Voltaire in trincea

In Weekend

Una passeggiata lungo il mese che Parigi (e il mondo) non potrà dimenticare: dalla redazione di “Charlie Hebdo” alla marcia repubblicana, tra luoghi, immagini e principi a rischio

Parigi ha dedicato a Voltaire ben due punti di se stessa: il Quai Voltaire, e il boulevard Voltaire, diversamente ariosi e centrali. Si sa come quel nome venga fatto coincidere con un definitivo modo di essere: con Voltaire si è più parigini, più francesi, più laici, e più liberi tout court. Anche nell’uso dell’ironia, cioè di una conquista progressiva e “progressista”. E privilegiata, occidentale, nostra.

Lungo tutto il mese scorso, nel pieno dei massacri di Parigi – Charlie Hebdo, Montrouge, Hypercacher – Voltaire c’è sempre stato, citatissimo, in ogni passaggio, nello zapping continuo fra televisione e strada, fra gli aggiornamenti e la mai vista prima marcia repubblicana dell’11 gennaio, di domenica. Voltaire, impugnato come una bandiera di libertà e una trincea della stessa natura, ha dovuto questa volta far fronte a un ritmo di fatti, anch’esso mai visto prima: il ritmo – tre giorni – degli omicidi mirati, quello dello Stato e del parlamento che reagivano e che tenevano, e quello dei cittadini, quel milione e oltre che hanno occupato meravigliosamente la città cantando la Marsigliese. E che, sbucando da ogni angolo, sembravano l’aggiornamento di un quadro di Camille Pissarro. Tutto inedito, anche per Voltaire: 45 capi di Stato convocati, e in marcia, per strada. La vecchia Europa dei diritti allargata ai “compromessi” (l’ungherese Orban, il gabonese Bongo, e altri). E poi, i particolari, le istantanee: gli abbracci ai poliziotti (nel Paese dell’ex maggio francese), le bandiere israeliane una volta tanto rispettate, senza fischi.

Ma perché così tanto Voltaire? Ragionando per immagini – nella cosiddetta epoca dell’immagine – la sua silhouette resta fortissima. Ha ragionato su tutto, e, più di altri, ha avuto il dono (a volte anche insopportabile) di fare delle caricature. Scritte, ovviamente, e meditate, e mirate. La superstizione, la religione, le leggende. Voltaire come il privilegio – diventato nostro – della ragione, dell’ironia, e quindi della libertà di pensiero e di rappresentazione derivata. In senso lato, la laicité. Quanto, e come aggiornabile ai tempi? E’ stato uno dei temi, ripetuti, lungo tutto il “gennaio francese”.

Nell’epoca dell’immagine, Voltaire ha di fronte un marchio altrettanto forte: una leggenda trasformata in divieto e in strumento d’offesa. La leggenda del Profeta, e il divieto di disegnarlo. In ogni forma. La leggenda (in cui, peraltro, crede più di un miliardo di musulmani) vuole che il Profeta abbia ricevuto la rivelazione divina dall’arcangelo Gabriele. Un’investitura, su una collina vicino alla Mecca: il Profeta aveva scelto di andarci a meditare, ma non come un anacoreta, essenziale e povero in canna.

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Era già un ricco mercante, con una moglie vedova e più ricca di lui. Andava a meditare comodamente e con provviste adeguate. Uno status sociale laico. Nell’epoca dell’immagine, l’ironia vuole che l’arcangelo Gabriele sia considerato anche il protettore dei mezzi di comunicazione. Ironia tragica, pensando a come è stata massacrata la redazione di Charlie Hebdo. E a come, oggi, quel giornale non esca. E a come qualsiasi disegnatore, oggi, si blocchi, a dir poco, nel tracciare su un foglio la figura del Profeta. Nei fatti, oggi, dopo quello che si è visto e vissuto a Parigi, Voltaire è in trincea. E, in fondo, anche l’epoca dell’immagine è, per la prima volta, mutilata. Di qualsiasi immagine virtuale del Profeta. Si rischia immediatamente la pelle.

(Ho vissuto tutto quel mese a Parigi, in diretta. E’ difficile uscire da quello che è successo, e da quel clima. E le considerazioni qui scritte sono immediate, e non pretendono autorevolezza sociologica o speculativa. Ma, intanto, leggo dal Teheran Times che in Iran due istituzioni culturali  hanno bandito un concorso di caricature sul tema della Shoah. I lavori sono da presentare entro il primo aprile. Il primo premio prevede 12 mila dollari, il secondo 8 mila, e il terzo 5 mila. Saranno esposti, fra l’altro, nel Museo d’arte contemporanea della Palestina, a Teheran).

Foto di Abac007

Disegno di Andrea Jacchia: L’Arcangelo Gabriele e il Profeta

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