Chiunque sia mai stato in Abruzzo, ne conosce la bellezza e l’accoglienza. Vasto è Cibo buonissimo, paesini arroccati sulle colline, mare, persone gentili. Una cartolina…
Chiunque sia mai stato in Abruzzo, ne conosce la bellezza e l’accoglienza.
Vasto è Cibo buonissimo, paesini arroccati sulle colline, mare, persone gentili. Una cartolina perfetta della parte più genuina dell’Italia, per intenderci, che qualche anno fa colpì Louis Avrami, l’inglese danaroso che ha pensato di organizzare proprio qui un festival internazionale di musica indipendente.
Così Dna Concerti, attualmente una delle realtà più attive sul territorio musicale, tre anni fa ha preso la palla al balzo, dando vita alla prima edizione di Vasto Siren Festival.
Questa, per me, è stata la seconda edizione, una seconda “prova” da spettatrice molto diversa dalla prima.
Sono rimaste le location splendide- che sono la prima cosa che ti colpisce, quando scopri che Vasto non è solo una località di mare ma anche un paese con un centro storico di tutto rispetto – i Giardini di d’Avalos e il cortile dell’omonimo palazzo, un’antica porta che affaccia direttamente sul mare, Porta San Pietro, la Chiesa di San Giuseppe e Piazza del Popolo, sede del palco più grande.
Quest’anno però la line up del Vasto Siren, probabilmente scelta coerente con la stagione musicale appena passata, ha messo “in piazza” i gruppi italiani di punta, la triade Calcutta- I Cani- Cosmo. È la novità, in termini di direzione artistica, più evidente dall’anno scorso, un mix di gruppi “sicuri” capaci di spostare grosse fette di pubblico – anche non propriamente “nerd”- e alcune chicche per intenditori.
Andiamo con ordine.
Venerdì 23 la chicca sono indubbiamente gli A.R. Kane, il gruppo fondato “per gioco” da Rudy Tambala e Alex Ayuli nel 1986 (si narra infatti che Rudy, a una festa, abbia raccontato di conoscere Alex perché avevano una band insieme). Considerati i fondatori del dream-pop, qualsiasi etichetta gli si voglia dare, hanno portato sul palco di Vasto una leggenda, che sa di piccoli club londinesi e storia della musica. Con una formazione leggermente diversa dall’originale- Rudy Tambala è affiancato dalla sorella Maggie, mentre Alex è sostituito da Andy Taylor– sul palco del Siren hanno portato i classici della loro carriera, davanti a un pubblico che si infoltiva a ogni canzone, conquistato dal riverbero e dalla magia (perdonate il termine) del loro suono.
A proposito di mescolanze fra indie mainstream e indie ricercato, da notare è la scelta di portare nella stessa sera e sullo stesso palco l’indie-pop stonato di Calcutta con un classico (degli ultimi anni) dell’alternative rock come gli Editors: l’ora e mezza di Calcutta, tutto sommato godibile, è scivolata come un karaoke monografico di Mainstream, con tanto di duetto finale assieme a Niccolò Contessa in acustico per Che cosa mi manchi a fare. Accontentata la vox populi, si passa agli Editors, pubblico gremito, grande energia sul palco, personalmente ho apprezzato maggiormente la scaletta con i pezzi classici rispetto a In Dream e al suo corredo più elettronico. Un concerto notevole, comunque, anche per i fan non accaniti.
Da notare, fra gli altri protagonisti della serata, due performance particolarmente riuscite: la classe di Nosaj Thing, producer losangelino, tra gli altri, di Kendrick Lamarr, che ha riempito il cortile d’Avalos con il suo raffinato live elettronico dalle influenze hip hop e Cosmo, uno dei musicisti italiani di punta dell’anno, ex membro dei Drink To Me e solista dal 2016, che a Porta San Pietro ha portato i brani de l’Ultima Festa. E abbiamo ballato, eccome, perché probabilmente abbiamo ascoltato- in una performance coinvolgente- l’album italiano più innovativo dell’anno. Amen.
Veniamo a sabato 24, dove la line up è serratissima e non rimane che il tempo di una birra veloce fra un concerto e l’altro.
Si comincia con Thurstoon Moore, che, in quanto ex leader dei Sonic Youth, non delude, perché tutti vogliono ascoltare la leggenda. Con la sua nuova band, con cui ha composto il bellissimo-al di là di ogni mitizzazione- Best Day, porta a Vasto qualcosa che è difficile vedere in una band di oggi.
Così come in Piazza del Popolo, assistiamo a Neon Golden suonato dai The Notwist, headliner della serata: è un disco che non ha bisogno di presentazioni, così come non ne hanno bisogno i Notwist, la cui scelta di sicuro ricade sul pubblico più musicofilo, che assiste alla performance concentrato ed emozionato, con qualche accenno di movimento.
La cosa curiosa è che subito dopo l’ora e mezza dei Notwist, seguiti da una piazza discretamente piena, l’onda d’urto dei Cani-La Band, per quasi due ore (!!) fa cantare a squarciagola la piazza sui loro tre dischi: da I pariolini di 18 anni a Non Finirà, il pubblico entra in modalità karaoke come con Calcutta, ma con un pizzico di energia in più.
Le due ore passano divertenti, anche per chi non si sgola, e si concludono con tanto di finale al pianoforte in solo per Contessa.
All’una passata, dopo la defezione per motivi di salute di Gold Panda, il popolo danzereccio-elettronico rimane orfano.
Forse l’unico difetto di questa edizione resta questo, pochi nomi sostanziosi dopo l’1 di notte e per il tradizionale after-party al Lido Sabbiadoro (eccezione fatta per l’ottimo Clap Clap), ma poco male: un festival così riuscito si vede raramente.
Immagini © Rachele Paganelli