Ricordato, dettagliato, ritrovato: è il “Corpo, umano” secondo Lingiardi

In Letteratura

Un libro “autobiografico e psicanalitico, medico e immaginifico”: l’opera di Vittorio Lingiardi appartiene alla categoria delle creature di carta fieramente non classificabili. Insieme porta e viaggio, trivella e peripato, “Corpo, umano” è un libro singolare, che attinge al presente per specchiarsi nel passato e nel profondo. Una riflessione tridimensionale, una sorprendente restituzione di senso alla dimensione corporea che fa umano l’uomo.

Vittorio Lingiardi è orgoglioso della sua virgola. Quella che nel titolo separa, dolce ma ferma, il sostantivo dall’aggettivo. Scritto senza, “Corpo umano” è cosa da niente. Corpo, umano è invece un pensiero, un’idea, una creazione della mente e del cuore che deve molte grazie alla musicalità e alla concettualità della nostra prodigiosa lingua dove lo yes suona e anche il plus di Seneca e Catullo si dice plas, come a Sacramento, California.

Nella virgola di Corpo, umano non c’è solo la pausa che sospende, c’è anche la separazione di due entità. Sostantivo e aggettivo non sono più nemmeno loro, ma concetti a sé, che fanno finta di non vedersi e sanno benissimo l’uno dell’altro. La virgola è la minuscola ma decisiva variante dell’acido desossiribonucleico nel quale si agitano le informazioni genetiche di una frase, di un concetto, di un libro. Senza quel segnetto, il Dna di Corpo, umano avrebbe generato un altro libro. E neanche è un segnetto, ma un taglio di Fontana che sfonda la tela, allarga spazi nuovi e sorprendenti all’occhio (di Lingiardi) che fruga nella nostra realtà fisica, oggi più che mai «oggetto di mille attenzioni e di nessuna cura».

Corpo, umano non è un libro di anatomia, medicina, psicologia, psicoanalisi, filosofia, estetica, arte, cinema, letteratura, musica o poesia, ma di tutte insieme, connesse come gli organi del corpo. È il racconto vibrante di ciò che, “in un mondo sempre più disincarnato”, dove “la vita online ci allontana dalle relazioni toccanti”, mettiamo davanti allo specchio dei desideri senza davvero vederlo, né capirlo. Ossessionati dall’apparire.

Il pensiero che regge il libro di Lingiardi somiglia all’arte perduta di quei medici che nella diagnosi mettevano tutto, non solo il microbo, il germe, la malattia, la distrofia, ma la persona intera, la sua storia, la sua famiglia, il suo ambiente, i piatti preferiti, i quadri, le letture, le musiche, le fissazioni. Corpo, umano tende alla ricostruzione del nostro tutt’uno inscindibile, distribuendo in duecentocinquantaquattro pagine (Einaudi) un sapere senza confini.

Il libro ha una struttura solida, tripartita come una Sonata o un Concerto.  Nella prima “stanza” c’è il “corpo ricordato”, nella seconda il “corpo dettagliato”, nella terza il “corpo ritrovato” (ricostruito nella sua realtà indivisa e indivisibile). Trattandosi di un libro “autobiografico e psicoanalitico, medico e immaginifico”, si potrebbe immaginare la prima parte tutta persa nella memoria (di persone, di cose, di tempi), la seconda concentrata nell’analisi medica, la terza nella ricomposizione delle due. Non è così: sguardi e discipline attraversano le tre parti senza schemi prevedibili. Ogni passo è una folla di riflessioni da annotare, riprendere, ripensare per capire quel che siamo.

Scelgo un esempio che dice molto se non tutto. «Non voglio fare crociate fuori tempo massimo contro la tecnologia e la virtualità dei corpi – annota Lingiardi -. Sono consapevole che oggi buona parte delle relazioni si svolge onlife, cioè nell’intreccio tra vita online e offline. Ma penso sia sempre più importante, anche se faticoso, riuscire a capire quando la realtà virtuale è una brillante forma di vita a disposizione oppure è una fuga dal corpo, una sospensione della vitalità. Una dissociazione che ci allontana dall’urgenza fisica, dalla sua carnalità e dunque dalla sua esultanza e dal suo dolore». Non ricordo di aver letto altrove un ritratto più preciso del nostro stato corporeo e mentale. Sospensione della vitalità è una delle mille cose che rimangono dentro.

La parte seconda è la più estesa del libro (centottanta pagine). Nessuna paura: il medico, lo psicoanalista, lo scrittore, il lettore, l’appassionato di cinema e di musica giocano le loro carte alla pari. Cuore, pelle, seno, occhi, naso, lingua, bocca, orecchie, polmoni, stomaco, fegato, intestino, mani, piedi, capelli, utero, genitali, prostata, vescica, reni, protesi (sì anche loro), ossa, muscoli, sangue e cervello scorrono in quest’ordine davanti a noi come ne abbiamo esperienza fisica e come li abbiamo visti in eco e radiografie, quadri e film; letti in saggi e racconti, testi di teatro e libretti d’opera. Appunti come coriandoli di realtà e di rappresentazione della vita.

Non c’è nessuna Tac-letteratura, ma argomenti vivi in dialogo stretto fra loro. All’occhio scorrono il seno pizzicato delle due sorelle con pelle d’alabastro nel dipinto di scuola Fontainebleau, l’occhio sul metronomo di Man Ray, i nasi dei Duchi di Urbino l’un contro l’altro, Onfale che tira l’orecchio a Eracle (Rubens), la tavola anatomica del 1908 che sta in copertina, il padre e la figlia che nuotano nel quadro delicato di Michael Andrews, la Donna allo specchio di Tiziano con la sua chioma e gli occhi persi, il surreale smembramento di Frida Kahlo nell’Ospedale Henry Ford. Una miriade dicitazioni s’incrociano sopra ogni organo, senza dimenticare i motti, i proverbi, i modi di dire che usiamo tutti i giorni e che, svelati come in una ricerca etimologica, si aprono a ventaglio.

Colpisce ma non sorprende che sia di Shakespeare la citazione-simbolo in testa alla parte “scientifica”: «Se la testa coronata, il re; e l’occhio, il vigilante; e il cuore, consigliere; e il braccio, soldato; e la gamba, cavalcatura; e la lingua, trombettiera con tutti gli altri sacramenti e guindoli di questa nostra fabbrica…».  Che cosa non ha dettato, il nostro involucro, alla vita e alle sue infinite rappresentazioni?

Arrivati all’ultima pagina di questo libro, che non capiremo mai su quale scaffale mettere, saremo costretti a confessare che del Corpo, nostro, umano, da toccare, da godere, da soffrire e infine salutare, sapevamo poco o niente.

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