Dalì, Tristano e Isotta: tutto un sogno?

In Teatro

Nello spettacolo d’arte surreale varia “La verità” Daniele Finzi Pasca parla col linguaggio del corpo e si avvicina al subconscio con effetti, metafore ed alte acrobazie

Chi l’avrebbe mai detto che tra i beni artistici rubati dai nazisti sarebbe prima o poi apparso un autentico telo scenografico raffigurante Tristano e Isotta,  realizzato nientemeno che da Salvador Dalì in persona per un balletto di poco più di mezz’ora allestito nel 1938?

Dopo più di settant’anni grazie ad un anonimo e magnanimo finanziatore ed alla Fondazione Dalì Figueras, che ha archiviato gli schizzi rubati dai nazisti, il grande telo autografo del maestro spagnolo è di nuovo pronto a calcare il palcoscenico. Non è più il Tristan Fou lo spettacolo che va in scena ma un’inedita e varia opera diretta da Daniele Finzi Pasca, fondatore del Teatro Sunil e regista, tra i tantissimi spettacoli realizzati nel corso della sua carriera, delle ultime cerimonie olimpioniche invernali di Torino e Sochi.

Il titolo è La verità e il contenuto è molto simile alle immagini surreali, metaforiche ed oniriche dei sogni pittorici di Dalì ed in particolare di quelle due figure giganti, immerse in un luogo aldilà del tempo, circondate da simboli atavici apparentemente dissociati. Ci sono crepe, stampelle, grandi soffioni, formiche, un manto blu come quello della Vergine, distese desertiche e luci irreali. E’ lo stesso paesaggio che sul palcoscenico percorrono 13 artisti, acrobati ciascuno in una specifica discilplina circense che con i movimenti dei loro corpi sinuosi, equilibrati e coreografici, esprimono l’inconscio visivo dell’arte che si fa immagine in movimento e performance fisica.

Due coppie si tengono per mano librandosi nel cielo e sfidando la gravità, una popolazione che sembra appartenere ad un’antica civiltà porta in processione enormi soffioni, i corpi si attraggono e si respingono, illuminandosi come sofferenti ed in preda a quella prova difficile e soddisfacente che è l’amore, la vita. L’equilibrio di cerchi e birilli disegna un equilibrio interiore ed esteriore, uno scambio sociale e cromatico di intenti, giocoso a volte, altre volte turbinoso, sempre accompagnato dall’impeto mutevole di una musica incalzante, soave o degna di un vaudeville.

La cornice è la vendita all’asta dell’opera di Dalì, lo sviluppo si cela nelle metafore introspettive e forti dell’arte circense che ci riporta ad immagini simili a quelle del Cirque du Soleil ma a tratti molto più poetiche. La verità sono la dedizione di un’opera ad un figlio o una figlia, il legame, l’orgoglio ed il ricordo. Forse il gioco di un’esistenza che sfida la morte come una corrida.

E’ uno spettacolo denso di immagini simboliche, celate alle parole e dialoganti con il linguaggio silente della propria parte irrazionale. Daniele Finzi Pasca è bravo a restituire quell’atmosfera di gioco surreale ed interiore che hanno accompagnato la vita di Salvador Dalì, lasciatosi cullare dalle note del Tristano e Isotta di Wagner poco prima di morire. Un omaggio all’arte ma soprattutto un appello ad un Teatro degno di esprimersi senza troppe parole “esteriori” ma con un infinito ed esauriente vocabolariodi  di sensazioni interiori.

“La Verità”, di Daniele Finzi Pasca. Fino all’11 gennaio al Piccolo Teatro Strehler

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