Tra uccidere e morire, c’è una terza via: vivere

In Teatro

Al di là dei muri – A trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino ritorna all’Out Off il progetto Trilogia dell’Est Europa di Farneto Teatro.

Il muro è caduto dall’interno. La cosa che volevo raccontare nell’89, e ancora voglio raccontare, è questa. Quando arrivai in Italia la narrazione era quella del derby tra capitalismo e comunismo, della vittoria del capitalismo e di un’epoca di felicità che si sarebbe aperta grazie alla fine del bipolarismo. La fine della deterrenza incrociata, l’economia globale che ci avrebbe reso ricchi, felici, con frontiere che sarebbero gradualmente cadute. Ebbene una delle narrazioni più stupide che uno possa fare perché è evidente che oggi ci sono più muri di allora, la fine del bipolarismo non ha portato a nessuna felicità economica perché siamo pieni di problemi economici e di diseguaglianze fino al collo e le nostre strutture mentali sono tutte basate sul concetto di altro, estraneo, diverso. 

È un fiume in piena Maurizio Schmidt mentre parla della ripresa a distanza di trent’anni della “sua” Trilogia dell’Est Europa. Andò in scena nelle stagioni ’90/’91, ’91/’92 quando a Milano sulle scene dell’Out Off, al tempo dalle parti di via Duprè, si stava affacciando un nuovo gruppo teatrale: Farneto Teatro. Schmidt insieme all’attrice Elisabetta Vergani portarono in scena una selezione di testi per provare a raccontare  da quali sentimenti, da quali energie fossero attraversati i tedeschi, davvero.

A distanza di trenta anni è giusto riflettere sui muri partendo da quei dissidenti che hanno fatto cadere quel muro. Capire quali principi li muovevano, quali istituzioni culturali portavano avanti. All’epoca nell’89/’90 volevamo raccontare – precisa Schmidt – la cultura che aveva fatto sì che un giorno i tedeschi di Berlino ovest si son trovati i loro fratelli tedeschi che avevano scavalcato il muro e invadevano la loro città. Raccontare davvero quale energia li avesse spinti.

Nella fattispecie i dissidenti intellettuali portati in scena sono Václav Havel, Christa Wolf e Heiner Müller.

I muri però sono anche baluardi difensivi. Schmidt sostiene che il nostro errore è guardare i muri sempre da fuori, come se fosse invalsa la consuetudine a sentire di avere il diritto di andare ovunque, di predare, di invadere luoghi. «Se qualcuno ponesse un muro di fronte a noi lo considereremmo anti-democratico».  Con ironia il fondatore di Farneto Teatro provoca spingendo a chiedersi che cosa potrebbe accadere se un muro potesse proteggere l’Amazzonia o l’Africa. «E allora non bisogna prendersela con i sassi, semmai con i rapporti di potere», arriva chiaro questo monito di Farneto Teatro con Verso Cassandra, il secondo allestimento della Trilogia dell’Est Europa in scena in questi giorni.

Christa Wolf nel suo indagare la cultura mise in luce come l’idea patriarcale portò a identificare l’eroe con l’uomo guerriero. Non solo, per la Wolf, l’intuito non è dono, semmai lucida ragione.  Un detto recita: «la verità fa male». E allora quella donna, figlia del re di Troia, identificata come pazza, fu in realtà una donna libera. Cassandra/Elisabetta Vergani (attrice che si è saputa conquistare l’ammirazione della platea per maestria e bravura nei panni della figlia del re Priamo), nei suoi deliri (?), si interroga, osserva, si oppone a giochi di potere tra morti e uccisioni, paga il prezzo, viene condannata, si libera finché riesce.

È pura quando asserisce che ci sarebbe, fuori da giochi politici, una terza via tra uccidere e morire: quella di vivere. La bella Elena è illusione, bugia, menzogna funzionale ad alimentare la fiamma dei soldati, fantoccio in nome del quale si uccide, sostrato sulla quale si è costruita la guerra. «Si sa sempre quando comincia la guerra, mai quando comincia la vigilia della guerra».

Cassandra resta perplessa di fronte alle dimensioni del cavallo che dovrebbe entrare in città. Come è possibile? Non è contro i suoi concittadini, vorrebbe proteggerli, urla la sua matematica considerazione, ma non c’è peggior sordo di chi non vuole (o fa finta) di non sentire. Il nemico, l’avversario è in città, gli si aprono le porte tra menzogne, parole mistificate e brama di potere.

Pochi gli elementi in scena.

Le luci disegnate da Luigi Chiaromonte dividono lo spazio tra ieri e oggi, un registratore, una cesta a ricordare la prigionia, funi che cadono dall’americana sono gli elementi di cui si avvale Cassandra/Vergani per descrivere gli attimi della sua vita. Metonimie dello spazio che si fanno altro: ora il dondolio per un attimo di speranza, ora il luogo della tortura. A dare ritmo alle vicende della figlia di Priamo, a sottolinearle, a fare da contrappunto le percussioni e la voce di Danila Massimi.

Che cosa resta della storia?

Basterebbe pensare che al di là dei muri ci sono persone.

La voce di Cassandra continua a parlarci, a noi cittadini di ieri come di oggi.


Verso Cassandra
da Omero a Christa Wolf
drammaturgia e regia Maurizio Schmidt
con Elisabetta Vergani
percussioni e canto dal vivo Danila Massimi
musiche registrate Ramberto Ciammarughi
allestimento scenico Federico Fedostiani
luci Luigi Chiaromonte

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