A cosa serve la poesia? A mostrarci chi siamo, oltre il tempo. Indubbiamente questo accade quando le parole sono quelle di una grande scrittura: è questo che viene da pensare leggendo “Canzone nera”, raccolta di liriche giovanili che Wislawa Szymborska non pubblicò in vita; pagine nate in parte mentre la guerra ancora infuriava, rimaste ferme con la loro bruciante precisione di sguardo: che, oggi, raccontano dello scempio umano che continua a riguardarci.
Colpisce come un pugno nello stomaco l’attualità e la violenza di Canzone nera, la raccolta di poesie giovanili inedite del premio Nobel Wislawa Szymborska, scritte tra il 1944 e il 1948, pubblicate da Adelphi con la traduzione di Linda Del Sarto.
Ci toccano così da vicino forse perché parlano di guerra e mai come oggi ce la sentiamo addosso. Non l’avremmo mai pensato, e le immagini, la scrittura, la sorpresa, la determinazione, la sofferenza della Szymborska ce la fanno vivere davanti, dal di dentro, questa guerra assurda anche nella sua dimensione quotidiana, famigliare.
Per qualcosa di più
Dell’impeto dei confini,
Del fruscio delle bandiere,
⁃ del Suo trionfo soldatesco, tracotante.Per qualcosa di più
Della rivincita dell’inno,
Del senso dei destini,- della Sua vendetta, rapida, sprezzante.
… per il fumo dei camini,
Per il libro estratto senza paura,
Per una striscia di cielo limpido
Lottiamo
Nume tutelare qui è la Storia dei grandi eventi, tutela cui la poetessa rinuncerà soltanto nel 1957, quando la sua opera si rivolgerà verso una problematica esistenziale. La Storia è quella degli anni della guerra appena conclusa, ma è anche quella presente e futura, cui la giovanissima poetessa guarda con fiducia: ‘per il fumo dei camini,/ per il libro estratto senza paura,/ per una striscia di cielo limpido/ lottiamo’.
Straziante la seconda poesia della raccolta I bambini di Varsavia, morti combattendo, e datata 1944: quando la guerra non è ancora finita.
‘La’, nella più fervente delle nostre città,
Sprofondano coi visi nel sangue rappreso
Corpi bambini.Primo gioco alla guerra – non per finta –
Prima spavalda partenza.
Qualcuno mostra come. Prova. È una scemenza.
Sparare – è così facile. Non sbaglia il colpo.
Prima avventura. Autentica, da grandi.
……….
⁃ attraverso la città che cade a pezzi,
Tra le fiamme che nessuno riesce a domare,
Armata di pugni chiusi, congelata nel grido,
Avanza una fitta, calda grandine di spari
La crociata dei bambini di strada.
……….
…e forse anche per questo
Ci strozza ogni momento
Un perché, il più mesto,
Un silente ‘ma ha senso’
⁃ corpi di bambini caduti’.
In queste poesie si intrecciano il tempo della distruzione e il tempo della ricostruzione, la catastrofe della guerra e la speranza del socialismo, di un mondo nuovo. Per esprimerle la Szymborska ricerca una parola nuova, il vecchio armamentario è incapace di far fronte all’enormità dei crimini passati (‘Cerco la parola’) e inadeguato a esprimere il pathos della ricostruzione (‘Cucire la bandiera‘).
Nella nostra mente, davanti ai nostri occhi sfilano le immagini dei morti, dei bombardamenti in Ucraina, si confondono con quelle in Afghanistan, si sovrappongono al Vietnam, alla Cambogia, a Sarajevo , ‘…e forse anche per questo/ ci strozza ogni momento/ un perché, il più mesto, /un silente ‘ ma ha senso’/ ...’
In vita Wislawa Szymborska non aveva mai voluto pubblicare queste poesie giovanili, ne erano comparse alcune su diverse riviste tra il 1944 e il 1948, quando le aveva scritte. Poi più nulla; nessun accenno, finché nel 1970 Adam Wlodek, suo Pigmalione e compagno per molti anni, per festeggiare il venticinquesimo anniversario dell’esordio poetico della Szymborska, le regala un dattiloscritto in cui aveva raccolto amorosamente tutte le poesie che avrebbero dovuto far parte dell’inedita raccolta d’esordio, trascrivendole dai manoscritti. La poetessa aveva apprezzato il gesto, ma non aveva voluto farne niente.
È proprio grazie a questo regalo d’amore e di complicità artistica che, dopo un lungo oblio, Canzone nera è arrivata a noi.