Il gruppo londinese con English Graffiti sperimenta troppo e ci fa meglio apprezzare i momenti in cui resta fedele al suo indie-punk
Sono passati tre anni da Come of Age e quattro dal loro stellare album di debutto, eppure per i Vaccines (nella foto Justin Young, voce e chitarra) tre anni sembrano tanti.
Non che l’attesa sia lunga per gli standard del rock, ma il marchio dei Vaccines è la velocità.
E non solo quella compositiva: c’è soprattutto la velocità, frenetica e scatenata, delle chitarre e della batteria che nei primi due album hanno contraddistinto il tipo di indie-punk, melodico ma serratissimo, del gruppo londinese.
Su English Graffiti, il nuovo album, si sente invece uno sforzo verso la varietà, sia di ritmi sia di generi. Come suggerisce il titolo, le undici tracce del disco si lanciano in direzioni diverse e sfidano la tradizione del gruppo stesso. Il disco alterna momenti convinti e convincenti a momenti a cui mancano la rabbia e la risolutezza che sono il cuore del graffito. Ma partiamo dai lati positivi.
La traccia di apertura, Handsome, promette benissimo andando a situarsi proprio nel punk velocista di cui abbiamo detto. Il pezzo funziona per l’aria impertinente e il disegno semplice ma diretto. Anche 20/20, poche tracce più in giù, ci fa venire voglia di saltellare mentre, magari, dimentichiamo l’ultima, ennesima, delusione amorosa. Anche Radio Bikini riesce a centrare il connubio perfetto tra indie e punk.
A sperimentare nel lato lento del rock arrivano Maybe I Could Hold You che, delicata ma intensa, dosa la chitarra negli assoli e punta decisa sulla batteria per punteggiare il sentimento del testo. Nonostante un tono simile, Give Me a Sign invece pecca di indecisione, tra un testo timido e un suono tra l’elettronico e l’indie.
Dream Lover tratta del sesso senza amore, ormai un tòpos classico della band, su una base di chitarre tra il rock e lo shoegaze, anche se non mancano i tocchi elettronici come condimento finale.
Forse troppi ingredienti per mantenere una coerenza stilistica. Problema simile per Denial, che tra gli spunti anni ’80 dell’inizio e le chitarre indie della fine perde un po’ la direzione.
Insomma, i ragazzi si sono presi qualche licenza poetica di troppo su questo album, dove la sperimentazione porta talvolta allo smarrimento musicale.
Ci sono comunque abbastanza pezzi a riportare il gusto puramente Vaccines di fare indie, quell’indie potente ma irriverente allo stesso tempo, che ci fa tornare da loro ogni volta.
The Vaccines, English Graffiti (Columbia Records)
Foto di : Anthony Abbott