In piazza per la legge 194 e la libertà delle donne: la grande manifestazione del 2006 al centro di un libro che racconta e ridiscute il percorso lungo 10 anni di Usciamo dal silenzio. Rievocare il passato per vigilare e combattere adesso, in tempi difficili
Accadeva nel 2005, quasi vent’anni fa. Un giorno di novembre e precisamente il 22 alle due del pomeriggio Assunta Sarlo manda ad amiche e compagne una mail, una sorta di “messaggio in bottiglia” per condividere la rabbia per l’attacco sferrato dal governo Berlusconi alla legge 194 e lo stupore per il silenzio delle donne di fronte a questo ennesimo attacco alla loro libertà, “Ma dove siamo? Dove siete?” si domanda. Le donne ci sono, rispondono, si mette in moto un tam tam che sfocia nella proposta di un’assemblea sette giorni dopo, alla Camera del lavoro. Sono più di mille. Compatte, decidono per una grande manifestazione a Milano. Che si tiene il 14 gennaio 2006, una bellissima giornata di sole con più di duecentomila donne in piazza, precedute da un grande striscione azzurro “Siamo uscite dal silenzio” , perché Usciamo dal silenzio si chiama il neonato movimento.
Ma perché ne parliamo ora? Solo un nostalgico ricordo di quello che le donne, se vogliono, sanno fare? Ne parliamo perchè a ricordarci tutto questo, il prima, il durante e il dopo è uscito ora un piccolo libro scaricabile gratuitamente Usciamo dal silenzio, una storia di donne che raccoglie e riordina i materiali conservati negli archivi della Fondazione Badaracco , a cura di Maria Grazia Gambardella e con la postfazione di 4 tra le fondatrici di Usciamo dal silenzio Manuela Cartosio, Maddalena Gasparini, Cristina Pecchioli e Assunta Sarlo. Materiali che ridiventano vivi, parlanti per rinverdire la memoria non nel senso di rimpianto o di nostalgia (com’era verde la mia vallata…), ma nel senso di ritrovare quell’energia che ci servirà molto nei tempi duri che oggi ci aspettano.
Quindi mi sembra che sia un libro utile, direi utilissimo perché, come peraltro dice Manuela Cartosio nella postfazione “È servito a fare memoria perché molto avevo dimenticato”.
E credo sia servito a molte donne (e anche a qualche uomo)perché, attraverso la cronistoria di ciò che ha fatto Usciamo dal silenzio, vedere nero su bianco questo percorso ci ricorda che le donne non sono state zitte, al contrario hanno pensato, discusso, organizzato moltissime cose, a partire dalla grande manifestazione del 2006.
Fa dunque emergere al di là della luminosa giornata del 14 gennaio che non si è certo cancellata dalla memoria, tutto quello che è stato fatto. Ed è tantissimo: manifestazioni, discussioni, seminari, prese di posizione non solo sulla 194, sui consultori ecc, ma anche sulla violenza contro le donne, sulla rappresentanza, sulla interlocuzione con la politica istituzionale, con i sindaci, in particolare con Giuliano Pisapia nel 2011.
Non solo è un libro utile, è anche un libro caldo, perché non si limita a enumerare e raccontare quello che è stato fatto, ma fa emergere le emozioni, i sentimenti, le passioni che sostenevano i fatti e che erano così vive in quella fase. “Ripercorrere il cammino di UDS ha significato riandare a quella felicità del noi, a quell’esplosione collettiva che ho provato soprattutto nelle prime fasi; una felicità politica allo stato puro” come alcune hanno sottolineato. Ed è forse qualcosa che abbiamo perduto.
Ho molto, moltissimo apprezzato la decisione di trasformare la postfazione in una conversazione tra le fondatrici di UDS, tra quelle che in prima persona lo hanno pensato, organizzato e fatto vivere per più di dieci anni. L’ho apprezzato perché è una conversazione vera, con anche tutte le differenze, le difficoltà di relazione, le diversità dei pensieri, a partire dalla decisione, non scontata, anzi da alcune particolarmente sofferta e contrastata, di dichiarare esaurito quel percorso. E così anche quella di investire il gruzzolo rimasto in cassa nella ricostruzione della memoria che, a libro fatto , viene poi riconosciuta come positiva, non come un atto autocelebrativo e narcisistico.
