Who is Who? Fujiwara in Fondazione Prada

In Arte

Chi è l’orsetto Who? Questa è la domanda centrale della mostra site-specific inventata da Simon Fujiwara (Londra, 1982) per la sede milanese di Fondazione Prada. Una riflessione sulla costruzione dell’identità nell’epoca del web

Who is Who? In inglese la resa è decisamente più intrigante e ambigua, giocando con il nome proprio del nostro amico protagonista e quel senso di smarrimento identitario in cui sempre più spesso la società si rispecchia.

Who è un orsetto, né maschio né femmina, semplicemente un essere neutrale, messo ancor più in risalto dalla lettera un po’ latina un po’ nordica “æ” volutamente inserita in BÆR. Il non darsi una definizione e il non sapere chi essere, spinge il nostro amichetto immaginario a fare ricerche, esattamente come noi facciamo ogni giorno: online.

Veduta della mostra “Who the Bær” di Simon Fujiwara, Fondazione Prada, Milano. Foto: Andrea Rossetti. Courtesy: Fondazione Prada

Cerca su Google cosa significhi essere, come mai si senta, a volte, apatico e senza emozioni, cosa significhino mascolinità e femminilità, stima e mancanza di autostima, paure e ansie. In questa ricerca, non si sa se trovi risposte, ma sicuramente si sa che troverà una marea di informazioni, immagini, definizioni, anche in contrasto o ambigue, che non lo aiuteranno a capire, ma gli daranno possibilità di scegliere quale identità cucirsi meglio addosso.

Decidere chi essere: in un mondo in cui ti si propone di essere tutto quello che vuoi, perfino un avatar virtuale, la mostra è una tagliente riflessione su un trend topic estremamente attuale, come rivendicare diritti da sé o costruirsi immagini, vivere virtualmente e andare alla ricerca delle informazioni suggerite da un algoritmo che proporrà solo e sempre i tuoi interessi.

Veduta della mostra “Who the Bær” di Simon Fujiwara, Fondazione Prada, Milano. Foto: Andrea Rossetti. Courtesy: Fondazione Prada

In un mondo fiabesco e fanciullesco, entriamo in Who letteralmente, fra pareti sagomate dalla forma di orsetto di cartone e altri materiali riciclabili. L’allestimento richiama esplicitamente qualcosa di posticcio, ma anche un luogo di infanzia, in cui si gettano le basi per la costruzione della propria identità. Di cartone, come i cartoni animati per bambini, associazione deliziosa.

L’identità è tema centrale del percorso.

Si parte con un’indagine sul concetto di sé, di sessualità, di proiezione dell’ego un po’ come dentro a un brain-storming da psicoanalisi, fino a trovarci di fronte alla pura divinizzazione del Sé, al concetto di Super Io estremizzato, in cui però ci si sente più forti sotto al filtro della virtualità, parlando attraverso social networks, per sentirsi di essere assieme agli amici e postando foto per aumentare la propria visibilità a suon di emoticon, like e trend.

Veduta della mostra “Who the Bær” di Simon Fujiwara, Fondazione Prada, Milano. Foto: Andrea Rossetti. Courtesy: Fondazione Prada

Ma dove può portare questo? Se tutti possono cantarsela e suonarsela, costruirsi una propria credibilità filtrata dalla tecnologia, se oggigiorno possono diventare persino ministri o presidenti delle persone senza particolari qualifiche, qual è la direzione giusta? Ecco il paradosso: Who diventa Who, in un climax che arriva fino al trionfo del suo autocompiacimento, paragonandosi a Dio, ma così facendo, ancora una volta, non si è, si vuole essere.

Perché se vale tutto, niente vale.

Alcuni appunti sul percorso: decisamente spiazzante e immensamente triste il robot “social” interattivo che canta If only had a heart dello storico film Il Mago di Oz. Vale sicuramente il biglietto della mostra, fa pensare e non lascia certo indifferenti. Fa altrettanto pensare il fatto che sia l’oggetto più instagrammato dell’esposizione, con tanto di selfie e sorrisi. Un ossimoro e al contempo un’affermazione di estrema riuscita del messaggio che la mostra vuole trasmettere.  Fujiwara usa i meccanismi dell’invenzione per esplorare alcuni dei piaceri e dei traumi che affrontiamo in quanto parte di una società posseduta dalle immagini e dallo spettacolo.

In un mondo attentissimo ad apparire ed emergere in fretta, più che ad ascoltare e imparare dai maestri esperti, Who The Bær diventa una lisergica Wunderkammer che ipnotizza le menti fra colori accesi e acuti rimandi.

Fondazione Prada – Simon Fujiwara – Ph Andrea Rossetti

Concepito per svilupparsi ulteriormente sul digitale, il percorso si espande in una piattaforma aperta di condivisione e approfondimento con l’account Instagram @whothebaer, animato da Fujiwara, e una web app concepita dall’artista.

Riuscirà l’orsetto Who a diventare realtà e chi vuole essere, prendendosi tutte le licenze e le libertà nell’universo delle possibilità? O resterà, per ambigua ironia, vivo soltanto in un mondo di immagini? A voi interpretarlo e scoprirlo.


“Who the Bær”. Simon Fujiwara, fino al 27 settembre 2021, Milano, Fondazione Prada.

Immagine di copertina: Veduta della mostra “Who the Bær” di Simon Fujiwara, Fondazione Prada, Milano. Foto: Andrea Rossetti. Courtesy: Fondazione Prada

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