La nota drammaturga coreana Celine Song firma un film insolito, affascinante, raffreddato ma anche emozionante. Al centro del racconto due ragazzi protagonisti di un acerbo amore, spezzato dalla famiglia di lei che si trasferisce in Canada, poi negli States. Dove diventa una scrittrice di nome, come sperava. Dodici anni dopo l’addio in patria si ritrovano su Skype, passati altri 12 in America. Tra sguardi e ricordi, sorrisi e sogni mancati, si chiedono se le loro vite avrebbero potuto essere diverse
Na-young e Hang-seo, dodicenni a Seoul negli anni Novanta, frequentano la scuola media, si tengono per mano, si punzecchiano per stabilire chi dei due è più bravo e merita i voti più alti. Un acerbo, tenerissimo amore tra infanzia e adolescenza, è spezzato sul nascere dalla decisione dei genitori di Na Young di trasferirsi in Canada. Passeranno dodici anni, prima che Hang-seo e Na-young (che ha cambiato nome, è diventata Nora) riescano a ritrovarsi e a riallacciare un rapporto a distanza, via Skype. Solo dopo altri dodici anni si incontreranno di nuovo, finalmente di persona, a New York, dove Nora si è trasferita per realizzare la sua ambizione di scrivere. Tutto è cambiato, loro sono diversissimi dai due ragazzini che si sono salutati per l’ultima volta su una scalinata di Seoul, eppure qualcosa ancora li unisce, un legame sottile ma apparentemente indistruttibile, ineffabile, struggente come una promessa non mantenuta.
Past Lives propone un tema da sempre di grande fascino, quello delle «vite che non sono la mia», ma mi riguardano intimamente, perché rappresentano quello che avrei potuto diventare, se solo quel giorno, a quel bivio, avessi preso una strada invece dell’altra. Vite che non sono la mia ma brillano come specchi nell’oscurità, e ci raccontano di noi anche quello che forse non abbiamo mai avuto voglia di vedere. Celine Song, affermata drammaturga al suo esordio dietro la macchina da presa, ha raccontato di aver immaginato questo film un giorno in cui a New York si era trovata, insieme al marito americano, a parlare con un vecchio amico coreano in visita negli Stati Uniti, e si era chiesta come sarebbe stata la sua vita se non avesse mai lasciato Seoul. Quali sarebbero diventati gli snodi essenziali della sua esistenza, in che modo il destino avrebbe bussato (o magari no) alla sua porta, conducendola in una direzione e costringendola così a rinunciare implicitamente alle altre.
Questo episodio autobiografico è diventato l’incipit del film, dove vediamo tre persone – un americano, un coreano e una coreano-americana – che stanno bevendo qualcosa insieme al bancone di un bar, mentre delle voci fuoricampo si interrogano oziosamente sulla natura dei loro rapporti, facendo diverse ipotesi e sovrapponendo punti di vista contrastanti. Una scena che viene ripresa nel finale costruendo una sorta di cornice capace di dare profondità al racconto, e di tenere insieme una fitta rete di sentimenti e turbamenti, riflessioni e scompigli, intrecciando domande che non prevedono necessariamente risposte univoche.
Film di sguardi e di ricordi, sorrisi, sogni e atti mancati, Past Lives sceglie di sfiorare più di un genere, dal romance al melodramma, senza accasarsi in nessuno e senza scegliere un’unica chiave di lettura. Il risultato è un film insolito, affascinante, raffinatissimo, raffreddato ed emozionante. Un magnifico ossimoro, scintillante come una pietra preziosa nel panorama fin troppo uniforme e prevedibile del cinema odierno. Anche per questo la scelta di farlo uscire il 14 febbraio e spacciarlo per un romantico film di San Valentino non appare molto convincente.
Past Lives di Celine Song, con Greta Lee, Teo Yoo, John Magaro, Seung-ah Moon, Seung Min Yim