Vivaldi e l’Angelo di Avorio, l’affascinante progetto editoriale e musicale che ha per protagonisti Simone Toni, Marco Marcarini e Barnaba Fornasetti
Vivaldi e l’Angelo d’Avorio è un piccolo gioiello editoriale, musicale e artistico. La storia comincia nel 2011, quando l’oboista e maestro di concerto Simone Toni avvia con Silete Venti un progetto per la registrazione integrale su strumenti originali dei concerti per oboe di Vivaldi con l’etichetta discografica Deutsche Harmonia Mundi (emanazione del gruppo Sony Music).
Per ricreare filologicamente il corpus delle sue opere, Simone Toni poteva attingere – circostanza rarissima – ai manoscritti autografi, passati integri dagli eredi fino alla Biblioteca Nazionale di Torino.
C’era poi il problema degli strumenti d’avorio originali: si riescono a recuperare i modelli commissionati da Vivaldi stesso all’ebanista Johannes Maria Anciuti, che Oliver Cotter ricostruisce con una perizia straordinaria. C’è anche il famoso oboe ‘di mirabile fattura’ con inciso il famoso Angelo d’Avorio, che dà il titolo alla raccolta discografica e al libro ad esso ispirati.
Ma per rendere lo spirito, la personalità del Prete Rosso, come veniva chiamato Vivaldi dai suoi nemici, e ne aveva molti, sia per la sua chioma sia per i suoi aspetti ‘demoniaci’, Toni decide di intraprendere un viaggio sentimentale nella Venezia tra il 1730 e il 1740, nei suoi fermenti culturali, nei suoi intrighi e misteri.
Il primo, sostanziale contributo viene dal celebre designer Barnaba Fornasetti, che col suo stile rigoroso e surreale, dà vita agli incredibili strumenti musicali, alle ambientazioni magiche della città lagunare, alle simbologie arcane evocate dalla musica di Vivaldi.
Queste immagini sono il tessuto su cui si intessono i racconti del libro di Marco Marcarini, che non è un saggio musicologico tradizionale, è piuttosto una fiaba di cui il Prete Rosso è protagonista: attorno a lui si muovono personaggi reali e verosimili, la Storia, le guerre, le congiure; il filo rosso che unisce il grande affresco della prima metà del Settecento, è la musica.
Questa fiaba ‘poggia le sue basi su un terreno storico solido come i monumentali alberi che incastonati nelle acque della Laguna formano le fondamenta di Venezia, reggendo da secoli chiese e palazzi’, ma ci si accorgerà che spesso la Verità sfugge tra i riflessi del sole sulle acque, i merletti di marmo degli edifici, le brume che fanno svanire ogni cosa. E ci accorgeremo che la malia della città è come il canto delle Sirene, seducente e mortale.
A perseguitare il bel Prete Rosso, temerario Don Giovanni, sempre schierato per la libertà politica, religiosa, sentimentale e artistica, sono centinaia di meschine denunce anonime, imbucate nella Bocca di Leone di Palazzo Ducale ordite dalla Santa Inquisizione, da musicisti rivali, da mariti cornuti… C’è perfino l’insinuazione, vergata su uno di quelle vergognose denunce anonime, che l’oboe con l’Angelo d’Avorio, invece di essere sublime strumento di armonie celestiali, ‘fosse frutto d’un sabba, forgiato nelle viscere stesse del più cupo Averno’. Si denuncia addirittura che i concerti del Maestro nascondessero oscuri piani, torbidi messaggi, che la sua orchestra fosse una cellula terroristica, che il suo incredibile virtuosismo non potesse che essere frutto di magia nera…
Vivaldi è evanescente, sulfureo, incurante del pericolo, crea come un ossesso, mette in scena opere sublimi, nessuno aveva mai osato tanto. Ricerca forse quel suono perfetto accordato con un diapason di 432 vibrazioni, capace di generare armonici all’unisono col battito del cuore per evocare l’armonia dell’universo. La sua musica segue il ritmo delle maree, perfino i palazzi sembrano seguirne il flusso, ‘si deformano e diventano più solidi sprofondando nel loro letto di acqua, terra, fuoco ed aria; si rivestono di acque e di muschio per formare un armonico concerto in simbiosi con il sole e le stelle, con gli esseri di carne e sangue’. Ma l’Inquisizione incombe, la dea-Armonia non riesce a proteggerlo. Il Prete Rosso fugge a Vienna, dove morirà misteriosamente l’anno seguente, il 1741.
Immagini courtesy Barnaba Fornasetti