Ancora la capacità, soprattutto nelle prime fasi di vita del movimento, di tenere insieme le diversità, di accoglierle, di non lasciarsene divorare, e non è una cosa da poco nelle dinamiche del femminismo e pure la caparbia volontà di interloquire con le istituzioni, anche se costa molta fatica e molta capacità di mediazione, e ancora, la convinzione che il movimento delle donne possa e debba incidere direttamente sull’agenda politica e non lasciare semplicemente che la politica prenda atto di ciò che si muove nella piazza per rispondere a modo suo.
Il libro viene pubblicato proprio ora, è da sottolineare, ovvero in un momento in cui sappiamo che ci aspettano tempi duri. Su tante questioni, ma forse una delle centrali è proprio il timore di un attacco alla 194. Forse non c’è mai stata una legge che abbia suscitato tanti attacchi fin da quando è stata promulgata e poi riconfermata con il referendum perché la posta in gioco è alta ed è la libertà delle donne di avere il controllo sul proprio corpo e sulle proprie decisioni.“Non credo che ci sveglieremo domani mattina dentro il ‘racconto dell’ancella’, ma di certo Meloni premier non rappresenta un passo in più né per il femminismo né per i diritti delle donne”dice Jennifer Guerra, una delle voci del nuovo femminismo. Per quanto, la nomina di Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera lasci immaginare sfracelli, neppure io credo che verrà proposto di eliminare la legge in quanto tale, ma ci sarà il tentativo di minarla dall’interno. Già ci sono segnali preoccupanti nelle dichiarazioni di Meloni : “Vogliamo dare il diritto alle donne che pensano che l’aborto sia l’unica scelta che hanno, di fare una scelta diversa, non stiamo togliendo un diritto, ma aggiungendolo….voglio applicare integralmente la legge anche nella parte che riguarda la prevenzione. Il che significa aggiungere diritti, non toglierli”, ha detto.
È falsa ingenuità, ipocrisia o arroganza? Tutte sappiamo benissimo infatti che sono gli stessi argomenti di chi come il Movimento per la vita, ha tentato di affossare la legge, fin dall’inizio, con la creazione di sportelli ‘per la vita’ vicino o persino dentro i consultori o gli ospedali. Ma anche prima, il processo di svuotamento era in atto – e va dato atto a Non una di meno di averlo contrastato assiduamente in questi anni – perché è aumentata la presenza di obiettori di coscienza, è stata ostacolata e ritardata la prescrizione della RU 486 ecc, ecc.
Ma oggi si sono fatti passi in avanti: FdI non ha votato in regione Liguria un ordine del giorno che impegnava la giunta a garantire il pieno diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. Nelle Marche, l’obiezione di coscienza raggiunge il 100%, ma le percentuali sono altissime anche in tutta Italia. I consultori sono avvicinabili per appuntamento e funzionanti solo a singhiozzo.
In Ungheria, patria ideale di Meloni, è obbligatorio far ascoltare a chi ha intenzione di abortire il battito del feto e sono legittimanti i funerali del feto stesso. Dunque il pericolo è alle porte e la nomina di Fontana alla presidenza della Camera ce lo fa sentire vicino e minaccioso. E soprattutto la nomina della ministra alla Famiglia, Natalità, Pari opportunità di Eugenia Roccella ci fa rabbrividire. Perché è stata ripescata se non per rendere palesi le intenzioni dell’esecutivo rispetto ai diritti civili, lo ius scholae, il matrimonio egalitario, il fine vita e l’eutanasia, la lotta contro l’omotransfobia, il suicidio assistito? La sua impostazione, dice Bonino, non è conservatrice, è reazionaria. A questo dobbiamo prepararci: a una lunga stagione di lotte. Ma anche, come ci ricorda appunto questo libro, a organizzare un meticoloso esercizio di vigilanza, giorno dopo giorno, sulla gestione attuale dei consultori, sui tentativi di minarne l’esistenza stessa. A questo serve il libro: a ricordarcelo. E non mi pare cosa da poco.
In apertura: la manifestazione del 14 gennaio 2006, foto di Isabella Balena