Mentre al cinema c’è il sequel ‘Il ritorno di Mary Poppins’, abbiamo rivisto in tv – come ogni Natale – l’originale Disney: qui com’è nato, chi ha disegnato e perché la tata meno convenzionale e più affascinante del mondo
Le vacanze di Natale non portano solo doni, ma anche la loro rassicurante dose di film “natalizi” per famiglie. In Rai hanno iniziato le danze con le solite Biancaneve e le solite Cenerentole. Belle e innamorate, gentili e servizievoli. Poi però una sera arriva lei, Mary Poppins. La tata più famosa al mondo, colei che mette fine a tutte queste melense “sciocchezze” con un semplice cenno del capo, un’alzata di sopracciglio e il leggero movimento del naso appuntito.
Mary Poppins è l’anti eroina tipica di Disney, anche se proprio al grande boss americano dell’animazione deve tanto. Nata dalla penna della scrittrice P. L. Travers, originariamente la Mary Poppins letteraria è una tata alta e ossuta, non bella e dal carattere spigoloso. Nel libro poi non ci sono camerieri pinguini e tantomeno cavalli della giostra che si lanciano in corse folli all’ippodromo. Tutto ciò che identifichiamo con Mary Poppins lo dobbiamo al film che Disney fece nel 1964. Un film che alla creatrice del personaggio non piacque per niente e che cercò di avversare fino all’ultimo (se vi interessa la storia andate a guardarvi un altro film, Saving Mr Banks con Emma Thompson e Tom Hanks, che racconta proprio questa storia), ma che di fatto rese famosa la tata molto magica e poco gentile.
Tuttavia il personaggio della Travers e quello impersonato sul grande schermo da Julie Andrews qualcosa in comune ce l’hanno. Mary Poppins è una donna pratica, poco sentimentale, che non insegna ai bambini a essere gentili per forza, a dire sempre grazie e a temere gli adulti. Ha una fede assoluta in un modello educativo che non sopporta “sciocchezze”, tanto distante dai modelli di madri e di nutrici iper protettive e affettuose che hanno popolato la letteratura italica, quanto lo sono la Torre di Londra dalla torre di Pisa. Lontanissima dal genere di donna che si sacrifica per i suoi pargoli, Mary Poppins non concede, non vezzeggia: il massimo della gentilezza lo raggiunge quando si raccomanda di mettere il cappotto prima di uscire. Ma si vede lontano un miglio che è un riflesso da mestierante. Nel profondo, non le importa un accidente se i pupi prendono il raffreddore.
Ma nonostante tutto, il grande pregio di Mary Poppins consiste nell’aver trovato la giusta misura fra il rigido assetto di un’educazione formale e tradizionalista e il pericoloso lassismo di un’educazione da “sdraiati”. Il suo modello è il giusto compendio fra le richieste conservatrici di Mr Banks e quelle squinternate dei suoi figli.
Il primo, nel suo annuncio, richiede che la nuova tata sia: “Un generale. Il futuro dell’Impero è nelle sue mani. E così la persona di cui abbiamo bisogno per modellare una simile razza, è una bambinaia che sa comandare!”. Troppo comodo, Mr Banks!
Mentre Michael e Jane sognano una tata: “Che sia Buona, Sia Paziente, Sempre Allegra Divertente Non Dovrà Gridar, Ma Sol Giocar. Le Poesie Non Ci Farà Studiar, Solo Compiti Leggeri”. Troppo facile, cari ragazzi.
Mary Poppins non ha alcuna pazienza con le aspirazioni borghesi di Mr Banks, che delega l’educazione dei suoi figli alla tata, pretendendo però che seguano pedissequamente le sue orme e contribuiscano a ingrassare le fila dei servitori dell’Impero. Perchè in fondo è una sovversiva, una che arriva con il vento dell’est e se ne va via quando soffia quello dell’ovest.
Ma al tempo stesso non ha alcuna pazienza con le bizze o le illusioni dei bambini, arrivando persino a negargli con un certo sadismo di aver mai vissuto le fenomenali avventure che hanno condiviso.
Per certi versi il carattere di Mary Poppins combacia con quello della sua creatrice.
P.L. Travers era un tipo decisamente eccentrico. Nata in Australia nel 1899, il suo vero nome è Helen Lyndon Goff e non ha un’infanzia facile. Il padre, anche lui bancario come Mr. Banks, muore alcolizzato quando lei ha solo sette anni. Dopo qualche anno, una notte, la madre la lascia sola a badare alle sorelle più piccole, decisa a togliersi la vita. Terrorizzata, Helen cerca di distrarre le sorelline raccontando delle storie, con la consapevolezza che la madre potrebbe non tornare mai più e che potrebbero finire in orfanatrofio. Per fortuna la mattina seguente la donna rientra in casa, rinunciando all’idea di uccidersi, ma la vita di Helen viene segnata dall’episodio. Non si fida più della madre. Arriva però a salvarla una prozia, che si assume l’incarico di occuparsi delle sorelle Goff. Forse è lei il modello per Mary Poppins: una zitella brusca e acida, ma che negli anni si occupa devotamente delle bambine assicurandogli una tranquillità che i loro veri genitori non sono riusciti a dare.
La sicurezza che la vecchia zia ha saputo infonderle non va persa. Helen trova la forza di seguire le sue passioni, diventa attrice in una compagnia shakespeariana e decide di attraversare gli oceani per arrivare in Inghilterra a cercare fortuna. E soprattutto a cercare di reinventarsi. Cambia nome, da Helen Goff a Pamela Travers. Arriva a Londra dove fa la giornalista. Spesso indossa i pantaloni, ha una relazione con un uomo sposato e una lunga convivenza con una donna, non sappiamo bene di che genere. Frequenta letterati come il poeta Yeats, studia i mistici, segue gli insegnamenti di Gurdjieff, vive per qualche mese con i pellerossa per studiare la loro mitologia e si spinge fino al Giappone per conoscere la filosofia Zen. Non si sposerà mai, ma a oltre quarant’anni adotta un bambino irlandese. In realtà il bimbetto ha un fratello gemello, ma lei decide che uno è più che sufficiente per soddisfare il suo istinto materno e praticamente abbandona l’altro al suo destino. Non ne verrà fuori niente di buono.
Insomma, è un personaggino P.L. Travers. Una donna che ha avuto una vita sorprendente quasi quanto Mary Poppins quando tira fuori ogni genere di oggetto dalla sua borsa fatta di tappeto, quando vola grazie a un ombrello e aggiunge un po’ di zucchero all’amara pillola della vita. Anche se in realtà quella storia è un’invenzione dello staff di Disney (così come lo è la parola Supercalifragilistichespiralidoso, inventata dai fratelli Sherman che scrissero la colonna sonora del film), la Travers grazie al personaggio di Mary Poppins è riuscita a riscrivere la storia della sua infanzia, esorcizzando il fantasma dell’abbandono.
Alla fine del film Mary vola via e Bert lo Spazzacamino la saluta con un confortante “arrivederci Mary Poppins, non stare via molto”. E possiamo stare tranquilli anche noi: oltre al sequel Il ritorno di Mary Poppins, firmato da Roberto Marshall e interpretato da Emily Blunt in cima alle classifiche dei film di queste feste, la Mary Poppins di Julie Andrews tornerà il prossimo Natale.