Laika è uno spettacolo bellissimo: intelligente, irriverente, di critica sociale e parole vere, che trasmettono carne e vita. E Celestini è un cantastorie eccezionale…
Laika – è l’essere vivente che più si è avvicinato a dio, quando nel 1957 è stata spedita nello spazio, lei, un cane – (ha del blasfemo?). Laica poi è un aggettivo, è laica la sacralità raccontata e trasmessa da Celestini nel suo ultimo spettacolo, che attraversa l’Italia già da più di un anno e ogni volta incanta con la sua poesia insieme lirica e prosaica, sporca di vita e non macchiata di politically correct.
Il luogo del rito, o del sacro, o del miracolo, è dichiarato dalla scenografia, ed è doppio come il titolo. È il teatro, con il suo simbolico sipario rosso e le lampadine accese a terra a delimitare uno spazio scenico suscettibile però di essere spezzato o spostato; ed è il parcheggio di un supermercato, con le casse che i facchini passano la vita a spostare senza poter sapere cosa contengano, parcheggio visto dalle finestre di una casa popolare, ascoltato in un fragor di manganellate durante uno sciopero, descritto con dolcezza del suo quotidiano squallore.
Ascanio Celestini, artista del raccontare, ci immerge in un mondo che è la periferia della vita: c’è questa casa popolare, ed è viva e vissuta – da una vecchia, un’altra vecchia con l’Alzheimer, una puttana; poi davanti al supermercato c’è un barbone africano, “negro”, che si lava nella fontana e piscia dietro un angolo.
C’è Gesù, che è tornato a dare un’occhiata a questo mondo e lo osserva da un appartamento di 35 metri quadri al pian terreno ed è un ubriacone forse cieco e forse no, che al mattino beve sambuca al posto del caffè, e se la fa offrire da quella gente che dal bar non esce mai, in cambio delle sue folli narrazioni che s’avvitano su dio, Stephen Hawking e Steve Jobs, e poi il lavoro, la routine tremenda del facchino il cui unico sperare è rivolto alla fine del turno – finirà, durerà 8 ore, o altre 6 di straordinari non pagati, ma finirà, si potrà sprofondare nella birra mentre la famiglia mangia urla si lamenta, poi dormire, poi ricominciare, ma di nuovo questo turno finirà.
Gesù, o questo romantico ubriacone, vive con Pietro (…) che lo ascolta muto, seduto sulle casse colorate da supermercato che si scoprono dietro al siparietto rosso. Ascolta, e accompagna il racconto con una fisarmonica, e quelle poche volte che parla lo fa attraverso la candida voce off di Alba Rochwacher – scelta forse atta a rimandare a un’idea di purezza, ma in effetti abbastanza gratuita.
Così, in un mescolarsi di sacro e blasfemo il Gesù-Celestini di Laika scomoda, come da manuale, dio e gli ultimi; un dio solo per i ricchi, che non vede, che quegli ultimi li ha abbandonati. E però è sacro, quasi rituale, quasi catartico, immaginare questi stessi ultimi scagliarsi contro la polizia, mano armata dei ricchi protetti da dio, per difendere il “barbone negro”, come si fosse creata un’altra famiglia, un altro legame – istintuale, atavico.
Laika è uno spettacolo bellissimo, non c’è dubbio, funziona tutto, a parte forse quella voce off: il testo è profondo, intelligente, irriverente, di critica sociale e parole vere, che trasmettono carne e vita (vecchio, non anziano, puttana, non prostituta), e Celestini è un cantastorie eccezionale.
Un rischio però c’è. E sta nel rapporto tra la scena finale, appunto di questi poveracci che si lanciano in difesa del barbone, e l’applauso. In quel frangente il pubblico scarica nell’applauso qualsiasi residuo di dubbio o turbamento, applaude dalla poltrona alla poeticità del tugurio e si sente, o rischia di sentirsi, a posto, o rinfrancato, insomma pacificato.
Celestini di questioni ne solleva e però in quell’applauso sentito e commosso le domande evaporano – nell’approvazione per la dimostrazione di fratellanza data dagli scalognati ci si sente altrettanto giusti (ma non altrettanto ultimi) e ci si adagia su un sorriso rasserenato.
Foto in copertina di Piero Tauro
Foto in corpo articolo presente sul sito del quotidiano «Il Mattino»
Laika, di Ascanio Celestini, al Teatro Franco Parenti fino al 14 maggio 2017