Si trasformano, scompaiono, impauriscono, provocano risate incontenibili: sono i gatti della mitologia tradizionale giapponese. Misteriosi, affascinanti, terribili: in un libro che è insieme guida e gabinetto delle meraviglie (lo corredano le bellissime illustrazioni dei grandi maestri della tradizione nipponica) Zack Davisson conduce passo passo alla scoperta di un mondo sotterraneo e affascinante. Di tutti i modi per raccontare i gatti, questo è sicuramente sorprendente.
Passione, ossessione, miti, storie, tutto l’universo dei gatti.
Zack Davisson ne è posseduto, come molti di noi.
Cominciamo quindi a inoltrarci sotto la sua appassionata guida in Kaibyō – I gatti soprannaturali del Giappone, da poco uscito per le edizioni Mimesis edizioni.
È pure universalmente riconosciuto che in tutti i paesi si amino i gatti, ma in Giappone quell’amore è speciale, ossessivo, totalizzante .
Basta guardarsi un po’ in giro: Hello Kitty, le caffetterie dedicate ai gatti, le orecchie elettroniche che reagiscono allo stato emotivo di chi le indossa, videogiochi come Neko Atsume Kitty Collector, il cui scopo è quello di costruire una casa che attiri quanti più gatti possibili.
Eppure, il paese del Sol Levante ha anche una lunga storia di folklore, spesso terrificante, che riguarda mostruosi gatti soprannaturali, i Kaibyō, appunto.
Certo anche in altri paesi, nell’antichità, i felini erano venerati come dei.
La divinità egiziana Bastet, per esempio, era una dea guerriera con la testa di gatto e il corpo di donna. La dea norvegese Freya guidava un carro trainato da due grandi gatti grigi, a cui i contadini lasciavano delle offerte per garantirsi un buon raccolto. Il gatto cinese Li Shou controllava il movimento del sole con le pupille.
E questi sono i gatti buoni.
Ma poi ci sono anche quelli cattivi: perché è successo in qualunque paese abitato da gatti che, prima o poi, l’immaginario collettivo li trasformasse (anche) in mostri.
Pensiamo al leggendario ‘gato’ che insidia l’Argentina, o al ‘cath palug’ che semina terrore nel nord del Galles.
In Giappone, per di più, sono parte dello scenario paranormale.
Così, in questo libro non si parla dell’affettuoso compagno di giochi, dell’astuto cacciatore di topi, qui non si parla dei gatti che proteggono e offrono consigli a Sailor Moon, Luna e Artemis, né di Jiji, il fidato compagno di Kiki nell’omonimo cartone di Miyazaki. Non stiamo parlando di piccoli amici pelosi. I gatti che nell’immaginario nipponico si sono tramutati sono terrificanti.
Nell’antico Giappone chi aveva un gatto viveva nel terrore che il suo fido cacciatore di topi d’un tratto si alzasse sulle zampe posteriori. Per sicurezza nel periodo Edo si esortavano i proprietari di gatti a ucciderli prima del settimo anno d’età, prima che si trasformassero in Kaibyō.
I gatti sono sopravvissuti a tutte queste superstizioni, anzi: più si sono adattati alla modernità e agli ambienti urbani, più si sono moltiplicati, anziché estinguersi come altri animali fantasma.
Nel Giappone moderno è difficile andare da qualche parte senza vederli, si affacciano alle finestre di case e ristoranti, saltano fuori dalle pagine dei manga, o stanno nascosti all’ombra dei santuari shinto.
All’ubiquità di Hello Kitty e dei caffè abbiamo già accennato. Eppure, eppure i gatti restano creature misteriose e ambigue, un soffice, insidioso incubo da cui non ci siamo mai ripresi.
Ultima nota: il testo è illustrato da fantastiche immagini tratte dalle stampe dei maestri dell’Ukiyo-e, quali Utagawa Kuniyoshi, Tsukioka Yoshitoshi, Utagawa Hiroshige, che illustrano le cupe leggende in cui i gatti sfoderano tutti i loro più imprevedibili artigli e insieme raccontano le delizie della loro compagnia.