Grazia Varisco compie ottant’anni: la Triennale la celebra con una bella mostra.
Allineamenti scorrevoli ricorrenti è una preziosa mostra alla Triennale di Milano che celebra gli ottanta anni di Grazia Varisco. È un’occasione importante per la qualità dell’artista, tuttora in piena attività creativa, e per riandare a uno dei movimenti più autenticamente milanesi dei cosiddetti anni del Boom: quello dell’arte cinetica e programmata.
Nel 1961 Grazia Varisco aderisco al Gruppo T formato da Gianni Colombo, Giovanni Anceschi, Davide Boriani e Gabriele Devecchi. T sta per tempo e la ricerca del gruppo si muoveva proprio nel dialogo dell’oggetto nello spazio e nel divenire.
Al suo ingresso nel gruppo l’artista ha dalla sua il diploma dell’Accademia di Brera, conseguito con Achille Funi, e un lavoro (che durerà fino al 1967) all’ufficio sviluppo della Rinascente.
“Un’esperienza fondamentale” dice l’artista. “Dopo anni di studi, di nudi tutte le mattine, di teorie, ebbi la possibilità di verificare il metodo, la disciplina acquisiti nel mondo reale. Lavoravo con gente del calibro di Italo Lupi e Bob Noorda. Mi occupavo prevalentemente di grafica ma poi ci fu chiesto di cambiare, reinventare, l’immagine della vecchia UPIM. Per intenderci il logo era ancora quell’orribile corsivo con i puntini (u.p.i.m, trasformato in un rigoroso Helvetica maiuscolo). Fu un’opportunità unica, vedere trasferite nella realtà le proprie idee.”
È questa un’esperienza decisiva per lo sviluppo della sua poetica. “Il lavoro di graphic designer aiutava. Mi ha insegnato come molte realizzazioni sorgano dal dubbio, dal caso. Sì il caso: le pagine disegnate che trasferite dalla superficie piana, piatta, diventano oggetti diversi da come si pensavano: ed è spesso il caso che li tira fuori.” Dopo la Rinascente Grazia diventa free-lance lavorando per “Abitare”, Kartell, il Comune di Milano. “Sì, poi, dal 1984, insegnante a Brera. Ma se questi lavori mi consentivano di vivere più serenamente, venivano sempre dopo la mia ricerca.”
Una ricerca che beneficia – in quegli anni milanesi – di un’atmosfera creativa senza uguali. E non soltanto in Italia.
Tra i “casi” fortunati della vita di Grazia Varisco è l’incontro con Guido Ballo (cui la mostra è dedicata), prima suo professore di storia dell’arte al Liceo, poi insegnante a Brera.
Ed è proprio Ballo – siciliano – che comprende l’enorme potenziale di Grazia Varisco e del movimento di arte programmata e cinetica. Come scrive Elena Volpato: “Fu Guido Ballo, già nel 1972, a riconoscere all’opera di Varisco quello che altri in seguito avrebbero sottolineato: la natura programmata del suo lavoro, quel tanto di freddezza mentale che sembrava regolare l’attitudine di quegli anni, la macchina, il controllo del processo, lo schema…”
Ma se Ballo fu, in un certo senso, Pigmalione di Grazia e del movimento, il suo più efficace teorico, il grande maestro “sul campo” fu Bruno Munari. L’artista e designer ebbe un’influenza – più o meno dichiarata – su tutte le espressioni artistiche milanesi che si confrontavano con l’ambiente, il design, la città. Per Grazia Varisco l’incontro con Munari, un dialogo durato fino alla sua morte (nel 1998) ha significato acquisire consapevolezza nell’uso dei materiali, dei volumi, degli spazi.
Nella mostra l’artista espone le sue opere forse più intime. Chi vuol vedere le opere più dichiaratamente “tecniche” non ha che da fare pochi passi per trovare Schemi luminosi e Mercuriali tra il Museo del Novecento e le Gallerie d’Italia.
Nella sala dell’Impluvium della Triennale si trovano gli Gnomoni, naturalmente, il cui gioco di proporzioni, ombre e luci, variano a seconda della luce nell’ambiente e della posizione dell’osservatore.
E poi quelli che danno il titolo alla mostra: gli “allineamenti”. Opere in ferro e acciaio che trovano una magica leggerezza in un equilibrio visivo e mentale. “Io li ho immaginati, e impaginati, così. In questo equilibrio sospeso. Ma, e sempre a proposito del caso, il collezionista lo metterà nella posizione che più gli garba”. Equilibrio, immaginazione e milanese pragmatismo.
E poesia. Un piegare a un proprio autentico mondo poetico lamiere, griglie, luci, ombre, spazi.
Una delle opere più ipnotiche della mostra è Omaggio a F.M. ispirato all’opera del francese Françoise Morellet, l’artista della luce, scomparso l’anno scorso. Sono sei fogli di metallo traforato che con una semplice piegatura creano un effetto moiré.
Un incubo per i tipografi, una superficie di attraente bellezza nell’opera di Grazia Varisco.
Immagine di copertina: Quadri comunicanti Filo Rosso, 2008. Allestimento mostra Grazia Varisco, Filo Rosso-1960/2015, Cortesi Gallery Lugano, 2015. Foto Bruno Bani, Milano