Augusto e Astore hanno personalità, vita, esperienze distanti. Ma il destino decide di farli incontrare, come dirimpettai, nel medesimo palazzo nel cuore di Milano. Qui, come in una partitura musicale fatta di voci e di incontri, si forma il suono della loro singolare amicizia. Walter Siti mette in scena la parabola del rapporto umano, e insieme si interroga sull’interferenza e sui condizionamenti esercitati dallo sviluppo tecnologico nella resistenza della curiosità.
Un Minotauro annoiato, intento a disegnare cerchi sulla sabbia in un labirinto dalle tinte scarlatte, al cui centro non sembra esserci via d’accesso. Sullo sfondo, vicino al nome Walter Siti, delle figure evanescenti che sembrano tratteggiare proprio i ragazzi e le ragazze del mito pronti per essere sacrificati al mostro. Questa è l’immagine scelta per la copertina del nuovo e atteso romanzo dell’autore, I figli sono finiti, recentemente pubblicato per Rizzoli nella collana La Scala (collezione in cui si trovano ormai quasi tutti i suoi libri di narrativa). Ma la copertina non deve indurre a pensare che il tema o il contesto dell’opera abbia a che fare con riscritture mitiche o rappresentazioni favolistiche; chi è pratico della letteratura di Siti già lo sa: la vicenda non può che essere impiantata in uno spazio realistico e in tempi recenti (anzi, in questo caso recentissimi).
Siamo a Milano, in via Lovanio 8, una strada parallela a Corso Garibaldi, a pochi passi dalla stazione metropolitana di Moscova. È qui che si sviluppa gran parte della storia, in due appartamenti al secondo piano di un palazzo liberty, che ospita i due protagonisti del romanzo: Astore e Augusto. Astore è un ventenne dalla spiccata intelligenza e dalla storia familiare disastrata: un padre debole e una madre che esce di scena troppo velocemente predispongono nel figlio traumi latenti pronti a emergere nel corso del tempo. A ciò si deve aggiungere il cinismo e la disillusione tipici di una generazione di cui il giovane si fa rappresentante, che sembra non aver mai creduto nella possibilità di cambiare il mondo o la propria esistenza. L’unica rivoluzione che si può (si deve) prospettare non ha nulla a che fare con la politica: è la rivoluzione della tecnica governata dal progresso, che porterà a una società di postumani ottimizzati dalla robotica.
Dall’altra parte, invece, c’è Augusto, un professore di francese in pensione quasi settantenne e da poco diventato vedovo. Oltre a ciò, il lutto per la morte del compagno scomparso tragicamente è riflesso in maniera psicosomatica dal personaggio stesso, a cui si spezza letteralmente il cuore. Le pagine che introducono la sua storia raccontano quindi non solo il dramma della perdita, ma anche il tormento di un anziano dal cuore danneggiato in fondo alle liste d’attesa per il trapianto. Augusto però è destinato a sopravvivere, per andare ad abitare proprio in quell’appartamento nel centro di Milano, diventando il dirimpettaio di un ragazzo con cui stringerà un’amicizia che si presenta agli occhi del lettore come un incontro tra generazioni.
Da questa prima sintetica presentazione si nota subito la volontà da parte di Siti di focalizzare il suo sguardo, usando le sue parole, su «due inetti alla vita, uno perché è troppo tardi l’altro perché è troppo presto, o forse perché il suo presto coincide col niente». Tuttavia, è la loro inettitudine, la quale si potrebbe ridurre in termini psicologici a delle forme di sociopatia, che porta il vecchio fragile e l’eremita digitale a dare vita a dialoghi intensi e spontanei.
Attraverso le parole dei suoi personaggi Siti riesce a restituire due visioni esistenziali estreme e provocatorie, che tematizzano alcuni degli aspetti più importanti della vita dell’uomo, giovane o vecchio che sia.
