentata, proprio nelle sue stratificazioni storiche, dai plastici che occupano le sale del museo.
È costellato di scelte bizzarre e affascinanti il nuovo film di Petzold, già autore del pregevole Transit uscito da noi col brutto titolo La donna dello scrittore. A partire dal protagonista, Franz Rogowski , bravissimo ma contraddistinto da una faccia sghemba e inquietante che sembra uscita da un quadro di Picasso. E che dire dell’idea di trasformare la città di Berlino in un vero e proprio personaggio? E per giunta decidendo di non mostrare praticamente nulla della capitale tedesca, giusto lo scorcio tra l’ingresso del museo e il bar frequentato da Undine.
Da un certo punto di vista, l’unica scelta banale è forse la protagonista femminile, Paula Beer, premiata come miglior attrice all’ultima Berlinale. Non che non sia all’altezza del compito: anzi, è brava e bella, ma il suo aspetto appare fin troppo adatto a dare corpo a Undine, figura complessa nata dalla fusione tra il personaggio del tutto realistico di una giovane donna in cerca di amore e quello letterario e fiabesco di una reincarnazione del mito nordico di Ondina. Insomma, la sua finisce con l’essere un’immagine fin troppo integrata e compiuta all’interno di un film assolutamente, felicemente disintegrato. Disintegrato come il grande acquario che Christophe manda in pezzi in una delle prime scene del film, producendo una bomba d’acqua e schegge di vetro che travolge i due protagonisti. Legando indissolubilmente i loro destini sotto il segno dell’acqua e della passione che non conosce limiti e crede nell’eternità, nella vita che vince la morte, in barba alle leggi della fisica e contro ogni ragionevolezza.
Un film liquido, appassionato, struggente, costruito per quadri serrati guidati da un’ossessiva e ostinata ricerca di senso, che si compone davanti ai nostri occhi attraverso una serie infinita di piccoli e grandi rimandi, alcuni davvero meravigliosi come quello tra il sommozzatore giocattolo che perde una gamba cadendo dal tavolino e il palombaro Christophe che ripara turbine idroelettriche incastrate sul fondo di limacciosi bacini pieni d’acqua scura. Una storia d’amore ma soprattutto un racconto mitico, liquido, di rinascita e resilienza. Nonostante tutto.
Undine – Un amore per sempre di Christian Petzold, con Paula Beer, Franz Rogowski, Maryam Zaree, Jacob Matschenz, Gloria Endres de Oliveira