Gli uomini volanti di Errico Buonanno

In Letteratura

“Vite straordinarie di uomini volanti” è un richiamo per anime lievi ma anche un monito per ricordare che un tempo l’uomo era capace di volare. Un invito a spogliarsi dei pesi che ci tengono quotidianamente ancorati a terra e liberare nel nostro piccolo la parte più leggera del nostro animo. Per tornare a comprendere e parlare il linguaggio del bello e dello stupefacente.

È possibile in qualche modo suddividere gli uomini in due categorie, sulla base del loro atteggiamento interiore alla vita: da una parte le persone con i piedi per terra, concrete, rette, guidate dal senso del dovere e da regole certe e rassicuranti; dall’altra quelle più insicure, scostanti, incoscienti, aeree. Narciso e Boccadoro. Gravitas e levitas.

Con il suo Vite straordinarie di uomini volanti (Sellerio, 2018), Errico Buonanno parte da questa dicotomia per proporre un “manuale di volo” che possa fornire gli strumenti e le regole che consentano a chi avesse l’attitudine sopita al volo, di riacquistare tale capacità. Esisteva un tempo infatti in cui volare, senza aerei, mongolfiere o elicotteri, era considerato possibile.

Il peccato “originale”, quello che ci ha portato definitivamente con i piedi per terra, viene individuato nel momento in cui storicamente, nel Settecento, la Ragione ha prevalso sul sogno: l’avvento dell’illuminismo e l’inizio della scoperta dell’ordine delle cose, del metodo empirico e della legge di gravità. La terra si scopre pesante. Gravitas. E gli uomini smettono di credere nel volo, dubitano. Smettono di sognare in favore di qualcosa di più tangibile e controllabile.

Come dice James M. Barrie in Peter Pan nei giardini di Kensington, nel momento stesso in cui si dubita di poter volare, si perde per sempre la capacità di farlo.

Ed è proprio nel periodo antecedente a questo cambiamento che Buonanno concentra la sua ricerca individuando più di duecento casi di volo o levitazione documentati da fonti storiche e pagine letterarie, riportandone i casi più esemplari, per cercare di farci comprendere quali meccanismi e quali regole consentissero quello che oggi viene visto come qualcosa di totalmente irreale. Storie di uomini levitanti e fantastici attraverso le quali si possa scorgere la presenza di un denominatore comune e sulle quali a quel tempo veniva riposta l’attenzione e lo stupore della gente comune.

La prima storia presentata dall’autore, e che ricorre come riferimento esemplare all’interno dell’intero libro, è quella di Giuseppe da Copertino, un uomo ai margini della società, un frate del Seicento che le cronache del tempo definiscono come “idioto”, un buono a nulla, ma che aveva la straordinaria capacità, ogni volta che si emozionava anche semplicemente ascoltando la musica o osservando la bellezza della natura, di essere rapito, di alzarsi e volare, anche contro la sua stessa volontà. Un uomo con la testa tra le nuvole ma che sapeva osservare l’incanto del mondo. Questa è l’attitudine fondamentale per poter volare. Il potere del volo viene visto come riscatto “degli inetti, degli esclusi, dei pasticcioni, i falliti, i bambini, gli stupidi. Di chi non sa stare sulla terra perché della terra non fa parte”.

Tra le storie che si susseguono nel libro un altro elemento che spicca come fondamentale e comune per riuscire a volare è la fede, non vista come fede in chiave religiosa, ma come fede di più ampio respiro: vi sono storie di eretici (come Simon Mago nella sua sfida contro il “terreno” San Pietro) oppure di pagani (come gli schiavi africani Igbo in America, che volano spinti dal loro desiderio di libertà e di ritorno a casa) in cui quello che ricorre è appunto la fede, intesa come fiducia nel credere che l’uomo possa superare se stesso, che abbia un senso anche fare cose apparentemente inutili e irrazionali: “Volare è un prodigio di inutilità, perché solo così, senza pensare alla logica, possiamo acquistare sufficiente levitas”.

Volare è anche un atto di ribellione. Sapersi fare piccoli, alzarsi, diventare irraggiungibili. Riuscire a vedere tutto da un’altra prospettiva. Scappare dagli schemi convenzionali, terrestri, logici. Chi rimane terrestre tende a detestare la gente che vola, perché volare è innato ed è precluso a chi non sa farlo. E prova invidia: ”E invidieremo i volatori, li intralceremo. Quando si può li abbatteremo. Quello che resta è quell’istinto abissale: davanti al funambolo, al giocoliere, applaudiamo. Ma, sotto sotto, speriamo ogni volta, segretamente, che sbagli. Speriamo che cada, così che torni uguale a noi”. Chi vola si scontra quindi inevitabilmente con il mondo terrestre. E questo è ciò che accade in altri casi esemplari richiamati da Buonanno.

Così accade ad esempio ad Astolfo, eroe de l’Orlando Furioso. Lui, che conosce la magia, sconfigge le arpie, va all’inferno, doma e cavalca l’ippogrifo e poi vola sulla luna. E volando, si allontana da ciò che viene comunemente considerato reale e comprende meglio la stessa realtà: riesce a vedere la vanità delle cose terrene, a dare una dimensione al tempo perso, a riconoscere il senno perduto di persone che gli altri considerano sane. Così scrive Borges: “Astolfo è un fratello del poeta che andava lungo le strade di Ferrara e al tempo stesso sulla Luna. Ma è anche un fratello del lettore perché condivide il suo essere ubiquo: sulla terra ed altrove”. Ed è così che la visione di Astolfo diventa la stessa di chi scrive e di chi legge di lui. Ma non degli altri. La gente più seria, più terrena, non perde mai tempo con le favole. Sognare avventure straordinarie, scovare e domare gli ippogrifi, insomma alienarsi in un mondo diverso, sulla luna, e diventare lettori: forse è esso stesso un sistema per imparare a volare.

L’autore non dichiara mai esplicitamente l’intento metaforico delle suo “manuale”, ma attraversando le storie ed i pensieri di volo in esso contenute, viene chiaramente indicata una strada di salvezza e levità.

Se volare non è più possibile, oggi lo si può fare attraverso altri mezzi d’astrazione e leggerezza, come la lettura, la scrittura, la poesia. L’arte. Visioni non reali, sogni. Le storie di vita contenute in questo libro destano gli animi assopiti di chi sa intimamente essere lieve e diventano un monito per cercare di coltivare e ritrovare oggi la libertà di spirito necessaria per rispondere: “sì, io so ancora volare”.

 

 

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