[Augusto] «Io e Astore siamo incompatibili, io tutto lettere e lui tutto numeri, io che ho sempre puntato sui corpi e lui che vorrebbe essere un robot… ma non so come, ho l’impressione che siamo le due estremità del medesimo filo, due risposte sbagliate alla stessa domanda…»
Uno degli argomenti sicuramente più significativi che affiora dai dialoghi e dalle vite dei due è l’amore nelle sue diverse sfumature. Chiunque abbia già letto un qualsiasi libro di Siti ha già fatto esperienza del suo sguardo poco incline alla reticenza pudica: le scene erotiche sono diverse e minuziosamente dettagliate, volte a scandagliare la manifestazione dell’atto e gli animi che a esso si abbandonano. In questo caso però c’è un netto squilibrio tra i due protagonisti, i quali intendono la sessualità in maniera quasi divergente. Per Astore l’amore fisico ha un’importanza marginale ed è vissuto più come la soddisfazione di un bisogno superfluo. Non a caso la fisicità è un elemento non indispensabile: le possibilità che dà l’online si adattano pienamente a uno stile di vita asettico e sedentario. La realtà restituita dallo streaming non è meno reale di un corpo presente.
Ora [Astore] è proprio sull’imperturbabilità sentimentale che ha deciso di riflettere, è una dote o una mutilazione? Il desiderio singolo sta diventando inutile, ci sarà un dispositivo che desidererà per tutti.
Di tutt’altro parere è invece Augusto, che per gran parte del libro manifesta l’importanza del desiderio, che viene indirizzato nei confronti di un escort bodybuilder (altra costante per Siti) dalle fattezze erculee. Il valore della corporeità, che non tocca minimante il giovane, assume i tratti della contemplazione estetica ai limiti dell’ossessione; da qui la fatale consapevolezza: «se smetto di desiderarlo non mi resta niente».
Insomma, due vite all’estremo che continuano a dare al lettore stimoli per riflettere sulla propria di vita. Naturalmente, tralasciando i numerosi momenti di dialogo, le figure dei due protagonisti risultano sempre essere mediate dal narratore, la cui presenza è pervasiva, tanto da autodenunciarsi frequentemente come «lo scriba». In particolare, sono interessanti le note a piè di pagina in cui ogni tanto ci si imbatte, che diventano uno spazio allestito per allacciare un dialogo con il lettore e riflettere sulla storia. Alcune di esse hanno persino una vena umoristica; per fare un piccolo esempio, nella decima nota del capitolo V si dice: «Giuro che questa sarà proprio l’ultima descrizione lirica che faccio di un bodybuilder, vi autorizzo a spernacchiarmi se non sarà vero».
Questa nota, con quell’«ultima» in corsivo, così voluto dall’autore, permette di avvicinarsi a un altro grande tema: la fine. Il romanzo a detta di Siti è il suo ultimo, ma in questi casi è sempre bene non fidarsi. Comunque, tutto il libro trasuda, a partire dal titolo, un senso di conclusione definitiva; anche i titoli di alcuni capitoli lo testimoniano (E allora muori!, Ancora un istante signor boia, E poi verrà la notte, Titoli di coda). Senza rivelare nulla rispetto all’epilogo del romanzo, il mondo prospettato da Astore, che rispetto ad Augusto detiene le redini del futuro, è un luogo che non si può dire abitato propriamente da uomini. Il punto è proprio quello: superare – porre fine – all’uomo in carne e ossa, dando spazio alla tecnologia, che attraverso chip e impianti cibernetici darà la possibilità di incrementare drasticamente le proprie capacità, risolvendo problemi all’ordine del giorno. Se la natalità è in calo – se i figli sono finiti – una soluzione deve essere trovata. Così, all’alba di questa nuova epoca serve qualcuno disposto a sacrificarsi, mettendo la propria vita a disposizione dei giganti del progresso, i vari Gates e Musk, che condurranno l’uomo al compiersi del suo destino.
Si torna quindi al punto d’inizio: il Minotauro richiede un sacrificio, questa volta volontario. Se si accoglie la provocazione di Walter Siti, sta al lettore capire se assomigli ancora a un mostro o all’immagine di un futuro sognato.